Frank Owen Gehry e il fiore di titanio: Quando l’architettura innesca il movimento

Frank Owen Gehry nasce nel 1929, a Toronto in Canada. Trasferitosi all’età di 17 anni in California, compie i suoi studi a Los Angeles e si laurea in California. Lavora poi presso lo studio della “Welton Becket & Associates”. Successivamente si trasferisce a Parigi lavorando presso lo studio di André Remondet.
Nel 1962 a Los Angeles apre lo studio “Frank O. Gehry and Associates”. Inizialmente utilizza materiali poveri, per costruire edifici ispirati alle installazioni di artisti che sperimentavano nuove forme artistiche nella California degli anni 70, divenuti suoi amici. Gehry apprende dagli artisti della pop art a utilizzare le potenzialità insite nei materiali poveri e trae vari spunti dagli elementi presenti nelle periferie urbane (come ad esempio la lamiera ondulata), che trasferisce poi nelle sue opere architettoniche.
Nel 1978 realizza la sua casa a Santa Monica: “decostruendo” una casa prefabbricata, costruisce il suo personalissimo linguaggio. Passa poi dalla Pop art alle forme organiche e riceve diversi riconoscimenti per i suoi lavori. A Praga, Berlino, e Gerusalemme mostra una conoscenza di queste città storiche talmente approfondita da riuscire ad instaurare un dialogo tra i suoi interventi architettonici e le architetture preesistenti. Dopo il successo della Loyola Law School e una retrospettiva che nel 1986 al Walker Art Center di Minneapolis consacra la sua opera, lo studio di Gehry acquisisce quella notorietà che lo conduce alla realizzazione del suo primo grande progetto a Los Angeles: l’Auditorium Walt Disney del 1987.
Del 1989 è il prestigioso riconoscimento del “Pritzker Architecture Prize”.
Nel 1992 riceve il Praemium Imperiale in Architecture assegnato dalla Japan Art Association e, nello stesso anno, il Wolf Prize in Art. Tra le sue opere spiccano la Winton Guest House in Minnesota, il Fishdance restaurant in Giappone, il Vitra Iinternational Furniture Museum in Germania, il Chiat/day Office Building in California, l’American Center a Parigi e la Nationale-Nederlanden Building di Praga soprannominata torre di “Ginger e Fred”.
Il progetto che però ha portato Frank Gehry alla popolarità è comunque il Guggenheim di Bilbao, che, con l’arditezza delle sue forme e lo splendore del rivestimento in titanio, è riuscito a conquistare l’apprezzamento di un vasto pubblico ed a costituire una principale attrattiva per il turismo internazionale nella provincia basca. Frank Gehry con il suo progetto per il Museo di Bilbao vinse sugli altri partecipanti (i noti architetti Arata Isozaki e i Coop Himmelb(l)au. Il Museo Guggenheim di Bilbao, chiamato anche per un richiamo alla sua particolarissima forma “il fiore di titanio”, è stato inaugurato nel 1997.
Costruito sul luogo di un vecchio terreno industriale, occupa complessivamente 24.000 mq., di cui 10.600 mq. sono spazi espositivi e risulta composto da una serie di volumi interconnessi fra loro in modo a dir poco spettacolare. L’imponente struttura si sposa al contesto con grazia e sobria eleganza, anche per via del materiale di cui è rivestita, che in un certo senso ne smaterializza la mole.
La struttura dell’edificio, è in tre livelli e presenta un livello ulteriore adibito a volume tecnico per i sistemi di condizionamento. La progettazione si è resa possibile grazie all’utilizzo dei più moderni software di progettazione e di calcolo.
