Salvador Dalì

(Figueres, 11 maggio 1904 – Figueres, 23 gennaio 1989)

Opere di Salvador Dalì
in alta definizione

L’unica differenza tra me e un pazzo è che io non sono pazzo.

Una delle celebri affermazioni di Dalì dimostra la volontà dell’artista di autodefinirsi come un personaggio al di fuori del comune. Dicendo che l’unica differenza tra lui e un pazzo è che lui non è pazzo, afferma di fatto che si comporta come tale, pur essendo cosciente di non esserlo. Ma siccome, all’epoca di Dalì, si riteneva che i pazzi in genere non avessero coscienza di essere pazzi, affermando perentoriamente di non esserlo Dalì corrispose al pazzo ancor più che se avesse detto : “sono pazzo”.
 Tutti i suoi atteggiamenti in pubblico, gli episodi della sua vita e il modo stesso di relazionare la sua arte con l’irrazionalità, condussero all’immagine di Dalì che oggi è radicata nell’immaginario collettivo: quella dell’artista folle, dell’istrione, del genio.

  • Gli esordi- brevi cenni biografici

Salvador Dalì nasce a Figueras nel 1904 da una famiglia borghese e benestante che possedeva una casa a Cadaqués, piccolo e straordinario villaggio di pescatori. Il cielo terso della Catalogna, i suoi colori, rimarranno sempre nel suo cuore e costituiranno una costante artistica di molti suoi dipinti. Nel 1927 a Parigi Dalì avrà modo di conoscere Picasso e di entrare in contatto con gli sviluppi artistici di ambito cubista e successivamente anche surrealista. Del gruppo dei surrealisti diventò addirittura uno dei maggiori esponenti, pur mantenendosi sempre distaccato da esso. Nel 1940, trasferitosi negli Stati Uniti, conoscerà un grande successo di pubblico. Sarà questo il periodo in cui Breton, fondatore del surrealismo, lo soprannominerà anagrammando il suo nome, “Avida Dollars”. Dalì, noto ormai in tutto il mondo, morirà nella sua amata Figueras, nel 1989.
All’inizio della sua carriera artistica Dalì rappresenterà in vari modi più volte se stesso, e, se nel 1921 lo vediamo atteggiato come Raffaello in uno dei suoi celebri autoritratti, nel 1923 si raffigurerà in un “autoritratto cubista”, dimostrando le sua affinità con il movimento.
Dalì in questo periodo frequenta la prestigiosa accademia di San Fernando, a Madrid, dalla quale tuttavia venne espulso nel 1926, a causa del suo comportamento provocatorio e irriverente. Si era infatti rifiutato di sottoporsi al giudizio della commissione ritenendo che nessuno degli insegnanti dell’accademia avesse la sufficiente competenza per esaminarlo. A Madrid Tuttavia ebbe modo di vedere le opere di Velazquez e di Goya che segneranno il futuro sviluppo del suo linguaggio artistico.

  • I paesaggi della memoria

Paesaggi dalla nitidezza cristallina. Essi costituiscono l’elemento reale, desunto dai luoghi della sua infanzia, che conferma il senso di assurdità dei soggetti, che, privati di quel determinato sfondo, non sortirebbero gli effetti cercati. Chi conosce Cadaqués può comprendere le atmosfere di straordinaria luminosità dei quadri di Dalì. E’ un paesino fatto di case bianche, forti contrasti cromatici suggeriti dall’intenso blu di porte, finestre, che richiamano il blu del mare. Le strade ripide, sono ricoperte da fitti ciottoli disposti a formare dei disegni, spezzate dall’inserimento qua e là di piante di tipo mediterraneo. Prima di lasciarlo in seguito ad un forte litigio avuto con il padre, Dalì depose i suoi capelli appena tagliati sulla spiaggia e lì li seppellì.
Dalì, ebbe con il padre sin dalla giovane età un rapporto talmente tormentato, da dovere rompere con lui ogni contatto per tantissimi anni.
Port Lligat, conserva ancora oggi la casa di Dalì, che si distingue per una curiosa decorazione sul tetto. Una casa che crebbe da un nucleo originario per successiva aggregazione di spazi altrimenti recuperati, accrescendosi quasi come un organismo vivo. Qui Dalì concepì le sue opere più importanti (fra le quali “La persistenza della memoria”), che vennero esposte per la prima volta nel 1931. 

