Arata Isozaki e il principio della flessibilità

Arata Isozaki, nato nel 1931 a Oita City, in Giappone, si laurea presso l’Università di Tokyo nel 1954. Nel 1963, realizza lo studio Arata Isozaki (che recentemente è diventato l’Arata Isozaki & Assocites). Si forma all’interno del gruppo di Kenzo Tange e dello studio URTEC dove ha l’occasione di contribuire alla formazione del Piano Tokyo 1960, che prevedeva di indirizzare la crescita della metropoli giapponese in una sorta di megastruttura lineare, da realizzare sulle acque della baia. Isozaki ha saputo accogliere influenze a lui giunte, non solo da differenti mondi culturali nel campo architettonico, ma anche da diversi ambiti creativi, come quello dell’arte e della scultura. Ad esempio la suggestione esercitata dall’arte surrealista lo spinse a provare di applicare il metodo surrealistico nel suo fare architettonico. Ma anche la scultura è un elemento di cui ha spesso tenuto conto nel progettare certe sue architetture. Quel linguaggio brutalista che aveva contraddistinto alcuni progetti degli esordi viene con il tempo abbandonato, per approdare all’utilizzo di forme geometriche elementari, che tuttavia comprendono talvolta inflessioni di tipo manieristico.
Nel 1971 l’architetto realizza il Museo d’arte moderna di Gunma, a Takasaki, che rappresenta uno dei suoi primi capolavori indiscussi. Tale opera si basa sulla ripetizione di un modulo cubico di 12 mt. per lato. La struttura stessa è cubica, una sorta di unità basilare del museo che può contenere in modo del tutto flessibile, una mostra o una qualsiasi altra attività connessa. Con gli anni, l’architettura di Isozaki muta, si evolve, cambia direzione, ma sempre con lo sguardo rivolto alla sua cultura, quella giapponese, da cui ha desunto il suo concetto di spazio architettonico, e uno rivolto alle innovazioni della tecnica, che ama sempre introdurre nelle sue opere, (tanto da avere avuto il Premio speciale expo ’70 grazie al progetto per i Sistemi tecnologici per il Festival Plaza a Osaka).
Gli incarichi si moltiplicano e dal 1972 al 2002, realizza numerosissime opere tra cui spiccano nel 1974 la Biblioteca centrale di Kitakyushu a Fukuoka, il Centro civico di Tsukuba, Ibaraki del 1979/83 dove, dietro le geometrie, appaiono elementi desunti da un ritorno alla storia e nel quale mostra una evoluzione verso una sua interpretazione di linguaggio post-modern, verso quell’atteggiamento che, a suo dire, è stato “schizofrenico” e che si è tradotto in un raffinato eclettismo delle forme nella produzione di un certo periodo.
Successivamente si ha un superamento delle posizioni postmoderne. Del 1983-90 è il Palazzo dello Sport Sant Jordi al Montjuic di Barcellona, chiamato così in onore del Santo patrono della città e progettato per le Olimpiadi di Barcellona del 1992. Di straordinario impatto visivo e di raffinatissima innovazione tecnologica, è un padiglione sportivo multifunzionale, realizzato con l’intento di accogliere sia manifestazioni relative allo sport che altri tipi di eventi. Anzi, proprio questo principio della flessibilità è ricercato e individuato come una giusta soluzione, che possa consentire alle architetture di continuare a “vivere” anche dopo l’evento che ha condotto alla loro realizzazione. Per questo motivo cura in modo particolare anche l’acustica utile ad ospitare convegni, performance artistiche e spettacoli di danza e concerti. Questa stessa filosofia, del far continuare a vivere le architetture, ha guidato la realizzazione del recente Palahockey di Torino, soprannominato «Palaisozaki». Dichiara a tal proposito Isozaki: «Ho tenuto conto del carattere unico della città, legato alla griglia ortogonale delle strade, sopravvissuta, a differenza delle altre città, fino all’età moderna. Questo edificio geometrico si accorda con quella griglia: la stessa forma è riproposta all’esterno, nel giardino: il prato presenta le stesse misure del palazzo».
Ritornando agli anni ’90, si può affermare che, il Centro culturale Art Tower Mito ha segnato una ulteriore modificazione del linguaggio architettonico del camaleonte giapponese, e si registra una interpretazione sobria della citazione convenzionale classica. La struttura è in acciaio, ma le superfici sono in titanio, un prodotto per quei tempi appena emergente in architettura. Nel progetto segue l’idea della scultura di Brancusi ma, fa uso di forme geometriche molto semplici: i triangoli nel concetto tridimensionale dei tetraedriche impilati ad uno ad uno donano il risultato di una spirale tripla all’esterno.
Il Museo de L’Hombre a La Coruña, del 1991, inizialmente denominato “interattivo” possiede una capacità di interattività che è un importante elemento del museo. Essendo la località una famosa sede di produzione di granito, il progettista decide di utilizzare questo materiale locale. Poi è il vento, che soffia in modo rilevante a suggerirgli una forma curva. Negli anni 1990 vi è come un ritorno alle origini. Tornano i riferimenti alle forme geometriche pure espresse nella realizzazione del Museo d’arte contemporanea a Nagi.
Il piccolo museo d’arte contemporanea a Nagi, mostra una sperimentazione raffinata e personalissima. Gli spazi espositivi hanno forma di cilindro, di cubo e di una falce di luna. Isozaki ha dichiarato: “Devo molto all’Occidente quando si arriva alla forma dell’architettura, o alla struttura e alla tecnologia. Perciò credo, nel mio caso, di avere entrambi, l’Est e l’Ovest. Non è importante chiedersi come si incontrano, ma il fatto che io abbia entrambe le culture”.
Molti sono i riconoscimenti attribuiti a questo straordinario protagonista dell’attuale panorama architettonico mondiale, come: La nomina nel 1978 a membro onorario dell’Accademia Tiberina a Roma, il Premio Chicago Architecture del 1990, la nomina nel 1984 a Cavaliere dell’Ordine delle Arti e delle Lettere, Ministero della Cultura Francese, l’incarico di giurato al concorso ‘Traingle de la Folie’ Saga-Defense a Parigi e per quello internazionale per l’Expo di Vienna nel 1990, per dirne solo alcuni.
Dagli anni 1990 tra i numerosi progetti ricordiamo: nel 1993 l’Edificio per uffici nella Postdamer Platz; Edificio polifunzionale nella Place de Francfort a Lione; nel 1994 il Padiglione del te, a Tokyo; nel 1995 il Palazzo dei Congressi a Oita e il Centro d’arte e tecnologia giapponese a Cracovia; nel 1996 il Padiglione giapponese alla Biennale di Architettura di Venezia; nel 1998 il Progetto per il Museo d’arte Moderna a Fort Worth e quello per la nuova uscita degli Uffizi, a Firenze. Del 1999 sono il Centro per la ricerca musicale e palazzo dei congressi a Akiyoshidai, Giappone ed il Complesso residenziale di Kitagata, sempre in Giappone.
Nel 2000 progetta il Centro Culturale a Shizouka ed una stazione marittima e per un palazzetto dello sport a Salerno. Poi è la volta dei progetti per Miami, in Florida e del progetto di riqualificazione urbana (centro commerciale, banca, aerostazione nell’area Pirelli), a Milano. Nel 2002 il Qatar National Library, in Qatar e il citato Torino Ice Hochey Stadium. Seguono dal 2003 la Central Academy of Fine Arts Museum of Contemporary Art a Beijing, in Cina e lo Zendai Art Museum Hotel, di Shanghai.