Post Modern

Il movimento Post-modern si diffuse dagli anni 1960/70, principalmente in ambiente nord-americano, dove, in aperta polemica con il linguaggio promosso dallo “stile internazionale”, si accolsero significative influenze dal genere artistico Pop. Tale atteggiamento è palesato dal testo di R. Venturi del 1972 dal titolo: “Imparando da Las Vegas”. L’autore infatti parla di una contaminazione del linguaggio della Pop art con il repertorio architettonico classico.
All’interno della ideologia post-moderna vi fu quindi una forte critica ai postulati del movimento moderno. Uno dei primi che pone l’accento sulla crisi del movimento moderno, parlandone in termini di sconfitta è Charles Jencks (architetto e teorico americano) che decreta la fine del movimento moderno (con una data precisa e addirittura l’ora: 15 Luglio 1972!) in corrispondenza con la demolizione -perché considerato inabitabile-, di un quartiere di St.Louis costruito negli anni ’50 da un architetto giapponese – Minoru Yamasaki, secondo i dettami dei C.I.A.M. Jencks sosteneva che l’architettura moderna dovesse staccarsi dal funzionalismo e riutilizzare la storia proponendo una valenza simbolica dell’architettura.
Nel 1977 pubblica: “Il linguaggio dell’architettura postmoderna” dove individua nella mescolanza di classico e vernacolare un ritorno ad un’architettura antropomorfica. Sollecitati da Jencks, escono tutta una serie di scritti fondamentali poi per la definizione del Post-Moderno. I post-modernisti utilizzavano come dei ready-made dell’architettura, che si concretizzavano in riferimenti culturali estremamente semplificati in una sorta di banalizzazione popolare. Si osserva l’uso di elementi già pre-formati, piccole colonne, con dei piccoli capitelli stilizzati, archi che richiamano in maniera stilizzata alcuni elementi dell’antichità classica.
Il libro del 1960, di Peter Blake che si intitola “La forma segue il fiasco”, ha un titolo provocatorio (che riprende la celebre frase “La forma segua la funzione” che sta alla base di tutta la teoria funzionalista americana). Una delle caratteristiche principali del pensiero postmodernista, fu infatti quello di considerare un’autonomia della forma rispetto alla funzione, e anche la tipologia non è più determinante nei confronti della forma.
La prima critica che i postmodernisti muoveranno al Movimento Moderno consiste nel ritenere che il Razionalismo aveva come punto di partenza la geometria dei solidi platonici e delle forme primarie dalla cui combinazione aveva desunto tutto il suo repertorio figurativo. Il Movimento Moderno nutriva una tale fiducia nel progresso tecnologico, che si era giunti a considerare la decorazione come un superfluo. Conseguentemente si era a volte fatto abuso -al posto delle forme elaborate sapientemente dall’artigiano- di materie prime costosissime, inserite nelle architetture. Anche dal punto di vista urbanistico, con la condanna allo “zoning”, si sottolinea che la separazione per zone funzionali all’interno di un tessuto urbano crea i alienazione all’interno della città per cui si promuove una linea urbanistica che rimescoli le funzioni, anche attraverso un accostamento di sistemi contraddittori pur di creare una dialettica tra le varie parti della città.
Una delle opere più esemplificative del Post Modern, è rappresentata dalla “Piazza d’Italia” di Charles Moore (1925-1993) incaricato dalla comunità italo-americana di New Orleans nel 1978. Esiste in questo caso sia la presenza della citazione storica, che avviene attraverso la rielaborazione della Fontana di Trevi, e il riferimento ad un elemento storico che pur essere il nicchione con un colonnato formato da cinque ordini diversi (mescolanza degli ordini che diventa una cifra stilistica più volte ripetuta nel campo del Postmodern). Vengono utilizzati elementi già conformati, c’è una contaminazione costante tra antico e moderno. Moore pone al centro della piazza la Sicilia, per fare un omaggio alla comunità italo-americana di New Orleans in gran parte formata da Siciliani.

In Italia esemplificano le teorie del Postmodern le posizioni assunte da P. Portoghesi, che non rifiuta tutto il Movimento Moderno, ma solo l’eccessiva e irrigidita applicazione di alcuni suoi principi. Promotore di un recupero delle tradizioni passate, si espresse attraverso la ripresa degli stili riproposti in chiave eclettica. Paolo Portoghesi, scrive: “L’architettura postmoderna propone la fine del proibizionismo, l’opposizione al funzionalismo, la riconsiderazione dell’architettura quale processo estetico, non esclusivamente utilitario; il ritorno all’ornamento, l’affermarsi di un diffuso edonismo”. Egli propose un’architettura non più legata strettamente al concetto di funzionale ma di maggiore plasticità con riferimenti ai linguaggi storici, come quello del barocco.
Nel 1980 si svolse nell’Arsenale di Venezia, i cui locali industriali erano stati adattati per l’esposizione la prima mostra di Architettura della Biennale di Venezia, organizzata da Paolo Portoghesi intitolata “La presenza del passato”: una sorta di consacrazione a livello internazionale del Postmodernismo. Tema fondamentale il ripensamento sulla continuità storica. Furono chiamati insigni architetti che aderivano al Postmodernismo architettonico, da Rem Koohlaas a Charles Moore, dall’austriaco Hans Hollein agli italiani del gruppo GRAU.
Qui Portoghesi elabora la “strada nuovissima”nella quale presenta una serie di finte facciate.