  • Gala

Era stato Mirò ad introdurre Dalì nel gruppo dei surrealisti parigini. Era il 1929. L’estate successiva, Magritte e Paul Eluard andarono a trovare Dalì a Cadaques. In questa occasione Salvador conobbe Gala. Gala era la moglie dello scrittore Paul Eluard, il suo vero nome era Elena Diakonova ed era andata via da Mosca prima della rivoluzione. Dalì si innamorò di Gala e il suo amore venne ricambiato, il loro rapporto, d’amore, amicizia, conflitto, complicità durò tutta la loro vita.
Gala divenne la sua musa ispiratrice, il corpo di Gala il terreno sul quale atterrava dopo i suoi viaggi onirici. Il 1982, anno della morte di Gala segnerà una svolta anche nell’arte di Dalì che si sentirà privato della sua linfa vitale. Nel 1984 inoltre un incendio avvenuto nella sua casa di Pubol inciderà ancora negativamente nel vissuto dell’artista che dopo pochi anni si spegnerà nella natia Figueras. 

  • Il metodo “paranoico –critico”

Il metodo “paranoico –critico” che rappresenta la variante artistica di Dalì surrealista, è una sorta di automatismo con il quale l’artista realizza i suoi dipinti direttamente tratti dal suo inconscio in un momento di paranoia. Tali immagini vengono fissate sulla tela solo dopo una operazione di razionalizzazione del delirio che le ha generate. Questo è il momento cosiddetto critico. Per capire questo procedimento è opportuno farsi guidare dalle sue stesse dichiarazioni sulla paranoia. “ la paranoia è una malattia mentale cronica la cui sintomatologia più caratteristica consiste nelle delusioni sistematiche con o senza allucinazioni dei sensi. Tali delusioni possono diventare manie di persecuzione o di grandezza”. Tuttavia senza il momento critico tali oniriche sensazioni, dettate dalla paranoia non potrebbero essere materializzate. È il momento critico che permette quella lucidità che consente all’artista di fare emergere la sostanza invisibile dal suo inconscio e farla diventare visibile sulla tela.
Sarebbe banale credere che le suggestioni, fonte di ispirazione di Dalì emergano tutte dal sogno…. In realtà Dalì concepiva i suoi soggetti anche, e soprattutto, quando era sveglio e cosciente. La sua volontà spesso era l’artefice consapevole dei suoi mostri, dei suoi giganti, delle sue figure paradossali, filiformi, molli, disgregate e incredibilmente dettagliate, rese con una tecnica virtuosa tanto da sfiorare quello che noi definiamo iperrealismo. 

  • Orologi molli

Contro il Tempo Per gli orologi molli
La persistenza della memoria è il titolo dato da Dalì ad un’opera che presenta un orologio reso molle. Appeso ad una stampella come un panno messo ad asciugare. La memoria liquida, della stessa essenza dell’acqua. L’uomo che vuole imprigionare il tempo, che ha creato il mezzo per misurarlo, non può dominare la memoria che persiste e riemerge a suo piacere. Questo genera una destrutturazione del concetto di linearità del tempo. L’orologio simbolo della sua misurabilità, sostituto della memoria ancestrale dello scorrere del tempo che era potere dell’uomo primitivo, si scioglie e si adatta ai supporti come un panno steso al sole. Dimostra la sua inattendibilità di fronte a qualcosa di superiore, la memoria appunto, prerogativa dell’inconscio.

  • Avida dollars

La cosiddetta fase storica del Surrealismo si concluderà in corrispondenza della II guerra quando, in seguito ai suoi eventi, molti artisti si trasferirono e il centro della corrente surrealista, che fin ora era stato Parigi, divenne New York.
Nel 1941 una importante mostra svoltasi al MoMA comprendente molte opere di Dalì, consegnerà il surrealismo alla sua storia, non ancora per altro del tutto estinta nei suoi esiti molteplici.
A tale periodo corrispondono alcuni dipinti che presentano delle esplosioni corpuscolari, la presenza di particelle che devono la loro comparsa alle suggestioni riconducibili alla scissione dell’atomo.
Le esplosioni atomiche che avevano concluso la II guerra mondiale avevano lasciato dei segni profondi nell’animo dell’artista che da lì a poco si avvicinò alla religione cattolica.
Successivamente Dalì produsse opere che segnalarono una evoluzione del suo linguaggio verso nuove esplorazioni dell’animo. Uno dei più noti è il “Cristo di San Giovanni della Croce” del 1951, dove in una prospettiva aberrata nell’immensità di un cielo scuro, è sospeso un Cristo in croce. Sotto, un paesaggio di mare, con una barca alla spiaggia, i monti sullo sfondo suggeriscono le sue amate rocce, pochi i personaggi, isolati. Il mare fermo, sembra riflettere il cielo, ma questa volta i colori, a parte quell’azzurro tra le nuvole, sono oscurati dal predominante tono del nero. Una autobiografia di Dalì riporta: “non può esserci grandezza intellettuale al di fuori del sentimento tragico e trascendentale della vita: la religione”.