Antonio Biasiucci

Tra i fotografi contemporanei Antonio Biasiucci è quello che possiede uno dei linguaggi maggiormente innovativi. È difficile inserirlo in all’interno di un determinato filone stilistico perché pare averne elaborato uno del tutto personale.
Originario di Dragoni, in provincia di Caserta, figlio di un fotografo specializzato in servizi matrimoniali, da ragazzo Antonio decide di andare a vivere a Napoli per frequentare l’Università. Successivamente riscopre a suo modo l’attività paterna e oggi è uno dei nomi più noti della fotografia contemporanea italiana.
A Napoli paradossalmente riscopre il valore della civiltà contadina e degli spazi aperti che aveva lasciato nella sua Dragoni Prevalentemente dedito alla fotografia antropologica (vedi il ciclo di fotografie dal titolo Ex-voto), rigorosamente in bianco e nero, e per avere interessi per la componente del mondo rurale e contadino, dimostra che queste componenti risultano essere solo un aspetto della sua arte, lo palesano i numerosi cicli fotografici come Magma o Vapori, che mostra splendide immagini tutte realizzate in controluce, per dirne alcuni.
Le forme, nelle foto di Biasiucci sembrano emergere da un nulla, evocato dal colore nero di sfondi difficilmente misurabili. Riguardo il nero lui stesso ha dichiarato: “ho utilizzato il nero come una tavolozza di colori da cui partire, una sorta di nero primigenio” ma il nero deve essere presente per esaltare la luce… Sfrutta le potenzialità dei materiali di rifrangere la luce. “La ricerca assidua della luce– afferma – rimane un mio presupposto fondamentale”.

Uno degli aspetti più straordinari di Biasiucci è il fatto che non ha preso spunto dai grandi fotografi del passato o da determinati personaggi legati necessariamente al mondo della fotografia ma ritiene essere stato il suo maestro un regista di teatro sperimentale, Antonio Neiwiller, scomparso nel ’93. Biasiucci afferma di applicare nella fotografia i metodi teatrali usati da Neiwiller. Torna a volte, a fotografare sempre lo stesso soggetto, quasi ossessivamente finché il dato di partenza perde significato e diventa qualcos’altro. E si può passare “dal nudo al paesaggio o dal paesaggio al nudo” in una sorta di fotografia totale, per cui la ricerca può dirsi conclusa solamente quando, il mistero dell’oggetto, risulta svelato. Ecco perché alcune ricerche Biasiucci non le riterrà mai concluse, come quelle sui Vulcani, le cui verità saranno sempre insondabili perché equiparate a quelle della vita.
Il lavoro sui vulcani nasce dalla collaborazione con l’Osservatorio vesuviano per il quale Biasiucci avvia una ricerca fotografica singolare, tutta incentrata sugli effetti materici desumibili fotografando i vulcani in attività. Successivamente riguardo questa collaborazione avrà modo di dichiarare che questa esperienza, durata un decennio, lo avrebbe fatto riconciliare con la natura.
Alcuni importanti riconoscimenti Biasiucci li ottiene già dal 1992, con il premio “European Kodak Panorama” ad Arles e nel 2005 vince a Roma il premio Bastianelli. Molte opere fotografiche di Biasiucci fanno oggi parte di collezioni permanenti di musei e varie istituzioni culturali come il Centre Méditerranéen de la Photographie, Bibliothèque Nationale di Parigi o il Centre de la Phothographie di Ginevra; la Fondazione Banca del Gottardo di Lugano, la Fondazione Banco di Napoli, e il PAN-Palazzo delle Arti, Napoli, per dirne alcuni.