Ernesto Basile, Architetto a Palermo tra tradizione e modernismo

Ernesto Basile
Ernesto Basile

Ernesto Basile, aveva osservato le evoluzioni del dibattito artistico culturale della sua epoca in Europa, si era nutrito della voglia di rinnovamento del padre, che nel 1889 aveva progettato il villino Favaloro in piazza Virgilio a Palermo, primo esempio di uno stile nuovo che aveva trovato nella linea curva e sinuosa l’elemento costruttivo e decorativo insieme.
Inizia ufficialmente la sua attività a Palermo in occasione di uno degli eventi più importanti della città: l’Esposizione nazionale del 1891- 1892. Concepisce una composizione “vasta e grandiosa, su di un tema quanto mai significativo per quella prima esposizione nella quale la Sicilia, ricongiunta all’Italia, doveva presentarsi agli Italiani”. (Sciarra Borzì “Ernesto Basile: la tradizione locale rivissuta come memoria creativa”.
L’Esposizione non fu solo una occasione per mostrare i progressi della tecnica, ma anche esempi dell’arte e dei costumi dell’epoca. Coprì una vasta area situata tra le attuali via Dante, via P.pe di Villafranca e via Libertà, (proprio qui in seguito sorgerà un quartiere moderno, concepito secondo i dettami del tempo). In quel clima di sperimentazioni eclettiche che comprendeva un rivivere di architetture gotico-veneziane, rinascimentali ecc… Basile pensò a ideare per l’ingresso principale, dei padiglioni in stile arabo normanno.
La formazione accanto al padre e l’ambiente culturale fatto di ottimismo e fiducia nel progresso insieme alle radici antiche della cultura siciliana, costituiscono la più autentica chiave di lettura del del linguaggio architettonico espresso dal Basile. E anche se spesso lo si è voluto interprete delle sole istanze della borghesia in ascesa, riducendo così il suo contributo innovatore, non bisogna dimenticare che all’interno della sua attività si collocano episodi interessanti che smentiscono tali affermazioni. Una di questi, ad esempio, la lunga collaborazione con la ditta Ducrot, per realizzare dei mobili, che potessero anche essere prodotti in serie, ed acquistati quindi, da una più vasta categoria di utenti. Questa collaborazione lascia intuire che alla base del suo lavoro si ponesse anche una rilevante apertura, verso quelle istanze sociali che promuovevano un’arte a servizio della collettività.
Si è detto che la ricerca di una funzionalità che Basile espresse proprio all’interno di quella attività di progettista di mobili di arredo, lo faccia collocare all’interno dello spirito del suo tempo in modo tanto rilevante quanto quello della sua attività architettonica.
Di sicuro l’attività di collaborazione con Ducrot fece sì che gli arredi disegnati dal Basile accedessero a vetrine di prestigio come le esposizioni internazionali di Torino del 1902 e di Venezia del 1903. Non solo, ma vennero considerate opere di design talmente apprezzate da essere recensite dalle riviste di arredamento più importanti.
Basile è conosciuto ormai a livello nazionale…. Nel 1880 apre un suo studio a Roma e, nel 1890, torna nella sua città dove dal 1897 dirigerà l’Accademia di belle arti.
Il fatto che nelle sue prime opere tradisca ancora un attaccamento allo stile che in quel periodo andava per la maggiore in Sicilia, l’eclettismo, si inquadra del resto nel clima generale di ritardo che anche in Italia aveva visto giungere dopo, le istanze rinnovatrici più profonde dell’Art Nouveau.
Certamente, via via Basile aderisce sempre più allo spirito dell’Arte nuova pensando ai suoi progetti globalmente, dalla struttura al più piccolo particolare, e la decorazione non sarà mai nelle sue opere una sterile applicazione di repertori. Afferma Sciarra Borzì:“ se nell’esposizione del 1891 è il filone cosiddetto siculo-normanno ad affermarsi, in un eclettismo che riunisce spunti orientaleggianti e stilemi comunque polistilici cari all’Ottocento, nei successivi interventi sarà la predilezione per il Carnalivari a emergere con possibili commistioni lessicali relative al più antico linguaggio”.
