Maurice Utrillo

(Parigi, 26 dicembre 1883 – Montmartre, 5 novembre 1955)

“Triste figlio di Saturno”

Il film dal titolo “I colori dell’anima”, che tratta della vita di Modigliani, presenta ad un certo punto del film un dipinto dal titolo “La pazzia” attribuito ad Utrillo. L’immagine è evocativa della vera esperienza e della patologia di cui soffrì l’artista anche se non è sicuro che l’opera esista davvero, visto che nelle monografie a Lui dedicate non compare mai, e meno che mai nella rete, dove ormai sono presenti quasi tutte le opere degli artisti e i riferimenti alla loro reale collocazione. Il dubbio sorge in considerazione del fatto che in rete, vengono commentate quasi tutte le opere note degli artisti, in special modo quando esse siano state mostrate all’interno di un film così famoso.
Tuttavia non è escluso che un’opera simile l’artista l’abbia potuta realizzare davvero nel corso della sua vita, e che il riferimento ad essa nel film, possa avere un qualche reale fondamento. L’immagine quindi estrapolata dal film stesso e reperita in rete in un sito non specializzato, fornisce l’occasione per parlare di Utrillo e della sua arte.
Maurice Valadon, che acquisisce nel 1891 il cognome Utrillo, nasce nel 1883 a Parigi, da Suzanne Valadon, pittrice e modella parigina.
Non venne riconosciuto dal padre naturale e venne adottato da un giornalista e critico d’arte che si chiamava Miguel Utrillo.
Sembra che già da bambino soffrisse di sbalzi d’umore che venivano “curati” dalla nonna con del vino. Questo avrebbe provocato in lui una certa propensione all’alcolismo.
A soli 18 anni comincia a soffrire di disturbi psichici causati dall’abuso di assenzio. Sarà la madre a spingerlo nel mondo dell’arte, nella speranza che la pittura potesse assumere un valore terapeutico per il figlio. È lui stesso a definirsi, in una poesia, il “triste figlio di Saturno cui la natura fu matrigna”, definendo in qualche modo i contorni del suo disagio interiore.

Quasi non trovava il tempo per mangiare. Dipingere e bere; dipingere per poter bere; dipingere con la bottiglia a portata di mano”. Questo passo tratto dalla biografia elaborata sull’artista da A. Tabarant, ci presenta il livello di alcolismo cui era giunto l’artista, in un preciso periodo della sua vita.
Maumau come era scherzosamente chiamato dai suoi amici, era spesso preda di crisi violente, che lo portavano a volere “spaccare tutto”.
Afferma P. Courthion “il vino e l’assenzio lo aiutano a rinchiudersi in un mondo proprio nel quale uomini “ragionevoli” non possono entrare” e poi continua “in tutte le sue lettere, dal manicomio, dall’ospedale o dalla prigione, Utrillo ripete che aspetta con impazienza la sua liberazione, ma non appena è libero ricomincia a bere”.

La sua personalità fragile, il suo essere “folle”, lo rendono diverso da ogni altro, per cui la sua arte, che pur si relaziona con quella degli artisti che a quel tempo si erano insediati nel quartiere di Montmartre, può a pieno titolo essere definita unica ed originale. I suoi dipinti hanno come principale soggetto i quartieri parigini, dove manca la presenza umana. E anche i paesaggi sembrano muti. I bianchi predominano. Solamente in un periodo successivo le sue tele potranno cominciare a riempirsi di colori, che tuttavia non saranno mai brillanti, ma densi del loro spessore materico.
Mourice Utrillo è uno degli artisti più interessanti e sensibili della Parigi dei primi del ‘900, assimila nei suoi dipinti lo spirito del tempo, per cui è il sentimento istintivo a dovere prevalere in arte. In una delle testimonianze scritte lasciate dall’artista si legge: “il sentimento umano deve stare al di sopra della struttura estetica e al di sopra del metodo di pittura”. Utrillo , pur non volendo entrare nel merito delle problematiche dell’arte dei Fauves, o del Cubismo, vuole approfondire gli aspetti del simbolismo del colore attribuendo ad essi un valore “sentimentale”.
Al rosa, in una sua poesia attribuisce infatti la qualità dell’amore dolce.
Utrillo nei primi tempi, riesce a realizzare persino qualche mostra ed ad ottenere per le sue opere un minimo valore di mercato. Le sue crisi tuttavia renderanno la sua carriera difficile. Nel 1916 viene infatti ricoverato al manicomio di Villejuif.
Solo dopo la I guerra i dipinti dell’artista verranno valorizzati, ma il susseguirsi dei momenti di squilibrio causeranno ancora ricoveri e persino la prigione, nel 1921.
La follia di Utrillo, se di follia davvero si può parlare, non sconfinò mai nella megalomania. Courthion affermava che il pittore “visse i migliori momenti della sua vita artistica in umiltà, sotto la protezione della sua incoscienza”.
Forse morì senza mai essere consapevole del suo valore.