EOM, Eric Owen Moss Architect: l’architettura di Penelope

Lo sfondo è la California. Ma non quella dei prodigi della new economy, delle architetture straordinarie della West Coast o quella del surf, che ancora ricorre nelle copertine patinate delle riviste di turismo… ma quella reale, con i suoi problemi e le sue sfide da affrontare. Una California che adesso vuole affrontare le sue paure, che per esser dominate non vogliono più essere sdrammatizzate, ma esteriorizzate, anche attraverso le architetture. Il personaggio è l’architetto Owen Moss, che vive e lavora a Los Angeles e che ha basato la sua ricerca non su astratti concetti di ordine assoluto ma sui possibili ordini temporanei, che ritiene essere i soli raggiungibili nel contesto attuale. Moss è pronto a mettere in discussione durante il percorso i suoi stessi punti di partenza, pur di sperimentare la capacità dell’architettura di adattarsi a delle condizioni, la cui unica costante è la “mutevolezza”. Il paesaggio contemporaneo entro cui oggi tutti ci muoviamo, è infatti più sensibile alle modificazioni rispetto ad un tempo. Queste modificazioni vanno intese sia in senso fisico che in senso socio-economico e culturale, ed inoltre interagiscono tra loro. Un mondo dove – apparentemente- tutto è possibile, suggerisce un senso di instabilità, che per non generare ansie deve poter essere gestito e, perché no, anche utilizzato. Di questo nuovo elemento, della “instabilità”, si deve quindi tenere conto in fase di progetto. Altra componente è l’arbitrarietà, la casualità. Affinché non divenga elemento di disturbo ma anzi costituisca un vantaggio di cui avvalersi, l’arbitrarietà deve potersi trasformare in quel certo grado di libertà nelle scelte che è necessario mantenere sempre, non come scappatoia, ma come principio che permetta in qualsiasi caso di ritornare sui principi di partenza. Nulla di assoluto, non significa però niente di programmato; questo “fare e disfare” nel processo architettonico, (lo stesso Moss parla di tela di Penelope), deve esser compreso come una parte necessaria del procedimento stesso. All’inventiva nel concepire nuove forme, si accompagna la cura estrema dei particolari, l’attenzione verso i nuovi materiali e tecniche. Tuttavia il valore alla tecnica costruttiva è dato solamente in relazione alle possibilità fornite dalla tecnica di rendere possibile la realizzazione del progetto.
La figura di Moss è legata ad un suo noto intervento del 1991, quello della città di Culver. Culver City, uno dei tanti “quartieri” di Los Angeles, oggi centro residenziale e industriale, sede di diverse case dello spettacolo che producono serie per cinema e televisione era prima un’area industriale. Si trattava di un intervento da compiere in un ambiente urbano degradato, che era stato la sede dell’industria leggera e dell’industria manifatturiera della difesa statunitense. Qui Moss ha concepito alcuni significativi interventi di trasformazione che hanno visto anche l’uso di vecchi magazzini industriali che, nel suo piano sono diventati complessi di uffici ed abitazioni. La tematica di confrontarsi con le preesistenze, che qui viene affrontata, pur non essendo considerabile un fatto del tutto nuovo per il contesto culturale, certamente non si poneva come vincolante… Eppure Moss instaura da subito un dialogo vecchio/nuovo. Le vecchie strutture, che rappresentano sostanzialmente la memoria di quel passato produttivo, partecipano delle nuove forme ed insieme ad esse vanno a determinare degli inediti risultati.
A parte la nota realizzazione “the box” che rappresenta ormai un po’ l’immagine simbolo dell’architettura di Moss, Culver City presenta numerose sorprese. Le invenzioni di Moss sembrano affiorare improvvise, levigate come sculture, nitide come un disegno, si stagliano con la loro forma contro il chiarore del cielo, o risaltano grazie a luci ben posizionate, nel buio della sera. A generare l’ordine temporaneo ci pensa la geometria, che Moss adopera come uno strumento espressivo, come il tramite per pervenire a quegli esiti che stanno alla base della sua ricerca. Nel 1997 viene completato il Pittard Sullivan Office Building. Si tratta di un recupero parziale di un corpo di fabbrica, dove sono stati salvati gli elementi portanti e le doppie capriate ad arco in legno, mentre la vecchia copertura è stata eliminata. Un parallelepipedo che occupa il lotto su cui insiste, nel senso della lunghezza. Su di esso è stata posta la nuova struttura che è più stretta e più alta. È come se una geometria, precisa, netta, irregolare, aliena, si sia impossessata di una struttura del passato e l’abbia ingerita, lasciando emergere di tanto in tanto dei brani di essa. È la metafora del presente. Diverso. Netto. Che lascia trasparire tra le sue irregolarità tracce del passato, di cui si è nutrito. Sotto questo punto di vista si potrebbe dire che le opere di Moss non si allontanano dai principi fondamentali dello spirito del post-modern.
Altro interessante intervento è la sede aziendale Umbrella, sempre a Culver city. Qui da una geometria sembra fuoriuscire a sorpresa un guizzo di follia. È la struttura dell’Umbrella, a metà tra un’opera artistica ed una architettonica. Si avvale come supporto, di una struttura in tubi in acciaio che è stata fissata alle travi. L’ombrello, sull’angolo aperto del tetto, ha diversi laminati di vetro sovrapposti. Si trova al livello della copertura di due strutture preesistenti, che prima rappresentavano dei semplici magazzini.
Alle due terrazze si accede da alcune scalinate che si allungano verso l’esterno. Quello che è straordinario è l’essere riusciti a conferire al materiale una inedita curvatura che dimostra quanto sia tecnologicamente innovativo il materiale usato.
Anche qui una contaminazione tra vecchio e nuovo: sono state infatti recuperate due travi appartenenti ad un edificio, poi demolito. Per contrasto l’edificio è rivestito di pannelli in calcestruzzo.

Brevi cenni biografici

Nato nel 1943 a Los Angeles, in California, Moss studia ad Harvard e a Berkeley. Nel 1972 ottiene il Master of Architecture, Harvard University Graduate School of Design. Nel 1973 inizia la sua attività professionale a Los Angeles. Lo studio prende il nome di “Eric Owen Moss Architects”. Insegna a Yale e Harvard, ed in città come Copenhagen e Vienna. Dal 1974 è professore di Design e membro del Board of Directors, Southern California Institute of Architecture. Moss viene conosciuto per la pianificazione della città di Culver e, nel 1996 è tra i quattro architetti che rappresentano gli U.S.A. alla Biennale di Venezia. Nel suo libro Gnostic architecture – Monacelli Press esprime la sua teoria del design. Ha vinto numerosi premi tra i quali nel 1999 il Premio per l’Architettura dell’American Academy of Arts and Letters e quello ottenuto per il “The Umbrella”, il “Saflex Glass Design Award, 2001”. Le sue opere sono state oggetto di interesse per alcune esposizioni: a Duren, a Barcellona, a Tokyo, a Glasgow ed a Copenhagen. Tra le opere più note ricordiamo le realizzazioni di Culver city: 8522 National Building; Gary Group; The Box; Kodak Complex ed il Pittard Sullivan, negli anni ’90 e nel 2000 Slash & Backslash, ed il noto The Umbrella.