Il Cenacolo

Leonardo da Vinci e il Cenacolo: una lettura comparata per una complessa interpretazione della figura dell’Apostolo Giovanni.

Leonardo da Vinci: il Cenacolo – prima del restauro iniziato nel 1978 e concluso agli inizi del 1999
Particolare del Cenacolo di Leonardo da Vinci prima del restauro concluso nel 1999

Le opere di Leonardo si prestano a numerose interpretazioni proprio in virtù della capacità di questo straordinario artista di non avere voluto mai rendere espliciti i contenuti delle sue opere, ma di richiedere da parte del fruitore dell’opera lo sforzo di guardare oltre l’apparenza delle cose. Per questo, per potere interpretare un’opera di Leonardo, oggi come allora, non ci si può fermare alla sola osservazione di un particolare, ma bisogna anzi osservarla nel suo complesso. Il dipinto ha un soggetto, che si inserisce in uno sfondo che non è mai casuale. I gesti, la composizione del quadro posseggono altresì dei significati posti in relazione al contesto nel quale l’opera si inserisce. E non è tutto. Si può andare oltre e ritenere che, non solo è necessario osservare dell’opera di Leonardo tutte le possibili componenti (soggetto, sfondo, colori, gesti, composizione geometrica, distribuzione e fonte della luce ecc…) ma è anche necessario guardarla in relazione ad altre opere da lui stesso precedentemente realizzate.

La risposta a determinati “enigmi” infatti a volte, può venir fuori una volta accostati tutti i vari elementi che in un’opera concorrono, proprio come in un puzzle. Prendiamo ad esempio l’opera “il Cenacolo” di Leonardo da Vinci, eseguita tra il 1494 ed il 1498, nella parete del Refettorio del convento domenicano di Santa Maria delle Grazie, e tentiamo di applicare più di un codice interpretativo per meglio comprendere i tratti, particolarmente delicati, del volto dell’Apostolo Giovanni.
Prima di tutto occorre dire che, come precedentemente accennato, basare delle interpretazioni su qualsivoglia opera di Leonardo sulla sola base di constatazioni circa la postura di un personaggio o sui tratti del suo viso, non è la giusta operazione da compiere per darne una lettura adeguata. Tuttavia, non si può negare che dell’Apostolo Giovanni, spicca la particolare dolcezza dei tratti del volto, che si contrappone al maggiore realismo dei tratti del volto degli altri Apostoli. Pertanto, lungi dal sostenere fantasiose tesi che vorrebbero conferire al personaggio di Giovanni una diversa identità, tenteremo di dare delle possibili interpretazioni che non si limitino a sostenere che l’Apostolo in questione è raffigurato così, solo perché nella iconografia tradizionale è sempre stato dipinto come il più giovane e imberbe. Prima, occorre naturalmente dare uno sguardo all’opera nel suo complesso.
Al centro della composizione è la figura del Cristo, che forma un triangolo, figura geometrica che rimanda simbolicamente alla Trinità. Altre geometrie e ritmi di linee diagonali concorrono alla composizione dell’intera opera, conferendo un senso di dinamicità nelle figure e contribuendo a dare quel senso di dramma, stupore e contrapposizione di umani sentimenti ai gruppi degli Apostoli.
L’ambiente è inserito in uno sfondo prospettico, determinato dalle linee di fuga che convergono in corrispondenza del capo del Cristo. La postura fortemente inclinata di Giovanni, che è posto a fianco del Cristo, è determinata dalla “forzatura” compiuta per seguire la diagonale della composizione geometrica, che parte al termine di uno degli angoli del triangolo nel quale è inscritta la figura del Cristo. Immediatamente si percepisce come tra le due figure, -quella del Cristo e quella di Giovanni-, vi possa essere uno specifico rapporto: la struttura geometrica, e i colori e la posizione del manto e dell’abito suggeriscono infatti una relazione visiva. Inoltre sono le uniche due figure che, accostate, danno luogo ad un altro triangolo, quello dello spazio vuoto tra i due.

