Architettura nel ‘700

Versailles
Versailles

Con Luigi XIV, l’architettura francese si era orientata alla esaltazione dello Stato attraverso forme auliche e maestose la cui ispirazione partiva dalle forme più esasperate del barocco romano. Dopo la morte di Luigi XIV, il potere passa al pronipote Luigi XV sotto la reggenza di Filippo d’Orleans. Successivamente al periodo della reggenza, nel 1723 Luigi XV assume il potere e si verifica lo spostamento della corte dalla Reggia di Versailles a Parigi.
In questo contesto nasce il Rococò, che avrà particolare fortuna in Francia, Austria e Germania. Il termine deriva da “rocaille”, in riferimento ad un tipo di decorazione a forma di conchiglia. Il rococò infatti si orienta anche ad un recupero dell’esotico e del pittoresco oltre che ad un gusto elegante bizzarro e insieme fantastico. Le linee da ondulate diventano estremamente mosse, quasi accartocciate. Pur derivando da una esasperazione delle forme barocche, le forme del Rococò, in realtà si allontanano dalla concezione architettonica monumentale barocca. Il Barocco, svuotato dei suoi veri contenuti, cede il passo ad un gusto più frivolo, raffinato e disinvolto sia in arte che in architettura.
Si nota un abbandono progressivo dei temi grandiosi che avevano caratterizzato lo spirito barocco e, alle proporzioni maestose si sostituiscono quelle minute. I contrasti forti e le masse movimentate ed aggettanti che esaltavano luci e di ombre, si stemperano ora in una atmosfera dalle morbide gradazioni chiaroscurali. Diventa lo stile preferito per i palazzi dell’aristocrazia e della borghesia che trova spazio nella decorazione degli interni, massimamente caratterizzati da un uso anticonvenzionale degli ordini e da un ricchissimo gioco di curve e di complessità spaziale. Il Rococò non è più un’arte ufficiale del potere, tuttavia si può dire che rappresenterà l’ultimo stile europeo, comunemente condiviso, seppure con diversi orientamenti. In Germania sarà eletto a stile preferito. Nell’architettura religiosa raggiungerà una fusione di arti orientate alla visione complessiva: allora stucchi, movimenti degli apparati architettonici e pittura concorreranno parimenti ad un risultato finale. La critica tardo-settecentesca fu poco propensa a giudicare il rococò in modo positivo, anzi, vide in questo stile una ulteriore degenerazione delle forme derivanti dal barocco.
Oggi si è concordi nel ritenere che il Rococò segnò una tappa fondamentale per l’evoluzione delle arti a seguire.
La metà del 1700 porterà ad una ricerca di soluzioni più sobrie e razionali. Si comincia a pensare di risolvere anche problematiche funzionali, atte a dotare le città di servizi essenziali. Con la fine del 1700 e l’inizio del 1800 in Italia e Francia, si ritornerà a forme più sobrie e alla formazione del gusto neoclassico, come reazione contro le forme del recente passato.
L’esaltazione dei valori della ragione condurrà gli artisti verso un atteggiamento di rivalutazione della purezza dei canoni classici, resi ulteriormente vivi dalla scoperta di Ercolano nel 1748 e di Pompei nel 1768. È la conseguenza dell’illuminismo che avvicina l’arte al metodo di analisi razionale; ma la revisione in chiave critica del passato, non permetterà di pervenire solamente alla adesione ai canoni classici ma porterà altresì alla formulazione di concetti estetici di esaltazione dell’immaginazione e recupero del sentimento. Si rivaluteranno in arte il naturalismo e il sentimentalismo.
Nel corso dl secolo si attueranno quelle profonde trasformazioni che condurranno all’era moderna, grazie alla spinta data dall’illuminismo che porterà ad una capacità di analizzare i vari aspetti della vita e liberare l’uomo da secolari pregiudizi, in arte come nella vita. Da una parte si perverrà al neoclassicismo e all’adesione ai canoni razionali della classicità e dall’altra a concezioni estetiche che unite ad uno sfrenato amore per l’archeologia, porteranno ad una esaltazione dell’immaginazione. In Inghilterra e Germania si perverrà al Romanticismo. Si vedrà nelle espressioni artistiche gotiche un rinnovato senso etico, lontano dalle tematiche precedenti. In architettura, in questo periodo, si porranno le premesse per il successivo stile neogotico. Le poetiche del pittoresco avranno echi nella progettazione dei giardini.
In Germania sarà lo “sturm und drang” ad alimentare queste nuove idee. Anche se tali tendenze condurranno ad espressioni differenti, in fondo rappresenteranno due facce di una stessa medaglia, poiché sono figlie di una nostalgica visione del passato e di una reazione al barocco. “Non ha senso- afferma Argan- dividere nettamente i due campi, il Rococò e il Neoclassicismo. Il razionalismo neoclassico nasce nell’ambito del rococò e lo corrode dall’interno, criticamente”. Il 1789, data delle Rivoluzione Francese, costituirà il punto di avvio di numerose riforme, che si imporranno come fondamentali in tutti i riflessi di tipo socio-culturale. Il riferimento alle forme classiche assumerà valore etico. Alcune personalità artistiche emergeranno con forza dal panorama complessivo.
