La Pasqua cristiana nell’arte

Dai noti affreschi giotteschi della Cappella degli Scrovegni alla Vesperbild michelangiolesca, dal Cristo alla colonna bramantesco alle varie interpretazioni legate al tema della Crocifissione, dall’Ultima cena leonardesca alla cena in Emmaus del Caravaggio, i temi legati al periodo della Pasqua sono stati da sempre oggetto dell’interesse degli artisti e della prestigiosa committenza a loro indirizzata.
I capolavori espressi intorno alle tematiche della passione, morte e risurrezione del Cristo sono stati tantissimi, e ogni artista, pur quando si è avvalso delle regole delle costanti iconografiche, ha di volta in volta inserito elementi di carattere individuale, per fornire, anche attraverso dei semplici dettagli, la propria personale visione del mistero divino.

La Pasqua cristiana nell’arte- di Paola Campanella 2012-04-02

Sappiamo dai Vangeli che Gesù morì sulla Croce nei giorni della festa della Pasqua ebraica, e, secondo quanto scritto da San Paolo nella prima lettera ai Corinzi, sappiamo che morì “per i nostri peccati”. Sempre Paolo ci dice che “fu sepolto e il terzo giorno è resuscitato secondo le scritture”. La Pasqua cristiana, Pasqua di risurrezione, ha inizio con la “visita al sepolcro” da parte di Maria Maddalena e di altre donne. Saranno loro a scoprire il sepolcro ormai vuoto, l’alba del giorno dopo il sabato.

particolare - Museo di San Marco a Firenze "Sante Donne nel sepolcro"
particolare- Museo di San Marco a Firenze ”Sante Donne nel sepolcro”.

Al museo di San Marco a Firenze, si possono ammirare gli affreschi del Beato Angelico. Il particolare presentato nell’immagine riprende lo sconforto delle donne di fronte al vuoto del sepolcro di Cristo. La presenza dell’angelo, seduto sopra il sepolcro non sembra influire direttamente su di loro… l’angelo dice alle donne: “non è qui, è risorto”. E infatti il Cristo risorto è già nella luce, all’interno di una mandorla e sovrasta la scena, guardando verso l’osservatore, presenta la palma e la bandiera della vittoria. Efficace narratore, il Beato angelico fonde la sua profonda fede con la capacità di rappresentare “in un solo quadro, le componenti della rivelazione divina” (da Angelicus pictor di Venturino Alce Ed. studio domenicano 1993).

La Domenica a tutti nota come Domenica delle Palme, dà inizio alla settimana di passione. È un momento importante che l’arte pittorica non ha certo omesso di rappresentare. Gesù entra a Gerusalemme e viene accolto come il Messia da una folla festante al grido di Osanna, benedetto colui che viene nel nome del Signore. L’immagine qui presentata si riferisce ad un affresco della Cappella degli Scrovegni a Padova. Giotto ha rappresentato in modo straordinariamente nuovo per la sua epoca le reazioni degli uomini al passaggio di Gesù. Quello che colpisce maggiormente l’osservatore è l’azione premurosa di due personaggi che si arrampicano sugli alberi per prendere i rami da agitare al passaggio del Cristo. Altri si prostrano, altri ancora osservano muti….anche l’asina che conduce Gesù sembra avere una espressione…. Sembra orgogliosa e appare sorridente, quasi come se fosse dotata di umani sentimenti e consapevole del suo ruolo.

Giotto – Cappella degli Scrovegni a Padova – Ingresso a Gerusalemme
Giotto – Cappella degli Scrovegni a Padova – Ingresso a Gerusalemme

Giotto quindi interpreta il racconto del Vangelo, aggiungendovi la sua personale visione della vicenda, attraverso alcuni particolari, che seppure non determinanti per la lettura dell’affresco nel suo complesso, sicuramente incidono nell’immaginario dell’osservatore, che accoglie il messaggio rivoluzionario dell’artista quasi inconsapevolmente.

Del resto già a partire da Giotto possiamo affermare che l’intuizione dell’artista concorre a formare il pensiero religioso, portandolo da una dimensione prima prevalentemente simbolica (pensiamo all’arte del periodo bizantino), ad una dimensione più comprensibile perché ricca di elementi umani.
Dal 1300 in poi sarà tutto un crescendo…. Dalla interpretazione michelangiolesca della Vesperbild, (letteralmente immagine del vespro, in riferimento alla deposizione del Cristo dalla Croce ed alla immagine della Pietà), per finire con la tormentata immagine della Croce nella sofferta visione di Dalì nel Cristo di San Giovanni della Croce, gli artisti guideranno in modo più o meno evidente, la visione dei fedeli nell’interpretazione degli eventi religiosi, (che in questa breve trattazione riguardano il breve tempo intercorso tra l’ingresso a Gerusalemme e la Risurrezione del Cristo).

