Giacomo Serpotta

(Palermo, 10 marzo 1656 – Palermo, 27 febbraio 1732)

Oratorio Santa Cita – Palermo – Battaglia di Lepanto

Palermo è protagonista nel 1700 di uno degli eventi artistici più significativi dell’epoca: è l’arte di Giacomo Serpotta che è stato capace di mutare l’umile stucco in materiale adatto ad esprimere lo spirito di un tempo. Nella II metà del 1600, lo stucco era considerato un materiale per gli artigiani e utilizzabile per la realizzazione di cornici e decorazioni più o meno artistiche, ma non certo per l’Arte con la a maiuscola. Il segreto di Serpotta stava indubbiamente però in alcuni particolari accorgimenti che solo lui, e la sua famiglia, sapevano applicare…Egli infatti fu anche un abile sperimentatore (vedi il procedimento della allustratura da lui inventato), oltre che un eccelso modellatore e grazie alle sue intuizioni riuscì a conferire allo stucco quella particolare lucentezza e delicatezza che in nessun’altra opera simile si è mai potuta ritrovare.
Giacomo Serpotta nacque nel 1656, era un “figlio d’arte”. Suo padre Gaspare infatti aveva lavorato lo stucco senza naturalmente mai lontanamente pervenire all’abilità del figlio. Di Giacomo Giulio Carlo Argan ha scritto: “i personaggi del Serpotta come gli attori di teatro, non hanno esistenza al di fuori della luce della scena, del gesto che accennano, della frase che silenziosamente pronunciano, del costume che indossano… della parte che recitano”.
Argan fu infatti uno dei primi che si accorse della grandezza dello scultore palermitano. Oggi si è ampiamente pervenuti ad un riconoscimento della importanza che il Serpotta ha rivestito nel contesto artistico settecentesco e, le originali “firme” che Giacomo apponeva alle sue opere, sono ormai note al popolo di appassionati dell’arte. Serpotta infatti soleva introdurre spesso come “marchio” delle sue realizzazioni una lucertola che, al di là del proprio valore simbolico, voleva ricondurre al nome di Serpotta essendo chiamata in dialetto siciliano “sirpuzza”. Analogamente se si ritrova una modellata una conchiglia, essa alludeva al nome Giacomo, essendo la conchiglia il simbolo di San Giacomo. Giacomo Serpotta ebbe come validi collaboratori alcuni suoi familiari come ad esempio il fratello Giuseppe oppure il figlio Procopio. La “mano” di Giacomo tuttavia è sempre riconoscibile essendo i componenti della famiglia, non meno abili di lui, ma sicuramente meno “artisti”.
La famiglia Serpotta era attiva in special modo all’interno di Chiese e Oratori, ma la particolarità sta nell’aver saputo con grazia introdurre, all’interno di ambienti sacri, quel mondo leggiadro che contraddistingueva il rococò. Ed ecco così possibile ritrovare in spazi come quelli delle chiese delle figure femminili che sono abbigliate con i costumi dell’epoca e che recano sfiziosi cappelli piumati e leggiadri abiti alla moda. Si è a lungo discusso di una eventuale formazione romana del Serpotta… Tuttavia è indubbio, al di là se abbia conosciute o no in modo diretto le opere di Bernini, che tali sculture suscitarono in lui un certo effetto, tanto da ispirarlo in molte composizioni. Naturalmente l’accostamento deve essere considerato all’interno delle diverse condizioni… le premesse infatti erano diverse…. Il materiale innanzitutto; Le opere in stucco richiedevano una particolare velocità di esecuzione e una massima rapidità nel modellare i particolari a causa della veloce essiccazione dell’impasto che non consentivano all’autore di soffermarsi, per cui doveva essere l’intuizione a guidare la mano dell’artista. Molte sono le opere serpottiane che meriterebbero di esser citate.
Fra queste: l’allestimento decorativo all’interno della Chiesa di Sant’Agostino a Palermo dove l’autore mostra la sua consolidata perizia; Le dieci statue di virtù francescane che adornano la chiesa di San Francesco D’Assisi e l’Oratorio del Rosario in santa Cita a Palermo dove, Serpotta raggiunge un livello di fantasia e capacità inventiva che non ha eguali nel panorama artistico dell’epoca.