 Basile, come il padre aveva coltivato la passione per la botanica e era diventato un eccellente disegnatore. Aveva studiato a fondo le architetture siciliane espresse nel basso Medioevo e quelle del 1400. Era cresciuto nel clima saturo di arte della sua regione, la Sicilia, apprezzandone la commistione di stili diversi e ne considerò la vastità degli apporti nel suo personale linguaggio.
È così che Ernesto Basile divenne l’interprete più originale dell’Art Nouveau in Sicilia. Non si può considerare il suo percorso iniziale come estraneo dai risultati che ottenne successivamente. La sua opera più tarda, quella più riuscita in senso liberty, farà emergere gli esisti di una meditazione che conterrà sempre in nuce quei fermenti che la determinarono. Ecco che non è difficile operare degli accostamenti: gli esterni di Villa Igiea a Palermo con i loggiati dell’atrio di palazzo Abatellis del Carnalivari del 1490; oppure, gli archi della chiesa della Catena a Palermo con la facciata della Centrale elettrica a Caltagirone del 1907; la cupola della Tavernetta del Tiro a Palermo con quella della chiesa della Martorana, del XII secolo.
Gli interventi architettonici di Basile non si limitarono alla residenza. Egli si cimentò anche in edifici di carattere pubblico, grandi e piccoli, come i chioschi, piccoli gioielli che, insieme ai villini conferiscono alla città di Palermo una decisa aria Liberty.
Villino Ida, dal nome della moglie di Basile, si trova in via Siracusa a Palermo. Fu l’abitazione dei Basile per tanti anni. Venne progettata dall’architetto immaginando tutto. Dalla struttura agli arredi, dalla distribuzione funzionale degli ambienti al disegno del pavimento della sala da pranzo che è il vero fulcro compositivo dell’intera struttura. Particolare la soluzione dell’angolo: in “Palermo liberty” di Pirrone si legge: “il ruolo esaltante assegnato allo spigolo dell’edificio (…) non costituisce la semplice linea di intersezione fra due piani della facciata bensì l’elemento unico di avvio cui è affidato il ruolo di scandire una simmetria”, e continuando: “all’interno una semplicità distributiva rigorosamente legata ad un impianto ortogonale il cui rigore non sono tanto i pavimenti a sottolineare, quanto i soffitti”.
È riduttivo pensare che Basile si ispiri al regno vegetale per ricavare un repertorio di decorazioni da applicare alle sue costruzioni…. è più corretto affermare che “gli emblemi fitomorfeggianti delle sue architetture suggeriscono le ragioni degli elementi costruttivi esaltandone le direttrici dominanti assurgono a strumenti simbolici dell’impaginato architettonico.(…) Sulla scorta della lezione paterna Ernesto Basile rimedita sul patrimonio architettonico siciliano, le sue prime prove derivate dal tardo gotico locale sono un riflesso di quella ricerca di una misura umana da lui identificata … con il precedente storico della civile cultura siciliana del vivere in città che contraddistingue i palazzi dell’architettura del tardo quattrocento isolano, cioè del cosiddetto gotico-catalano … Puntando su una nuova espressività di materiali forme e volumi Basile elabora un linguaggio modernista con una autonoma intonazione siciliana….”.
C‘è chi ha affermato che il Liberty sia stato accolto in Sicilia quasi solamente a livello stilistico non contemplando i messaggi autentici che l’Art Nouveau aveva diffuso in Europa, in tal modo riducendo l’apporto innovativo del Basile che viene individuato solamente in una ripresa degli stilemi proposti dalle architetture del movimento Art Nouveau, seppur rivissuti in chiave locale.
