Lavorare con l’argilla

Il panetto di argilla generalmente si presenta sotto forma parallelepipedo del peso di 25 kg, la migliore argilla è di colore grigio, molto scivolosa al tatto. Per tagliare il panetto si usa un filo, comune filo da pesca non molto sottile, oppure del filetto di ferro cotto, entrambi i fili debbono avere all’estremità due pezzetti di legno per fare da manici. Si prende il filo alle estremità e si appoggia sull’argilla, si spinge il filo in basso fino a quando non si è arrivati in fondo, si stacca quindi il pezzo tagliato dal corpo del panetto, e la parte che non si usa e deve essere richiusa con la plastica dell’involucro. I modi per modellare l’argilla sono svariati:
Lavorazione a Colombino: questo sistema di modellare è tra i più antichi e caratteristici. Prendete l’argilla e fatene tanti bastoncini con le mani.
Stabilite una base per la grandezza, e mettete sul bordo di quest’ultima un po’ di barbotina come collante (che si ottiene diluendo l’argilla nell’acqua), iniziate quindi a girare intorno i bastoncini. Ad ogni piano che volete alzare dovete mettere un po’ di barbotina per incollare lo strato successivo, continuate così fino a quando non reputate finito il lavoro.
Vi trovate davanti ora il vostro vaso finito, avete ancora due possibili soluzioni per dire veramente finito il vostro lavoro, lasciarlo così a strati, oppure lisciarlo, rendere in altre parole le pareti lisce.
Per ottenere le pareti lisce dovete fare degli altri bastoncini d’argilla, questa volta più piccoli, che dovrete sistemate tra gli interstizi del lavoro eseguito, poi all’ultimo con una stecca piatta dovrete passarci sopra per rendere liscio il tutto.

Lavorazione a pressione: la lavorazione a pressione consiste nel prendere una certa quantità d’argilla e lavorarla a pressione, per darle la forma desiderata. In questo tipo di lavorazione bisogna stare attenti a non rendere le pareti laterali tropo sottili, perché si potrebbero poi rompere in seguito in fase d’essiccazione o per muoverli prima della cottura.

Lavorazione a sfoglia: per fare vasi con questo sistema si debbono preparare delle sfoglie d’argilla con il matterello e tagliarle a grandezza voluta. Ogni bordo deve essere unito tramite il solito sistema della barbotina, e per avere una maggiore aderenza spingete dentro all’interstizio con un dito, un bastoncino d’argilla in modo da riempire eventuali spazi rimasti vuoti, mettete tutti i vostri lavori su un piano di legno e lasciate essiccare per la cottura.


LA COTTURA

Quando l’argilla passa dal colore bagnato al colore asciutto, allora è pronta per essere cotta;

L’arte della ceramica si avvale della cottura. La ceramica comprende il vasellame, le statue e statuette e gli elementi da costruzione. Tali oggetti riescono diversi nei riguardi tecnici: a) in dipendenza della varia natura della terra e degli ingredienti talora aggiunti a formare l’impasto, varietà che richiedono appropriato grado di calore; b) secondo l’eventuale loro rivestimento, nei riguardi ornamentali, secondo l”eventuale tipo di decorazione. Materia prima essenziale è impasto ottenuto dalle mescolanza, con adeguata quantità di acqua, di argilla, allo stato naturale o corretta da altre sostanze, il quale offra plasticità e coesione sufficienti.

L’impasto
Il primo prodotto crudo, già relativamente rassodato (si dice allora verde), poi appositamente essiccato, deve essere sottoposto all’azione del fuoco che contrae l’impasto terroso (pasta) messo in opera, lo indurisce, lo fissa in forma permanente, e secondo la composizione chimica, lo trasforma più o meno intensamente e ne cambia anche il colore; a differenza di quello che avviene nell’affine arte di vetro, non lo fonde; lo porta per talune varietà ceramiche ad un principio di vetrificazione. A cottura subita, gl’impasti possono essere considerati o secondo il diverso grado di compattezza o secondo il colore acquistato; questi differenti risultati possono già servire per una prima classificazione delle paste ceramiche, perché ogni classe di prodotti ha proprie caratteristiche fondamentali; si hanno così ceramiche a paste porosa o a pasta compatta; a pasta colorata o a pasta bianca.

