Théodore Géricault

(Rouen, 26 settembre 1791 – Parigi, 26 gennaio 1824)

L’artista che amava i cavalli

Opere di Théodore Géricault
in alta definizione

Intensa e dinamica come una corsa di cavalli, trascorse veloce, la vita di Théodore Géricault, uno degli artisti più interessanti ed emblematici del XIX secolo. Morì a soli trentadue anni, dopo avere speso la sua vita nell’amore per l’arte, e per I cavalli. Lasciò alcuni noti capolavori dell’arte dell’800, come “Il naufragio della Medusa” e “I ritratti degli alienati”.
Il suo interesse per l’arte lo portò a scegliere la via della pittura giovanissimo. Frequentò dapprima la celebre bottega di Vernet, per approdare poi a quella di Guerin, che fu a sua volta allievo di J.L. David. cavalli di gericaultDipinse spesso cavalli, mostrando per questo nobile animale un interesse che valicava di certo I confini dell’amore per la forma. Lo dipinse come un amico dell’uomo, ma anche come la metafora dello spirito del suo tempo, sospeso tra l’impeto della passione, e la ricerca di equilibrio. E anche quando ritraeva un cavallo imbrigliato, esso non era mai sereno, anzi, dai suoi occhi traspariva sempre un guizzo di libertà.
Per una tragica ironia del destino, Gericault morì proprio a causa di una lesione causatagli da un incidente a cavallo, che prima lo portò ad una paralisi e poi alla morte.
Nato a Rouen, in Francia, nel 1791, il giovane Théodore mostrò molto presto un interesse anche per la componente umana e, contrariamente alle tendenze dell’epoca orientate a celebrare solamente le vittorie dell’uomo, Géricault, volle guardare anche e soprattutto alle umane debolezze. Le debolezze dei soldati vinti, che abbandonavano il campo dopo la sconfitta, come nel dipinto: Corazziere che abbandona il campo di battaglia”, oppure quelle dei malati di mente, che facevano emergere dai loro sguardi la paura e il disorientamento di chi ha perso il lume della ragione. E quando realizzò il Naufragio della Medusa, il suo più celebre dipinto, mise insieme le diverse reazioni degli uomini dinnanzi all’abbandono: la rassegnazione, la speranza e la paura convivono insieme nel grandioso quadro del 1818, ispirato ad un tragico evento realmente accaduto due anni prima.
La fregata francese di nome “Medusa” era infatti naufragata nel 1816 al largo delle coste senegalesi. Nel 1818 la notizia, che prima era stata messa a tacere, si diffuse rapidamente e suscitò un immenso scalpore. La fregata trasportava parecchi uomini, circa 400, che si stavano recando nella colonia di St.Luis. I mezzi di salvataggio erano insufficienti, si decise allora di rimorchiare chi era rimasto fuori dalle scialuppe: ben 149 uomini, raccolti una improvvisata zattera. Purtroppo per ragioni che non furono mai precisate, la zattera venne abbandonata al suo destino e gli uomini che si trovavano su di essa patirono la fame e la sete, lo strazio dell’abbandono e la disperazione. Molti morirono e furono lasciati al mare. I pochi sopravvissuti -solo quindici uomini-, furono trovati da una nave, la “Argus”, che li trascinò in salvo.
Il grande dipinto esposto al Louvre, rende bene il senso della tragedia attraverso colori cupi e disposizione dei corpi. Corpi statuari, dove l’artista indugia sulla resa formale secondo i dettami dell’arte dell’epoca, quella “neoclassica”. Ma qualcosa nel dipinto anticipa la successiva corrente romantica: la ricerca del coinvolgimento emotivo dell’osservatore. Alcuni particolari come i calzini semisfilati dell’uomo seminudo in primo piano, trattenuto da un vecchio rassegnato, sembrano addirittura anticipare il futuro “realismo”. Anche le onde del mare partecipano con il loro impetuoso movimento ad alimentare lo sgomento nell’osservatore. Solo un flebile gesto di speranza, affidato ad un uomo di colore che sventola un panno, in cima ad una piramide di uomini che lo sostengono, svela la salvezza in un avvistamento.
Successivamente, forse a causa delle critiche ricevute sul dipinto, o per una travagliata storia d’amore che ebbe con la moglie di suo zio, Géricault andò incontro ad una forte depressione, che lo portò a conoscere il dottor Georget, che lo curò, e per il quale dipinse la nota serie degli “Alienati”.
Dei dipinti degli alienati ne restano oggi solo 5. Si sa che invece l’artista ne produsse ben 10. Tali dipinti hanno un valore sia per l’indiscutibile pregio artistico legato alla straordinaria capacità dimostrata da Gericault nel realizzarli, ma anche perché testimoniano l’approccio all’indagine medica nei confronti dei malati di mente. Il dottor Georget intuì infatti l’importanza di associare alla monomania del malato l’espressione del suo volto, dal quale emerge prepotentemente la patologia.
Ad un breve soggiorno in Italia, e precisamente a Roma, è infine legato il dipinto intitolato ” corsa dei cavalli berberi”. Si trattava di una tradizione romana che vedeva nel periodo di carnevale, lo svolgersi una corsa di cavalli per le vie della città. L’interesse dell’artista è tutto orientato a testimoniare la difficoltà degli uomini nel trattenere l’impeto dei cavalli, ansiosi di partire. Pur presentando il momento che precede la corsa, Géricault in realtà non sottolinea nulla di neoclassico, ma insiste su quello che per lui è il momento di maggiore tensione. La lotta tra l’uomo e l’indomito cavallo, come tra ragione e passione. L’arte neoclassica con Géricault giunge al limite con quella romantica. Si afferma che proprio l’arte di Géricault segnò questo passaggio… e chissà, se la sua vita fosse stata meno breve, forse, sarebbe giunta anche al realismo.