Kazuyo Sejima, l’architettura ed il sottile rapporto con il mondo dell’informazione

Si potrebbe dire che Kazuyo Sejima, ami per le sue realizzazioni gli effetti legati alle trasparenze, le forme snelle e allungate, l’armonia tra materiali diversi e i trattamenti diversi degli stessi materiali, scelti a volte per le loro intrinseche capacità di dissimulazione delle strutture. Si potrebbe dare per scontato che il materiale principe per raggiungere tali effetti è il vetro, che pertanto diviene un elemento quasi costante nelle opere di questa protagonista indiscussa dell’architettura giapponese. Ma in effetti sarebbe semplicistico limitarsi ad affermare che gli edifici singolari, sia nell’aspetto che nelle qualità concettuali che L’architetto S. realizza, li concepisca in base a delle esigenze di tipo formale, giocando con le trasparenze e le opacità, con i trattamenti di lucidità o porosità solo per raggiungere un “effetto”. In realtà nel percorso evolutivo dei progetti di S. c’è qualcosa di più, ed è una razionale e lucida, ma allo stesso tempo intensa ricerca di una relazione, di un rapporto tra gli attuali modelli architettonici ed il mondo dell’informazione. Utilizza quindi i diversi contrasti forniti dai vari possibili trattamenti superficiali di uno stesso materiale per raggiungere di volta in volta dei diversi effetti percettivi che però sono orientati ad una volontà di relazionare il corpo dell’edificio alle invisibili ragioni dell’attuale società dell’informazione. Ecco perché la “trasparenza” che richiede S. non è da intendersi come pura volontà di mettere in comunicazione l’edificio con l’esterno o le diverse parti dell’edificio tra loro, ma piuttosto attraverso la trasparenza resa possibile dal vetro l’architetto vuole esemplificare con un rimando al visivo non-visivo, il rapporto tra l’architettura e l’evoluzione dell’attuale concetto di comunicazione. Afferma lei stessa che quello che intende con il termine trasparenza, non è da collegare con il significato del “ vedere”, ma anzi al contrario ha a che fare con qualcosa che implica il “non vedere” che è una qualità che è in relazione con le regole della società dell’informazione.
Sejima identifica per questo proprio con il mondo dell’informazione, uno degli aspetti di cui prioritariamente oggi un architetto deve tener conto, insieme a tutti gli altri elementi che devono far parte del contesto dove il progetto va ad inserirsi. Ci si riferisce quindi ad un contesto fatto sia dagli elementi tradizionali, come i materiali, le forme, i colori, l’ambiente circostante, ma anche e sempre più ad un ambito che è fatto dalle invisibili regole dinamiche dei flussi di informazione. 
A tal proposito sono esemplificativi i progetti relativi agli edifici del gioco del Pachinko e cioè il Pachinko Parlor I di Hitachi (del 1991), il Pachinko Parlor II di Naka (del 1993) e il Pachino Parlor III di Hitachiohta (del 1995). Per “Pachinko Parlar I & II” S. ottenne il Grand Prize, Commercial Space Design Award ’94.
Il Pachinko Parlor I è un volume di vetro, che suppone una sorta di intersezione visiva e spaziale. All’esterno appare come dotato da una doppia pellicola che conduce ad un complesso gioco di rimandi visivi, fatto da un ritmo di effetti di trasparenze e di contrapposte velature.
Il Pachinko II invece riporta le lettere cubitali che erano nel Pachinko I poste all’interno, in facciata, quasi a sottolineare la presenza della consistenza (o inconsistenza) fatta di trasparenza vitrea dell’esterno. Nel Pachinko III introduce una qualità coloristica all’interno che quasi contraddice l’aspetto esterno. Il prospetto principale, viene qui caratterizzato da una serie di strisce luminose gialle e rosse e da un piano rigido, opaco e perfettamente piatto che sembra quasi uno schermo. Tutto questo sembra alludere al gioco del Pachinko, che richiede velocità e automatismo, ma nello stesso tempo vuole porsi come un richiamo alla velocità dei flussi di informazione che connotano l’attuale modo di rapportarsi degli esseri umani.

Brevi cenni biografici

Kazuyo Sejima meglio nota come SANAA (dal nome dello studio aperto in collaborazione con Ryue Nishizawa), insegna presso la Keio University, l’Università di Tokyo. Ha ricevuto il Grand Prize, Commercial Space Design Award ’94 per il “Pachinko Parlar I & II”. Ha recentemente progettato il Museum für Zeitgenössische Kunst, a Sydney, in Australia e la Small House, a Tokyo. Nasce nel 1956 a Ibaraki, in Giappone. Nel 1981 ottiene la laurea presso la Japan Woman’s University e inizia una collaborazione con l’architetto Toyo Ito. Apre un suo primo studio pochi anni dopo a Tokyo, e lo denomina “Kazuyo Sejima & associates”. Nel 1988 progetta Platform I, a Katsuura, in Giappone; nel 1990 Plarform II e III, Yamanashi Prefecture, a Tokyo; nel 1991 il Castelbajac Sports Shop, a Yokohama e il Saishunkan Seiyaku Women’s Dormitory, a Kumamoto, in Giappone; Nel 1992 vince l’JIA Prize per il Best Young Architect. Negli anni ’90 è impegnata ai progetti per i Pachinko Parlor giapponesi, quello di Hitachi (1991), il Pachinko Parlor I, quello di Naka (1993) il Pachino Parlor II e infine quello di Hitachiohta (1995), il Pachinko Parlor III.
Nel 1994 – progetta la N-House, Kumamoto, in Giappone e lo Yokohama International Port Terminal, a Yokohama, in Giappone. Sempre nel 1994 per l’Expo Tokyo 96, progetta Koto-Ku, Tokyo, Giappone;
Nel 1995 fonda SANAA, con Ryue Nishizawa e progetta il Metropolitan Housing Studies. Del 1996 è la S-House, (con Ryue Nishizawa) e del 1997 – N-Museum, (con Ryue Nishizawa).
Seguono sempre insieme a Ryue Nishizawa il M-House di Tokyo; l’O-Museum del 1997; l’Usiku New Station Building ed il Museum of Contemporary Art of Sydney extension. Nel 1997 progetta anche N-Museum, a Nakaheci, in Giappone e dell’anno successivo è il New Campus Center for the Illinois Institute of Technology, a Chicago. Il 1999 è l’anno del Contemporary Art Museum, a Kanzawa e il 2000 del Day Care Center for the Elders, di Yokohama. Nel 2001 il Museum für Zeitgenössische Kunst, di Sydney, e la Small House di Tokyo.