Da contenitore di opere d’arte ad opera d’arte essa stessa, questa struttura, come una scultura a cielo aperto, si riflette sulle acque del fiume Nerviòn e su quelle di un laghetto artificiale situato ai suoi piedi ad un livello leggermente più alto di quello del fiume. Il laghetto artificiale fa parte anch’esso dello spazio espositivo diventando pretesto per l’opera di Yves Klein. Al livello dell’acqua sono qui collocati infatti dei bruciatori, dotati di fori per fare entrare l’aria che si mescola al gas, e da alcuni bocchettoni fuoriescono fiamme colorate miste a spruzzi d’acqua. La passeggiata al fiume si arricchisce così di inediti giochi di luci che rendono ancor più suggestiva una visita serale al Museo. Una rampa collega la passeggiata al fiume con una torre dalla forma irregolare, dotata di una scala interna che permette di salire sul ponte. La torre funge dunque da collegamento tra il museo ed il Ponte de La Salve, -una delle principali vie d’ingresso alla città-, che risulta così integrato all’intero organismo architettonico indicando simbolicamente il desiderio di integrazione del Museo con il resto della regione. L’entrata principale del museo si trova a conclusione di un principale asse nevralgico della città che si svolge in diagonale e che collega il centro urbano al Museo.
Le sale interne destinate ad accogliere le opere, sono state concepite partendo proprio dalle caratteristiche delle opere che erano destinate ad accogliere, alcune delle quali di grandissime dimensioni,- come le installazioni di R. Serra- collocate in una enorme sala lunga 170 mt. e alta 24 priva di sostegni intermedi, chiamata “the fish”. Dall’atrio si accede alla terrazza che si affaccia sul laghetto artificiale ed è coperta da una gigantesca tettoia sorretta da un unico pilastro in pietra.
Il museo oltre le opere della fondazione Guggenheim e la propria collezione permanente, integrata con opere di grandi artisti della seconda metà del XX secolo, contiene inoltre alcuni percorsi espositivi dedicati ad artisti baschi e spagnoli contemporanei.
Tra le numerose opere esposte sono presenti quelle di Mark Rothko, Robert Rauschenberg, Richard Serra, Jean Michel Basquiat, Jenny Holzer e Christian Boltanski, solo per dirne alcuni. All’esterno antistante l’ingresso, si trova invece una caratteristica opera di Jeff Koons che raffigura un cane di nome Puppy, ed è interamente ricoperta di fiori di stagione.

A Frank Owen Gehry, spetta il merito di aver fatto provare a molti l’emozione dell’architettura. Una moltitudine di persone è stata come inghiottita dal fiore di titanio. Un museo, che come il Guggenheim di Bilbao, contraddice anche per la sua forma la “staticità”, vuol dire che l’arte è in movimento ed in continua evoluzione. La creatività stessa dell’uomo è in perenne evoluzione e, come tale, deve rispecchiarsi in un contenitore che possa essere flessibile ad accogliere tutte le possibili “forme” dell’arte. Oggi, sempre più spesso si tratta di installazioni che richiedono una flessibilità di spazi adeguata ad accoglierle. Come sarebbe stato possibile contenere, ad esempio, le opere di R. Serra, se non con una sala come quella denominata the fish. Il “movimento” che l’opera architettonica ha portato con sé non è stato solo un fatto superficiale legato all’immagine. Si è trattato di una vera rivoluzione che ha coinvolto il livello socio-politico del Paese dove si innesta, (ricordiamo che l’area in questione è la Provincia Basca dove ancora oggi hanno luogo dei fermenti di natura politica legata ad una richiesta di indipendenza), che ha lambito per mesi la sfera del dibattito architettonico, che ha suscitato l’attenzione di numerosi fotografi, (vedi ad es. le foto di J. A. Bertrand), ed infine, come è dimostrato dalle recenti evoluzioni, ha interessato anche il mondo del cinema (vedi lo splendido film-documentario dedicato a Gehry dal titolo “ Creatore di sogni”, di Pollak). Tutto questo sta a dimostrare che non esiste più una netta separazione di generi nell’arte e cioè “architettura”, “arte cinematografica”, “fotografia”, “scultura”, ecc…. ma che tutto adesso si compenetra, in un sottile gioco di dare e ricevere, di innesti che generano forme dalla contaminazione e che a loro volta vengono rigenerati dagli esiti stessi forniti dall’opera. Il Guggenheim è stato come un fiore che ha dato luogo ad un seme, dal quale sono nati spunti per la formulazione di altri generi artistici.