Dalì – Cristo di San Giovanni della Croce
Dalì – Cristo di San Giovanni della Croce

Tuttavia è opportuno precisare che molte tematiche religiose hanno dovuto seguire un lungo percorso prima di poter raggiungere una più libera formulazione iconografica e sovente gli artisti non sono per così dire, potuti intervenire nell’interpretazione di determinati repertori, dovendosi attenere a determinate regole già codificate.
L’artista infatti in passato, per potere trattare del Sacro, doveva esserne un profondo conoscitore. Il fatto di prestare la propria arte per realizzare determinate opere di carattere sacro, li obbligava a cercare di trovare il modo giusto di trasmettere un sapere, in armonia con le richieste della committenza e con le condizioni storico-culturali dell’epoca.
È opportuno a tal proposito riferirsi ad esempio al tema della Crocifissione e alla sua evoluzione nella storia. Il Cristo già dall’inizio viene raffigurato tra i due ladroni. Il luogo, il Golgota, piccolo monte posto a nord di Gerusalemme, non viene invece inizialmente rappresentato.

Santa Sabina, pannello del V sec.
Santa Sabina, pannello del V secolo.

La rappresentazione della Crocifissione si comincia a diffondere solo nel IV secolo. Infatti la Croce come simbolo cristiano non si impone immediatamente. La Croce dai primi cristiani era vista come lo strumento di tortura che i pagani avevano utilizzato per martirizzare Gesù, e quindi non veniva rappresentata….solamente dopo, assurgerà a simbolo dell’intera Cristianità e si cominceranno a definire delle regole precise per rappresentare Gesù nella Croce. Già nel IV secolo. Con la soppressione della pena della croce (ad opera di Teodosio), la Croce cominciò a non essere più considerata come pena infamante.
Una delle rappresentazioni più antiche la troviamo in un pannello in Santa Sabina a Roma, risalente al V secolo. Il Cristo è mostrato in posizione centrale ed è insieme ai due ladroni.
È presentato gerarchicamente più grande dei due ladroni e anche se crocifisso è però mostrato in piedi che si regge in modo autonomo. Sul suo viso non appare sofferenza, ed è vivente. Prima di arrivare ad una rappresentazione di un Cristo morto sulla Croce infatti si dovrà attendere parecchio…


Mostrare il Cristo morto infatti significava dare maggiore spazio al Cristo Uomo, e a questo concetto si pervenne solo dopo un lungo periodo. Pertanto all’inizio avremo solamente rappresentazioni del Cristo cosiddetto “Triunphans”, cioè trionfante, ovvero vivo sulla Croce, con il capo ben eretto e gli occhi aperti. Già nel V secolo, il papa Leone Magno, aveva affermato la duplice natura del Cristo, sia umana che divina, ma si dovrà attendere il concilio di Costantinopoli nel 696 per vedere rappresentato un Christus patiens, al posto di quello trionfante.

Anche i chiodi che avrebbero fissato Cristo alla croce cambiano di numero, e da quattro (due per le mani e due per i piedi) diventano tre. La rappresentazione del vestiario è altresì degno di interesse….nelle prime raffigurazioni Gesù è rappresentato con una tunica a mezze maniche, il Colobium (vedi Santa Maria Antiqua a Roma). Nel decimo secolo appaiono le prime rappresentazioni del Crocifisso con un semplice perizoma. certamente ancora si tratta di dipinti su tavola perché per vedere le prime realizzazioni di crocifissi lignei scolpiti si dovrà attendere l’epoca rinascimentale.

Noti sono i crocifissi di Brunelleschi e di Donatello, che esprimono comunque due diverse concezioni del Cristo. Quello di Donatello esprime l’idea di un uomo comune messo sulla Croce. Da questa rappresentazione all’indagine sugli aspetti anche psicologici del sentimento del Cristo –uomo, il passo è breve. A tal proposito non possiamo non prendere in considerazione il Cristo alla Colonna del Bramante, dove Cristo pur essendo presentato come un uomo ancora forte, e vincente, (un corpo perfetto, di chiara derivazione classica), assume una espressione di consapevole compartecipazione del dolore di chi lo osserva.

Cristo alla Colonna Bramante, dipinto su tavola – Milano- Pinacoteca di Brera
Cristo alla Colonna Bramante, dipinto su tavola – Milano- Pinacoteca di Brera

Con Antonello da Messina l’espressività del Cristo assume spessore….. Il volto del Cristo è indagato a fondo in tutti gli aspetti che possono coinvolgere la sfera emotiva dell’osservatore.
Prende corpo una visione diversa, sentitamente partecipata, che attribuisce al dolore del Cristo la dimensione del dolore universale. Quei volti, con quegli occhi che guardano dentro gli occhi dell’osservatore fino alla commozione, derivano da una profonda immedesimazione con la “Passione “ del Cristo Gesù da parte dell’artista, che se distaccato non avrebbe potuto giungere a tali rappresentazioni.