 Riferimenti architettonici quindi, reinterpretati sotto le suggestioni stilistiche di uno stile nuovo? O qualcosa di più profondo e incisivo, reso vivo e vibrante dal riferimento costante al luogo, contro ogni globalizzazione di uno stile che diffondendosi in ogni contesto poteva recare in sè (se non adeguatamente compreso) un potenziale rischio di omologazione? A me piace vederla così: lo stile personalissimo del Basile aderì intimamente alle istanze dell’Art Nouveau, ma non si lasciò travolgere da esso cancellando le radici della cultura architettonica siciliana. Questo suo riferirsi alla tradizione, questa sua capacità di radicarsi nel luogo attraverso dei riferimenti più o meno evidenti, ma sempre percepibili, anzi hanno fatto sì che le architetture progettate non fossero mai intese dai fruitori come episodi estranei al contesto della città. Il valore dell’opera basiliana si fonda quindi proprio in questo suo lavoro di fusione tra il vecchio e il nuovo, tra tradizione e istanze rinnovamento. Forse l’opera di Ernesto Basile andrebbe riletta nell’ottica di ciò che sta accadendo oggi, quando si registrano molti interventi dissonantemente omologanti, che si celano erroneamente sotto il nome di architettura contemporanea, offendendo le architetture contemporanee di qualità…. Forse una certa parte della critica non ha ancora raggiunto nei riguardi di Basile una giusta distanza per potere cogliere davvero il valore del suo messaggio. E anche se molti studiosi attenti hanno di recente riletto in modo più corretto la sua figura nell’ambito del contesto dell’Art Nouveau, ritengo che per Basile vi sia ancora spazio per più adeguate interpretazioni.

  • Brevi cenni biografici ed elenco delle opere:

Ernesto Basile nasce a Palermo il 31 Gennaio del 1857. Si laurea in Architettura e vince il concorso per assistente alla cattedra di Architettura tecnica presso la Scuola di applicazione per ingegneri e architetti di Palermo. Nel 1883 consegue la libera docenza e ottiene la cattedra. Partecipa a vari concorsi nazionali ed internazionali. Del 1874 è il progetto del villino Basile a Santa Flavia, presso Palermo. Nel 1887 progetta il chiosco Vicari a Piazza Verdi. Nel 1888 si occupa della sistemazione della “Nuova avenida de Libertacao” a Rio de Janeiro e progetta anche molti edifici ad essa destinati. Nel 1891 riceve l’incarico di progettare gli edifici della Esposizione Nazionale di Palermo. Nello stesso anno muore il padre, ed Ernesto viene rapidamente incaricato di allestire gli interni del Teatro Massimo di Palermo.
Palazzo Bordonaro e Palazzo Francavilla sono del 1893. Nel 1895 insegna Architettura presso il Regio Istituto di Belle arti di Palermo e, nel 1896 inizia la sua collaborazione con i Florio… Dapprima produce oggetti per la loro ditta di Ceramica. In questo periodo si attesta anche l’inizio della collaborazione con la ditta Ducrot. Nel 1897 diventa direttore dell’Istituto di belle arti di Palermo. Nel 1898 compie un viaggio a Vienna dove ha modo di osservare le opere della Secessione viennese. L’anno seguente, animato dallo stesso spirito di scoperta è in Belgio, Francia e Olanda. Nel 1899 progetta lo splendido villino Florio i cui interni sono stati distrutti da un incendio negli anni ’60. Il 1900 lo vede impegnato per la Villa Igiea a Palermo. Nel 1902 è incaricato per il progetto di ampliamento del palazzo di Montecitorio a Roma: costruirà la nuova camera per i Deputati. Nei primi del ‘900 si susseguono le importanti mostre di mobili da lui creati presso le esposizioni di Torino e Venezia. Nel 1903 realizza villino Fassini (poi distrutto), e villino Basile. Nel 1905 lo Stand Florio. Nel 1906 è la volta della palazzina Deliella che venne illecitamente demolita negli anni ’50. Nel 1907 progetta la Centrale elettrica a Caltagirone e l’ampliamento del Grand Hotel et des Palmes a Palermo. Nel 1908 è la volta della Cassa di Risparmio in piazza Borsa a Palermo. Nel 1912 il Palazzo delle Assicurazioni Generali di Venezia in via Roma. Nel 1913 il Kursaal Biondo. Nel 1916 il Chiosco Ribaudo a Piazza Castelnuovo. Dal 1918 viene affiancato nella sua attività di architetto dai figli Roberto e Giovanni Battista Filippo. Morirà a Palermo nell’Agosto del 1932.