Wassily kandinsky
(Mosca, 4 dicembre 1866 – Neuilly sur Seine, 13 dicembre 1944)
Due opere a confronto
(le immagini delle opere non possono essere visualizzate perché protette da diritto d’autore)
Wassily kandinsky (Vasilij Vasil’evic Kandinskij) nasce a Mosca nel 1866. Nel 1869, a soli tre anni, compie insieme ai suoi genitori l’esperienza di un viaggio in Italia e rimane colpito dal senso dei colori. In particolare il nero delle carrozze o delle gondole veneziane. Nel 1874 i suoi primi contatti con il mondo della musica: impara a suonare il pianoforte e il violoncello. Poco più che ventenne viaggia in Vologda ed entra in contatto con espressioni artistiche locali. Successivamente si reca a Parigi dove ha modo di vedere l’esposizione universale nel 1889. Nel 1896, una esposizione di opere di pittori impressionisti svoltasi a Mosca gli rivela l’arte di Monet, e K. Decide di studiare pittura e si reca a Monaco di Baviera, rifiutando di accettare l’incarico di insegnante in Estonia.
Le prime opere di K. Sono del 1900 e nel 1901 fonda il gruppo Phalanx. Del 1902 è l’incontro con G. Munter. Inizia il periodo di maggiore fervore artistico. Ritorna a Venezia e forse riscopre quei colori che tanto lo avevano impressionato da bambino. Espone le sue opere a Parigi e intorno al 1909 fonda con Jawlenky e Kubin la nuova associazione degli artisti di Monaco e conosce F.Marc. Del 1910 è il suo primo acquerello astratto. Successivamente a questa data i suoi rapporti con il panorama dell’arte contemporanea si amplificano. Ha contatti con Klee, di cui diventa amico e entra in corrispondenza con Delaunay. Quindi fonda con Franz Marc il gruppo der Blaue Reiter, che esporrà per l’ultima volta nel 1914.
Allo scoppio della guerra infatti torna in Russia, si separa da G. Muinter e nel 1917 sposa Nina Andreevskij. Nel 1921 torna in Germania ed è subito chiamato ad insegnare presso il Bauhaus di Weimar. Successivamente si sposta a Dessau. Nel 1929 si svolge a Parigi la sua prima personale. Nel 1932 il Bauhaus si trasferisce a Berlino ma nel ’33 con la chiusura avvenuta a causa degli eventi politici, K si trasferisce a Parigi. Nel ’37 molte opere di K furono confiscate dai nazisti perché considerate arte degenerata. Nel ’44 si spegne a Parigi lasciando a testimonianza del suo genio opere che ancora oggi sono capolavori apprezzati in tutto il mondo.
Nel dipinto “Dama a Mosca” – olio su tela, 1912- immediatamente si impongono all’attenzione dell’osservatore due elementi: la dama e le due macchie che le si contrappongono a sinistra. Le caratteristiche della dama sembrano esprimere l’esteriorità e le macchie l’interiorità della donna. La dama presenta infatti un abito particolarmente decorato, onde di pizzo sul petto e un fiocco, una collana intorno al collo e numerosi bottoni nel corpetto di un abito elegante. Il viso appare vistosamente truccato ed elaborata sembra essere anche la pettinatura. A destra un grazioso cagnolino bianco e a sinistra una rosa. La macchia nera in alto a sinistra più che incombere sulla macchia rosa posta in basso sembra quasi staccarsi da essa, emergere, librarsi. Essa si oppone con la sua compattezza e il suo colore scuro alla macchia rosa vibrante di vita, che suggerisce un movimento, quasi a spirale. Questi due elementi, la dama e le macchie, sono certamente posti in relazione.
Sullo sfondo la successione ritmica dei palazzi retrostanti, dai colori intensi e le forme suggerite in maniera decisa; gli elementi presenti nella strada, che suggeriscono lo svolgersi di azioni: la carrozza seminascosta dalla testa della dama, il cane nell’atto di sollevarsi, il passante che si regge il cappello… Tutto ciò amplifica la contraddittorietà degli elementi posti a sinistra, senza i quali tuttavia l’intera composizione risulterebbe squilibrata. I toni scuri sono infatti concentrati in basso per equilibrare la macchia scura in alto. C’è un esplicito richiamo tra la figura della dama e la macchia rosa a destra, ed è la rosa che reca in mano e che funge da fulcro compositivo, da centro ideale dell’intera composizione. Essa rappresenta, nella sua offerta, il collegamento tra la figura apparente e l’interiorità che da evanescente si fa concreta. Questa rosa è messa in evidenza dal colore azzurro che la circonda. L’offerta della rosa, che quindi rappresenta l’animo della donna portato al di fuori della sua apparente esteriorità, si proietta ingigantendosi nella macchia rosa che è in contrasto con la macchia scura che si eleva nell’aria come sospesa ma che è pesante come il colore di cui è dipinta. La macchia rosa che invece esprime leggerezza e movimento paradossalmente si trova a terra ed è come soggetta alla forza della gravità, come uno degli oggetti che si trovano nella strada, come la carrozza, come il passante.
Ma allora perché? E’ una contraddizione. Questo quadro sembra esprimere un senso di contraddizione insito nell’animo della dama.
Non è da escludere che nella “Dama a Mosca” Kandinsky abbia voluto dipingere la sua compagna Gabriele Münter, la sua intima volubilità, contraddittorietà. E’ infatti noto che l’artista la rimproverava sovente questo lato del carattere. “…al mattino stanca, pessimista. Alla sera allegra, speranzosa…”le scriveva in una lettera nel 1903. Osservando il ritratto che le dedicò nel 1905 alcuni particolari della Dama a Mosca sembrano convergere con i lati caratteristici della donna: i capelli raccolti al centro della testa, la forma degli occhi e della bocca, le proporzioni del naso. Può essere che nella “dama a Mosca” Kandinsky abbia voluto dipingere il vero ritratto della sua compagna ed abbia visto nella macchia nera il suo pessimismo al mattino, e in quella rosa, l’allegria della sera.