Riprendendo l’iniziale riferimento alla Vesperbild, occorre precisare che tale nuovo soggetto iconografico si diffuse in Europa centrale a partire dal XIV secolo. Il soggetto non faceva comunque riferimento a nessun racconto tratto dai vangeli, ma nasceva dal presupposto della possibilità che a Maria fosse stato dato in braccio il corpo del Figlio, una volta deposto dalla Croce, e prima che venisse sepolto. Nasce così il motivo iconografico della Pietà, una delle rappresentazioni più commoventi e forti di tutta la storia dell’arte. La visione della Pietà michelangiolesca è senza dubbio la più nota ed amata….


Michelangelo interpreta la vesperbild con una composizione piramidale….Maria, è vista come il tramite tra il cielo e la terra. Viene qui raffigurata con il corpo del Cristo in braccio in posizione orizzontale. Il verticalismo di Maria indica proprio la funzione di tramite da Lei nuovamente assunta. Per mezzo di Lei il Cristo è giunto….adesso che è morto ed è accolto dalle sue braccia, si rivela nuovamente il disegno divino. L’aver compreso la composizione in una forma piramidale prelude forse per l’artista all’ascesa al cielo, che presto rivelerà che il destino del Cristo, è risorgere. Ecco perché il dolore di Maria, seppure espresso, non è gridato, ma è composto. Ella mostra con una mano ciò che è accaduto, quasi a voler dire, “guardate” … guardate di cosa è stato capace l’uomo. Cristo, abbandonato tra le sue braccia lascia cadere il suo braccio. Egli è davvero morto, ma l’espressione di Maria ci dice che si tratta del compimento di un disegno divino e che Gesù Risorgerà.

La rappresentazione dell’ultima cena non può non tenere conto della visione leonardesca. Leonardo da Vinci infatti sconvolge l’iconografia preesistente, che vedeva i ripetersi di una unica formula nel momento dell’Eucarestia, a favore del momento in cui il Signore pronuncia la frase”qualcuno di voi mi tradirà”. Da qui un susseguirsi di “moti dell’animo” degli apostoli, che scossi dall’inattesa rivelazione, si sentono coinvolti e rispondono ognuno a suo modo.


La cena in Emmaus (Pinacoteca di Brera) ci porta alla rappresentazione di Caravaggio….. la versione cui ci si riferisce è quella successiva alla prima che è esposta alla National Gallery. Nell’immagine osserviamo un Gesù con il viso ancora sofferto dalle torture subite. In questa “umanità” riconosciamo la grandezza di Caravaggio, che ha saputo cogliere l’esatto punto di congiunzione tra l’umano e il divino, tra il dolore dell’uomo e la sapiente manifestazione di Dio che ritorna tra gli uomini e che per farsi riconoscere è ancora profondamente aderente al linguaggio dei sensi dell’uomo.

Agonia nel Getsemani - 1595 - olio su tela - Toledo Museum of Art, Ohio
Agonia nel Getsemani – 1595 – olio su tela – Toledo Museum of Art, Ohio

Altro grande interprete del sacro è El Greco, nell’Agonia nel Getsemani affronta uno dei temi più delicati della storia che precede la passione e morte del Cristo. Qui prevale una visionarietà, che forse proprio perché visionaria riesce ad analizzare lucidamente tutti gli elementi e li ricolloca all’interno del mistero insondabile. Il gruppo di apostoli che dorme come all’interno di uno spazio ovale, non terreno. In lontananza uomini con le lance sorretti da una sorta di turbinoso ciclone che forma una sorta di piattaforma obliqua. Lo stesso Cristo non sembra riconoscibile nell’espressione estatica di un angelo che reca il calice, d’oro, in aperto contrasto con la semplicità delle vesti di Gesù. Una pallida luna sotto le nubi pare essere l’occhio di Dio.

Texas - Kimbell Art Museum  - Cristo risorto benedicente 1490-1505
Texas – Kimbell Art Museum – Cristo risorto benedicente 1490-1505

Infine il racconto della Risurrezione. L’immagine di serenità espressa dal Risorto del Bellini è forse la più incisiva per dare visibilità al ritorno della luce di Dio. Bellini la rende concreta attraverso la luminosità dei colori, la prospettiva e l’intensità dello sguardo che appare sereno oltre ogni umana possibilità. Sembra che l’artista abbia fatto di tutto per riportare, attraverso elementi dell’universo conosciuto, il sentimento della verità, che sembra quasi imporsi all’osservatore attraverso la pacifica espressione di un Cristo che torna trionfante.
E ci benedice..