Leonardo da Vinci: la Vergine delle rocce

La “Vergine delle rocce” viene realizzata da Leonardo poco tempo prima di iniziare il Cenacolo. La data di riferimento del dipinto è infatti 1485 mentre il Cenacolo viene iniziato nel 1495. La “Vergine delle Rocce” è probabilmente posta in relazione con il dipinto del Refettorio. L’interpretazione ufficiale della “Vergine delle Rocce”, è quella che identifica la figura di Gesù con quella del bambino posto in basso, nell’atto di benedire, e quella della figura del piccolo Giovanni Battista con il bimbo genuflesso abbracciato dalla Vergine. Ribaltando tale interpretazione, si potrebbe invece immaginare che la figura del Gesù possa essere quella posta in alto, accompagnata dall’amorevole gesto della Madonna, e che quella del bambino sottostante, benedicente, sia invece quella del Battista, quasi a volere prefigurare in questo gesto, l’atto futuro che il Battista avrebbe compiuto nei confronti del Cristo: il Battesimo. Quanta simbologia in questo gesto! Qui sembra che Leonardo, instancabile indagatore, sia voluto pervenire all’origine della scelta del Battista come Colui che un giorno avrebbe potuto compiere un atto talmente sacro, come quello di battezzare Gesù.
Forse per questo ambienta tutto in una caverna, che ci ricorda l’origine dei tempi, e dunque l’origine della scelta. E forse è per questo che è presente, sullo fondo, l’elemento dell’acqua. Alla luce di questa possibile interpretazione osservando bene il dipinto “La Vergine delle Rocce”, la prima cosa a risaltare sarebbe il gesto affettuoso con il quale la Madre accosta il figlio al Battista mentre, con l’altra, si accinge a benedire il capo del Giovannino. È come se la Madonna si facesse da tramite, per trasferire la benedizione di Gesù al Battista, che ora a sua volta, può legittimamente osare di benedire il Bambino Gesù. Ma ecco che dal quadro emerge una figura, quella più adeguata a dare annunci, l’Angelo. L”Angelo si rivolge a noi spettatori, e ci indica quale è il figlio di Dio. Pare infatti volerci dire con il suo gesto: è Lui il Bambino divino. Nell’ultima cena, Giovanni potrebbe avere assunto fattezze delicate per richiamare il dipinto della Vergine delle rocce e ricordare sia la figura della Vergine che quella del Giovan Battista. Non poteva non riemergere il ricordo di quell’antico patto stabilito tra le rocce di un tempo senza tempo, sotto il velo protettivo della Vergine Maria. E si distingue Giovanni, con quei suoi lineamenti delicati e spirituali, e con quella postura che richiama proprio l’immagine della Vergine delle rocce, quasi a volere significare che Lei era lì quando tutto ha avuto inizio, ed è qui, ora che tutto si sta compiendo.
Attraverso quei lineamenti più dolci, dati all’apostolo Giovanni, alla luce delle suesposte considerazioni, Leonardo presumibilmente potrebbe aver volutamente fatto riferimento a quel dipinto, “La Vergine delle Rocce” e rievocare l’immagine di quella Madonna e che ora, attraverso l’immagine dell’apostolo Giovanni era “evocativamente” accanto al Figlio, nel difficile momento dell’avvicinarsi del compimento del suo destino. Per questo quel Giovanni, alla luce di una lettura comparata dei due quadri potrebbe vedersi nell’ottica di una interpretazione più complessa, che lo confermano una figura dall’intensa carica di spiritualità. Per questo oggi osservando il “Cenacolo” (anche alla luce delle fantasiose interpretazioni di uno scrittore pubblicate in un recente libro di successo), qualcuno tra il pubblico ha la sensazione di percepire nell’Apostolo la delicatezza di una figura femminile. Alla luce di queste constatazioni circa la lettura delle due opere leonardesche, si possono ancora individuare gli altri elementi fortemente simbolici della composizione del Cenacolo. Tre luci filtrano dalle aperture poste alle spalle del Cristo, e il numero tre, come i gruppi di tre in cui sono riuniti gli apostoli, appare ricorrente nella sua simbologia, che si ricollega alla trinità. Cristo è lì, con tutto il suo carico di sacralità, continuo è il rimando alla natura divina della sua figura, attraverso l’uso del numero e della geometria.

