Michelangelo e Papa Giulio II

Quando il Papa Giulio II volle Michelangelo a Roma allo scopo di farsi realizzare un sepolcro che fosse degno di un capo della Cristianità, ebbe inizio il difficile rapporto fra Michelangelo e il Papa, che, più di ogni altro, volle legare il suo nome ad opere d’arte eccelse. Michelangelo accettò la proposta di Giulio II, con grande onore e gioia perché si rese conto che questo incarico avrebbe potuto renderlo più libero nelle sue realizzazioni, grazie ai mezzi di cui, d’ora in avanti, avrebbe potuto disporre. Il primo atto di Michelangelo fu infatti quello di recarsi a Carrara, dove si trovavano le cave di marmo più pregiato d’Italia, per scegliere dei blocchi adeguati ad un compito importante. Trascorse a Carrara un periodo di sei mesi, nei quali rimase sempre concentrato nella scelta dei blocchi migliori. Blocchi che dovevano apparire ai suoi occhi già, come le forme che aveva in mente di trarne. Una volta tornato a Roma però Michelangelo scoprì che nel Papa si era affievolito il desiderio per il quale si era recato a Carrara. Infatti Giulio II era adesso maggiormente preso da un nuovo progetto: quello della nuova fabbrica di San Pietro. È comprensibile la delusione che provò Michelangelo, che decise repentinamente di tornare a Firenze dopo aver scritto al Papa una lettera irriverente nella quale gli intimava che, se lo avesse rivoluto, avrebbe dovuto mandare qualcuno a cercarlo. Anche se può apparire strano il Papa in seguito dovette chiedere al Comune di Firenze di intercedere affinché Michelangelo tornasse. Quando l’artista tornò a Roma, gli venne commissionata una delle opere più importanti della storia dell’arte: gli affreschi della volta della Cappella Sistina.
Michelangelo, che desiderava esprimere la sua arte attraverso la scultura, non fu felice dell’incarico e, in un primo tempo, fece di tutto per rifiutarlo. Successivamente intuì che poteva realizzare qualcosa di grande e, per quattro anni di seguito, senza aiuti, portò a termine una delle opere più ambiziose della sua carriera di pittore. La superficie centrale si presenta divisa in nove riquadri, separati da archi. Rappresenta episodi tratti dalla “Genesi” disposti secondo un ordine cronologico che parte dalla parete dell’altare. Vi sono raffigurati: la Separazione della luce dalle tenebre; la Creazione degli astri e delle piante, la Separazione della terra dalle acque, la Creazione di Adamo, la Creazione di Eva, il Peccato originale e la Cacciata dal paradiso terrestre, il Sacrificio di Noè, il Diluvio universale e l’Ebbrezza di Noè. Non tutte le scene sono dipinte allo stesso modo. Alcune presentano un maggior numero di personaggi, e le figure sono lievemente di minori proporzioni. Altre scene, che richiedono maggiore solennità, sono rese più monumentali da un diradamento dei personaggi e da un maggiore dimensionamento degli stessi.

La suddivisione della superficie conferisce all’insieme l’aspetto di un impianto architettonico. Michelangelo allo scopo infatti simula cornici, architravi e capitelli, ma anche finte statue. Ad una prima osservazione si ha l’impressione di un grandioso altorilievo. L’immagine più nota è quella della “Creazione di Adamo”… Dio è accompagnato nel suo volo da una folta schiera di Angeli. Basta un suo dito per infondere, sfiorandolo, la vita all’uomo, che appare sdraiato su di un lembo di terra. Rappresenta il momento in cui Dio crea il primo uomo.
Il corpo di Adamo giace, ancora privo di vita, mentre Dio, giunge in volo dal cielo. Adamo poggia il braccio sul ginocchio piegato. Sotto la coscia di Adamo è raffigurata la mano di uno degli Ignudi, i che siedono agli angoli dei pannelli narrativi. La cornucopia di foglie di quercia e ghiande che tiene in mano è uno dei tanti riferimenti alle querce che si riferiscono al nome della famiglia di papa Giulio II, cioè della Rovere.
Una netta linea di contorno definisce le figure, il chiaroscuro è utile a farle emergere dallo sfondo, similmente alle sculture che nascono dal blocco.