Agli inizi del secolo, Torino assume l’aspetto di capitale e richiama varie personalità artistiche. Nel 1714, Vittorio Amedeo II chiama F. Juvarra, che era già noto per la capacità di attingere a vari repertori pur di raggiungere un effetto voluto. Filippo Juvarra nasce a Messina nel 1678, e diviene in breve tempo, un esponente di primo piano della cultura architettonica europea. Se da una parte utilizza il repertorio più scenografico del barocco dall’altro perviene a soluzioni che anticipano lo stile neoclassico. A Torino realizza la Basilica di Superga (1716) che viene ideata come un tempio votivo per la vittoria sui francesi e come mausoleo dei Savoia. L’opera è caratterizzata da una voluta esagerazione delle proporzioni del pronao e del tamburo: uno è profondissimo e l’altro altissimo. “L’edificio- afferma Argan- è come un congegno ottico, a ogni piccolo spostamento del riguardante corrisponde un grande mutamento di prospettiva. L’edificio sembra muoversi come una macchina scenica”. La pianta è ottagonale anche se all’interno diventa circolare. Il pronao di stile classico presenta un colonnato corinzio. La cupola è a doppia calotta. La chiesa presenta inoltre due corpi laterali sormontati da due campanili. La Basilica si erge su una collina sopra Torino, e la sua posizione è in rapporto con l’ambiente circostante, per cui è il paesaggio la quinta ideale per la struttura.
Juvarra opera soprattutto in Piemonte, dove realizza anche altri edifici di tipo civile e religioso, pubblici e privati: lo scalone e la facciata di Palazzo Madama a Torino ad esempio, ma anche il padiglione di caccia di Stupinigi, del 1729. Quest’ultimo presenta un corpo centrale dal quale si dipartono quattro ali a forma di croce di Sant’Andrea. Il complesso è pervaso da un gusto scenografico di grande effetto. Mira ad ottenere un effetto di movimento attraverso la proiezione delle ombre. Juvarra “Vuol far rivivere- come afferma Argan- l’edificio nello spazio naturale, legarlo non solo al sito, ma al mutamento della luce nelle diverse ore del giorno”.
Altro protagonista dell’architettura settecentesca fu Ferdinando Fuga, nato nel 1699 a Firenze. Le sue opere furono caratterizzate da una tendenza alle soluzioni compositive, razionali e funzionali, che riuscivano a dominare gli aspetti scenografici e decorativi di derivazione barocca. Ebbe la capacità di modulare le sue strutture in armonia con la spazialità naturale. A Napoli, per Carlo III, realizzò delle opere di pubblica utilità come l’Albergo dei Poveri, del 1751. Il lunghissimo prospetto, di ben 354 metri, è scandito dal ritmo regolare di ampie finestre. I Granili, del 1779 destinati a contenere i pubblici granai, denotano uno spirito di praticità che costituirà uno dei fondamenti della futura architettura neoclassica, di cui fu precursore. A Roma realizzò la facciata di S. Maria Maggiore.
Altro protagonista fu Vanvitelli. Nato a Napoli nel 1700, era figlio di Van Wittel, pittore di origine olandese. Segue il gusto classicheggiante dell’epoca e diviene anch’egli un anticipatore dello stile neoclassico, per la particolare sobrietà di cui le sue opere sono pervase. Pur presentando infatti le sue architetture un carattere ancora legato alle precedenti tendenze, si noterà in Vanvitelli una volontà di superamento date da un razionalismo di stampo illuministico. Carlo III diede a lui l’incarico di studiare i piani per la Reggia di Caserta. Ancora influenzato dal gusto scenografico barocco, il suo razionalismo riscatterà l’aspetto complessivo della Reggia che sarà giudicata come vicina al gusto neoclassico. La reggia, concepita su modello di Versailles, venne progettata sia come residenza reale che come sede degli uffici governativi. Presenta un prospetto lungo e sobrio, caratterizzato da un unico ordine di lesene alternate a due teorie di finestre. Vanvitelli affronta qui, in modo razionale i problemi pratici del funzionamento del complesso e perviene al progetto di un edificio a pianta rettangolare con quattro cortili interni. Al centro il gran portico consente l’accesso a otto gallerie radiali. Il Parco che completa la reggia è un esempio di architettura del paesaggio di stampo illuminista. Il gusto razionale e classico di Vanvitelli, anche nella visione civile dell’architettura religiosa emerge nella chiesa dell’Annunziata a Napoli del 1760, terminata dal figlio. Questa non è più concepita per turbare e impressionare i fedeli come le chiese barocche, ma è pensata come un ambiente congeniale allo svolgersi delle funzioni religiose.