Arte Egea

L’Egeo, è un mare che si estende tra le coste della Grecia e dell’Asia minore. Un mare che accoglie tante isole, che lambisce tante coste… In queste isole e in queste terre nacquero civiltà, che ancora oggi ci affascinano per le testimonianze pervenute. Le civiltà preelleniche, che ebbero nelle isole Cicladi la loro culla.
La civiltà cicladica nacque circa tra il 3000 ed il 2500 a. C., il mare Egeo costituì per esse una ricchezza, una difesa, una via di comunicazione e infine, una minaccia. I piccoli stati che si svilupparono nell’area Egea, contribuirono alla formazione di una cultura unica, dove il mito si confonde con la storia. Dal mitico Re Minosse, il Re che fece costruire il noto labirinto da Dedalo, prende il nome la civiltà minoica, il cui centro è Creta, dove si sviluppa una cultura che dominerà tutto il II e il III millennio a. C. e tra il 2000 e il 1400 tocca il momento più alto. Fu Arthur Evans, autore dei primi scavi che misero in luce i resti del palazzo di Knosso, a proporre la suddivisione della civiltà cretese o minoica in tre periodi: antico, dall’epoca dei primi insediamenti nel IV millennio fino al 2100, medio dal 2100 al 1580, recente dal 1580 al 1200.
Successivamente il fulcro della civiltà egea passerà nel Peloponneso, dove fiorirà Micene, città principale del popolo degli Achei, e l’arte micenea. L’arte cicladica denota dei collegamenti avuti con gente dell’Anatolia, che importano alle Cicladi la civiltà del Bronzo. Gli scambi commerciali si estendono sino al Mediterraneo occidentale.
L’espressione più autentica dell’arte cicladica è anche quella più nota risulta essere quella che condusse alla realizzazione di piccole statuette marmoree, stilizzate e geometrizzate, secondo schemi ricorrenti. Fra queste le tipologie più diffuse furono alcune figure di suonatori. Chi non ricorda il “suonatore di lira”, che è seduto su una sedia e che sembra una realizzazione ben più vicina all’arte prodotta nella nostra epoca, più che un reperto archeologico. Non mancano però le consuete figure femminili, comuni a tutta l’area mediterranea, – vedi le Veneri e i culti legati alla propiziazione della fertilità della terra-, che richiamano la Dea Madre, e con gli attributi femminili sottolineati, pur nella estrema stilizzazione complessiva.
L’arte minoica, perlopiù famosa per la pittura, si ricollega alle realizzazioni fatte ad affresco nel palazzo di Cnosso 1500 a.C. circa-. Punto di collegamento fra l’Europa, l’Egitto e l’Oriente, Creta diviene il centro di un’arte raffinata, che rimanda alla vita di corte. Intorno al 1750 a.C. i palazzi di Cnosso e Festo furono distrutti, forse da un terremoto, e successivamente riedificati. Le pareti interne dei palazzi erano affrescate. Il vivace gusto per le composizioni e i colori, hanno contribuito a dare l’idea di come fosse l’intera civiltà cretese. Da quelle immagini infatti è derivata l’idea di una civiltà felice, allegra, prospera e ottimista. Sull’intonaco bianco spiccano figure eleganti, di profilo, diversi per atteggiamento e postura e i colori sono l’ocra, il rosso, l’azzurro; le linee disegnate in modo libero e sinuoso, denotano sicurezza e libertà espressiva.
La descrizione di particolari naturalistici, realizzati con audace fantasia descrittiva e le notazioni ambientali concorrono a riaffermare l’idea di spensieratezza di questa civiltà.
Famosissimo il “salto del toro”, uno degli affreschi più belli del palazzo di Cnosso rappresenta una tauromachia (dal greco tâuros = toro e mache = lotta), esercizio che consisteva in volteggi che un atleta compiva sulla schiena di un toro lanciato al galoppo, tale descrizione di gioco acrobatico si ricollega al culto del toro (nel toro e nella colomba si riconoscono infatti i principi maschile e femminile. Il toro è simbolo di forza insieme celeste e tellurica ed è anche simbolo di fecondità). L’arte cretese risulta meno monumentale e solenne di quella ad es. Egizia ed i soggetti rappresentati hanno un significato più profano che religioso. L’arte è legata alla decorazione o a scopi pratici: terrecotte e manufatti in metallo hanno valore soprattutto perché costituiscono una merce di scambio.
Al minoico medio risalgono le splendide ceramiche di Kamares con motivo decorativi lineari ispirati al mondo vegetale, caratterizzati da una audace policromia su fondo scuro. Sempre al minoico medio appartiene una fase di bicromia, che porta figure scure su sfondo chiaro. Lo stile è naturalistico –noto il vaso di Gurnià, che riporta con estrema naturalezza di composizione il disegno di un polpo-. Intorno al 1400 a.C. l’invasione da parte degli Achei declina la potenza cretese e si afferma, la supremazia di Micene, che governerà sul territorio del Peloponneso fino al 1100 a.C. circa. A contatto con le popolazioni conquistate, gli Achei, acquisiranno elementi di raffinata cultura e col tempo diventeranno in grado di avventurarsi su rotte anche lontane per commerciare con l’Egitto, con l’Asia minore, con località del Mediterraneo occidentale. Tracce minoiche e achee si sono trovate persino nella Britannia. Possiamo individuare diverse fasi di sviluppo dell’arte micenea.
I reperti fra il XVIII e il XVI secolo a.C. denotano la presenza di una cultura ancora fatta di ceramiche molto semplici, a forma di globo, con fondi rosso lucidi oppure con fondi chiari ed elementari decorazioni rosso brune. Sul finire del XV secolo si afferma lo stile efireo, da Efira, la moderna Korakou presso Corinto, luogo dei ritrovamenti: si tratta di coppe con una decorazione floreale stilizzata. I reperti del secolo XIV a.C. attestano una situazione di benessere del mondo acheo. I motivi della caccia e della guerra prevalgono nella pittura. E’ possibile che parecchie di queste opere si dovessero ad artisti venuti da Creta. Un tema nettamente minoico per esempio si osserva nelle due splendide tazze auree rinvenute in una tomba a tholos di Vaphiò: la cattura e la doma di tori. I manufatti artistici achei utilizzano molto l’oro. A Micene è stata ritrovata una serie di oggetti d’oro fra cui le maschere in lamina d’oro destinate a ricoprire il volto dei sovrani.
Nota l’ipotesi di Schliemann, del volto di Agamennone in una di queste. – Gli scavi di questo straordinario archeologo a Micene risalgono al 1874 – Con la fine del XIV secolo a.C. si nota un ripiegamento, che corrisponde a un declino sul piano politico e militare, in arte si passa a produzioni dal carattere meno articolato e si diffondono ornamentazioni più spiccatamente lineari.