Deutscher Werkbund e Bauhaus

La fondazione del Deutscher Werkbund in Germania, che accetta il concetto di standardizzazione edilizia come elemento di possibile espressione artistica, sarà determinante per la formazione di una nuova concezione della architettura in senso moderno. Dal 1900, la Germania assume un ruolo di primo piano nella cultura architettonica europea. Attira infatti nomi importanti da varie parti d’Europa, come Van de Velde, Olbrich e Wright. In quegli anni vengono formate imprese fondate sulla stretta collaborazione tra capitale finanziario, industria ed intervento dello stato e si sviluppano l’industria metalmeccanica, chimica ed elettrica, viste come vie di rilancio per l’economia tedesca.
Sulla scia della acquisita consapevolezza che la forma degli oggetti non è destinata solo ad una fruibilità estetica, ma anche alla funzionalità ed è posta in stretto rapporto con la realizzazione industriale e alla stessa sua ripetitività seriale, si cominciano a creare iniziative che sfoceranno, nel 1907 nel Deutsch Werkbund. Tale associazione è stata definita la più importante organizzazione culturale tedesca degli anni precedenti alla guerra. Si proponeva, tra i suoi obbiettivi, di saldare la cesura tra industria ed arti applicate e stabiliva una sorta di collaborazione tra dodici artisti e dodici industrie. Tra esse l’AEG, formata nel 1883 da imprenditori e persone attente al mondo dell’arte. Determinante la figura di P. Behrens, che proviene da una formazione all’interno della Secessione viennese.
Nel 1900 assume l’incarico di architetto della compagnia di elettricità di Berlino AEG. Nella fabbrica di turbine che progetta per l’AEG nel 1908, in cui alterna vetro e metallo, troviamo il prototipo dell’architettura industriale moderna. All’interno del Werkbund si riscontravano due opinioni: una che tendeva alla tipizzazione delle forme, l’uso di tipi standardizzati e riproducibili; un’altra, che sosteneva che l’originalità del manufatto artistico e la libertà di progettazione.
La Fabbrica di Turbine AEG, nel 1909 a Berlino, ha una destinazione pratica e funzionale, è ideata dal suo progettista come una sorta di “monumento”. C’è come un desiderio di creare un’icona per l’industria. Si vuole ritornare alla matrice della monumentalità tedesca, tipica del pensiero di Schinkel, che affermava che la rappresentazione dell’ideale della funzionalità determina il valore artistico dell’opera. Vi è una specie di glorificazione di una grandissima macchina elettrica racchiusa in un vasto volume. Si tratta di un capannone di 207×39 metri, affiancato da un corpo di fabbrica a due ordini con copertura piana; alle vetrate è dato un grande spazio, non solo nel prospetto principale ma anche in quello laterale; è retto da una struttura metallica con telaio a tralicci a tre cerniere. C’è una serie di dettagli che ricordano un tempio greco: i pilastri verticali presentano una rastrematura verso il basso, e la ripetizione stessa di tali elementi richiama i colonnati, mentre alla presenza del vetro tra i pilastri si può associare la rappresentazione del principio di libera circolazione dello spazio, che faceva parte del colonnato del tempio. Nello studio di Behrens si formeranno alcune tra le maggiori personalità del panorama architettonico moderno come Mies Van Der Rohe, Le Corbusier e Gropius.
Gropius si forma tra Monaco e Berlino dove, nel 1907, entra nello studio dell’architetto P.Behrens nel cui studio conoscerà Mies Van de Rohe, Le Corbusier e Adolf Mayer che diverrà suo collaboratore per le officine Fagus. Nel 1911 Gropius aderisce al Werkbund e nel 1919, fonda e dirige il Bauhaus (letteralmente casa della costruzione) che consiste nella prima vera scuola di disegno industriale della storia. Il Bauhaus fondato da Gropius nel 1919 riassume le potenzialità di innovazione insite nel Movimento Moderno grazie all’ordinamento dei principi costruttivi generalizzabili che saranno il fondamento progettuale di molte successive costruzioni.
 In questa scuola si definirà anche la figura del designer come oggi la concepiamo, e si elaborerà una metodologia di progettazione comune a tutte le arti. Gropius affermava che: “I tempi nuovi chiedono un’espressione adeguata una forma esatta e non casuale, contrasti chiari, ordine nelle parti, sequenze di elementi simili nonché unità di forme e colore diventeranno in coerenza con l’energia e l’economia della nostra vita pubblica, gli strumenti estetici dell’architetto moderno”.
Egli affrontò il tema dei luoghi di produzione, pensando che l’industria avesse ora un ruolo propulsivo nello sviluppo della nuova cultura e sostenendo che la collaborazione tra l’industriale e l’architetto poteva apportare qualità all’industria e anche un migliore rendimento produttivo. Le officine Fagus sono state considerate tra i primi edifici funzionalisti perché si stabilisce per la prima volta in modo dichiarato il legame fra forma- funzione. Gropius non esalta, come aveva fatto invece Behrens in senso monumentale, la fabbrica, ma cerca di mediare tecnologia ed esigenze estetiche senza tuttavia stravolgerne la tipologia. L’edificio è composto da corpi con funzioni ben identificate. Gli angoli sono svuotati da vetrate che corrono verticalmente. Lo svuotamento dell’angolo e la sua negazione diventano da questo momento quasi una costante del movimento moderno. Le vetrate con le quali si configura il tema dell’orizzontalità, anch’esso considerabile elemento distintivo della modernità, risultano aggettanti rispetto ai pilastri verticali e si ha come l’impressione che vengano sostenute da una fascia orizzontale superiore.
Gropius effettua uno studio delle esigenze necessarie per un’ottimizzazione del processo industriale. Le funzioni determinano i vari blocchi e ciò diventerà il modello progettuale di Gropius. Avviene così, con le Fagus un riconoscimento circa il valore estetico degli edifici industriali. Pertanto si può affermare che in tale ambito si gettarono alcune fondamentali premesse al razionalismo, che sostituisce ai valori estetici la ricerca di una coerenza tra forma e modo produttivo.
Nel 1933 ad opera del regime nazista si sopprimerà la scuola del Bauhaus, e Gropius insieme ai suoi collaboratori tra cui Mies van der Rohe, ultimo direttore della scuola- è costretto a lasciare la Germania trasferendosi dapprima in Inghilterra e poi negli Stati Uniti.
Con queste parole Benevolo, ha saputo sintetizzare l’essenza dell’eredità lasciata da Gropius, scomparso all’età di ottantasei anni: “Gropius ha contribuito più di tutti a far sì che la misura principale del lavoro degli architetti non fosse quello della grandezza individuale, ma quella dell’utillità comune, del progresso civile. Questa svolta- cioè il carattere unitario, razionale, oggettivamente controllabile del movimento moderno- è la grande opera della sua vita“.