Gli Apostoli sono complessivamente 12, altro numero carico di simbologia che non avrebbe motivo alcuno di ridursi ad 11 come accadrebbe invece sostenendo una diversa identità dell’apostolo Giovanni. All’interno della composizione geometrica e delle combinazioni numeriche che rimandano ad una lettura simbolica dell’opera, ci sono i gesti. Anche la simbologia dei colori, che oggi grazie al restauro sono maggiormente percepibili, ci conferma che determinati canoni sono rispettati.
Naturalmente non dobbiamo dimenticare altre due componenti essenziali per la lettura dell’opera: a chi era rivolto il dipinto e chi era la committenza che lo aveva richiesto. Leonardo, concepì il Cenacolo per rivolgersi ad un pubblico a lui contemporaneo, anzi, al pubblico che avrebbe frequentato il Refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie a Milano, ove l’opera si trova. La realizzazione dell’opera inoltre fu favorita da quel clima di rinnovamento artistico e culturale, che sotto Ludovico il Moro, si sviluppò sul finire del 1400.

La committenza, peraltro documentata dagli stemmi presenti all’interno di ghirlande vegetali nelle quattro lunette al di sopra dell’opera, esigeva il rispetto di determinate regole iconografiche e l’Ultima Cena”, pur nella carica innovativa della composizione Leonardesca, si adegua ad esse. Leonardo ne fornisce ovviamente una propria innovativa interpretazione, inserendo ad esempio elementi nuovi nella impostazione della scena e prolungando lo spazio della sala del Refettorio con la prospettiva del dipinto. Leonardo cerca anche di mettere in atto delle tecniche nuove per realizzare il dipinto murale: utilizza una tecnica “a secco”. Non ricorrendo pertanto alla collaudatissima tecnica dell’affresco, affronta dei rischi pur di potere ottenere più tempo da destinare alla definizione di quei particolari, che tanto aveva studiato nei disegni preparatori. Inoltre Leonardo necessitava di una tecnica che gli permettesse di poter cambiare qualche particolare in corso d’opera per assecondare anche eventuali ispirazioni del momento.
Purtroppo, anche a causa di questa sua scelta, i secoli non hanno risparmiato l’integrità dell’opera che è stata più volte oggetto di ridipinture e restauri. Già nel 1517, Antonio de Beatis riportava che il dipinto iniziava già a “guastarsi”. Anche Vasari, che vide l’Ultima Cena in una visita a Milano nel 1566, riportò il grave stato di degrado dell’opera…..Forse la maggiore causa di degrado fu quella del 1943 quando una bomba colpì il Refettorio. L’opera si salvò, ma l’evento espose il Cenacolo ad ulteriori danneggiamenti.
Nonostante i vari attacchi subiti alla sua integrità, la struttura dell’opera, è sempre rimasta quella e, se non nei particolari, sicuramente nella impostazione generale ha avuto modo, nei secoli di parlarci, con le geometrie, la simbologia del numero e con una stupenda composizione di movimenti che generano il pathos e si oppongono alla presenza serena, solida e sacra del Cristo nella sua Ultima cena con i dodici Apostoli. L’opera dal 1978 al 1999 è stata oggetto di un accurato restauro volto a recuperare particolari dell’opera originale e preservare il dipinto da ulteriori occasioni di degrado -come ad es. i vapori, causa principale delle condizioni di alterazione del dipinto. Aldilà di ogni possibile ipotesi interpretativa, verosimile o scientifica, appassionata o fantastica formulabile sulle opere di Leonardo, è comunque apprezzabile il fatto che molte più persone si siano di recente accostate alle opere di questo straordinario artista di tutti i tempi, anche se a volte solo per curiosità, e ne abbiano riscoperto la grandezza. E se l’”enigma” all’inizio incuriosisce di più del vero contenuto del Cenacolo, in fondo poco male, se poi giunti dinnanzi ad un’opera come questa ci si rende conto di come il vero messaggio sia ancora oggi capace di giungere fino a noi, nella pura limpidezza di un racconto -quello dell’Ultima Cena-, che tocca ancora il cuore.