Terracotta
La più semplice espressione della ceramica si trova negli oggetti formati di solo impasto: cioè di terracotta, che è anche il nome dato alla prima grande classe di una divisione razionale della produzione: cioè a tutti i manufatti di una argilla, che cuoce porosa e colorata e senza applicazione di rivestimento (dal mattone al comune vaso da giardino, dalla statuetta alle terracotta ornamentale).

Il rivestimento
A parte il rivestimento alcalino impiegato dai ceramisti dell’antichità e l’ingobbio terroso, formato da un vello bianco di terra (da noi detta di Siena o di Vicenza) da applicarsi sul verde e richiedente a sua volta un secondo involucro impermeabile (bianchetto si disse e si dice ancora in tante officine d’Italia e fu usato specialmente per le ceramiche da ornare con graffiti) gli altri rivestimenti si possono ridurre a due tipi: le vernici e gli smalti. Le prime sono trasparenti e di esse quella a base di piombo (vernice piombifera) si suol dire anche vetrina o cristallina ed è propria delle paste tenere perché fonde a temperatura relativamente bassa; quelle boraciche e feldspatiche si dicono piuttosto coperta e son più proprie delle porcellane, perché fondenti a un più alto punto di temperatura. Degli smalti, più noto e comunemente usato è quello bianco, brillante, opacificato dall’ossido di stagno, che forma il classico rivestimento della maiolica. Ambedue queste specie si possono tingere con colori vetrificabili, dovuti a ossidi metallici, i quali, uniti ai necessari fondenti, secondo la temperatura e l’atmosfera del forno (ossidante o riducente), si comportano in modo diverso e danno quindi diverso effetto.

La pittura
Anche la pittura o l’ornato a colore è, nella maggior parte dei casi, dato da colori vetrificabili dovuti a codesti ossidi. Secondo la temperatura che devono subire, i colori si dicono a piccolo fuoco o a fuoco di muffola (da applicarsi soltano sui rivestimenti: circa 600°) e a gran fuoco (da applicarsi sotto e dentro i rivestimenti da 900° a 970° e oltre). Il nome dei rivestimenti vaga tutt’ora incerto non solo fra la lingua e lingua, ma anche in italiano. Quelli di tipo vetroso son detti comunemente in fr. glacure;sp. vidriado;ted. Glasur; ing. glaze; termini, che, nella loro vasta comprensione, mal trovano riscontro nella voce invetriatura, che dovrebbe limitarsi a indicare i rivestimenti a smalti colorati (tipo dell Robbia: quindi terrecotte invetriate). Il rivestimento terroso (che richiede un successivo involucro metallico per dare impermeabilità all’oggetto), detto da noi ingobbio, bianchetto, mezzamaiolica (voce questa che denota piuutosto una fase intermedia fra le due tecniche, con l’aggiunta cioè di una piccola quantità di ossido di stagno per rendere più ricco l’ingobbio), vein detto in fr. engobe, sp. englaba, ted. Halbamiolika, ing. slip. Se alla teraccotta comune (detta in questo caso biscotto) si applica un rivestimento, si produce la seconda grande classe delle ceramiche, quelle delle faenze, la cui varietà più nota è la maiolica. Le altre sue suddivisioni corrispondono ai vari tipi di rivestimento (terrosa o metallico, opaco o trasparente).

Classificazione
Nella totalità dei casi per fissare il rivestimento e l’ornato occorrono una o più cotture successive a quella per la formazione del biscotto, e allora il prodotto si dice finito. Sono dunque due i processi essenziali che concorrono alla produzione della ceramica: la manipolazione delle materie e la cottura; durante quest’ultima fase avvengono quei cambiamenti di stato fisico e quelle continue e progressive reazioni chimiche che fissano il tipo ceramico che si vuol produrre. I tentativi di classificazione dei prodotti ceramici sono stati molto laboriosi, ma la terminologia è ancora incerta, le singole nomenclature dibattute e senza esatta corrispondenza fra le varie lingue. Il seguente schema sommario, che rispecchia i casi più comuni, da tempo adottato dal Museo e dalla R. Scuola di Ceramica di Faenza e, senza presumere di corrispondere a tutte le richieste, tien conto per quanto possibile, dei due punti di vista: storico e tecnologico.