Il ruolo della fotografia di paesaggio nelle campagne fotografiche di documentazione


Paesaggio siciliano
Paesaggio siciliano

Quale ruolo oggi per la fotografia di paesaggio nelle campagne fotografiche di documentazione? Quale il significato mantenuto da essa rispetto alle storiche campagne di documentazione che si sono svolte in passato? Per rispondere a questo è necessario prima di tutto osservare la principale differenza concettuale che l’oggetto della fotografia di paesaggio, il territorio,  presenta oggi rispetto ad un recente passato. Di conseguenza si potrà cogliere l’atteggiamento con il quale il fotografo, il cui ruolo interpretativo oggi viene ampiamente riconosciuto, affronta l’oggetto della sua personale interpretazione. Quello che si chiedeva ieri, di fissare la bellezza naturale del paesaggio o di documentare attraverso la fotografia una realtà minacciata da cambiamenti incontrollabili, fissando attraverso l’obiettivo della macchina fotografica i mutamenti in atto, è adesso superato dalla chiara volontà di tentare di fotografare il mutamento stesso, di coglierne cioè attraverso le trasformazioni, le ragioni, l’essenza, la direzione. Alla fotografia si chiede di più: non solo documentazione, ma “rivelazione”. Non solo l’espressione di una realtà, vera pur essendo interpretata, ma le condizioni che hanno determinato questa realtà. Come se da un ritratto di un uomo, si volesse capire dove ha deciso di andare.

La fotografia di paesaggi, naturali o urbani, si riferì in origine al vedutismo statico del Guardi del Canaletto o di van Wittel. Anche se tale tipo di fotografia è oggi preziosissima per l’averci tramandato la forma di interi paesaggi o tessuti edilizi scomparsi, è innegabile che solo con la prima guerra mondiale e con l’urgenza di documentare le distruzioni operate dalla guerra, la fotografia di paesaggio cominciò ad essere più immediata e più tendente a rappresentare il punto di vista dell’operatore. È anche grazie alla fotografia che, in questi ultimi decenni, si è maturata la consapevolezza della complessità del paesaggio. I grandi interpreti che hanno agito in tal senso, come Ghirri, Jodice, Basilico, Chiaramonte, per dirne alcuni, fanno già parte della storia della fotografia contemporanea. E’ giusto a tal punto indicare per grandi linee quale è stata l’evoluzione storica del fenomeno “documentazione fotografica” dall’Ottocento ad oggi, per comprendere che dietro a questa realtà esiste una tradizione di notevole peso storico-culturale.
Risale al 1850 la “Mission Heliographique”, voluta dalla Commissione Francese dei Monumenti storici, della Administration des Beaux Arts, per attuare una catalogazione delle bellezze monumentali della Francia. In quel periodo, anche organismi americani come il “Bureau of Topographical Engineers” o il “Geological Exploration of the Fourtieth parallel” commissionarono a fotografi come Russell, Jackson o Watkins una serie di immagini sul paesaggio naturale dell’Ovest. Tra le esperienze che fecero scuola si pone quella che venne commissionata dalla Farm Security Administration nel 1935, che si riferì non solo alle bellezze del paesaggio, ma anche ad aspetti critici dello stesso come la siccità, la crisi delle aree agricole, le cattive condizioni abitative di certi centri rurali.
Oltre a queste campagne relative a grandi progetti, si deve ricordare l’opera individuale, ma non per questo di minore portata, di Atget a Parigi. Atget, propose una serie interminabile di immagini che ritraevano la sua Parigi e il paesaggio naturale circostante la città.
In Italia non possiamo non citare l’opera svolta con sistematica compiutezza dagli Alinari, nati nel 1852. Infine, per il valore documentario legato anche ad un periodo storico in cui la fotografia divenne strumento di propaganda politica, citiamo l’opera dell’Istituto Luce, fondato nel 1922 e utilizzato per le campagne propagandistiche di Mussolini dal 1933.
Nel dopoguerra avviene lentamente la svolta, il fotografo diventa autore, se ne riconosce prima di tutto un preciso ruolo, successivamente si valorizza la portata artistica di certe produzioni, che come opere singole sia come opere nel loro insieme. In questo periodo si moltiplicano le iniziative che conducono a campagne fotografiche, sia a fini di propaganda turistica che a fini più prettamente documentativi delle località italiane. Gruppi di fotografi o artisti isolati, realizzano opere fotografiche in cui danno libero sfogo alle proprie interpretazioni.
Tra le innumerevoli esperienze possiamo citare a titolo di esempio, l’esperienza portata avanti dall’Assessorato turismo della Regione Siciliana con la Rivista “Sicilia” dove i vari articoli che si presentavano sulle particolarità culturali e artistiche dell’Isola, erano affiancati da immagini fotografiche di indiscussa bellezza ad opera di vari autori, che come ad esempio Melo Minnella, si sono successivamente affermati come artisti nel loro campo. Nel periodo che va dagli anni ’70 agli anni ’80 ha inizio anche il fenomeno che vede il moltiplicarsi delle mostre fotografiche e dei volumi di raccolta di immagini per temi o per autori. Si moltiplicano le campagne fotografiche e questo avviene grazie ad iniziative personali o anche attraverso la committenza da parte di Regioni, Province o anche piccole comunità che desiderano avere una completa rappresentazione del proprio territorio. Se svincolata da un preciso orientamento documentativo di tipo istituzionale, la fotografia di questo periodo si orienta ad un più maturo e riflessivo accostamento nella rappresentazione dei paesaggi.
Emergono nel panorama artistico nomi come quello di Ghirri, Guidi, Cresci, Jodice o Chiaramonte. Nel 1984 è la “Mission Photographique de la Datar” a rappresentare una delle campagne fotografiche più imponenti a livello europeo; promotore ne è lo stato francese. Tale progetto vede in campo fotografi come Doisneau, Hers, Koudelka  e l’italiano G. Basilico insieme ad altri meno noti, a rappresentare per la prima volta in un disegno fotografico complessivo, il territorio urbanizzato e no,  nei suoi vari aspetti. La fotografia affronta anche gli aspetti meno belli ma più veri delle varie realtà territoriali. Guarda alle periferie, ai territori sconnessi, stravolti, interpreta cogliendoli i primi segni di un mutamento, che oggi, a distanza di venti anni riusciamo a comprendere nelle loro dinamiche proprio grazie a quelle immagini. Allora, sia che questi lavori abbiano avuto un taglio poetico, surreale o documentativo emerge il valore aggiunto di avere fissato una realtà che oggi è mutata, e che grazie a queste opere, collettive o individuali, facenti parte di progetti o di una esigenza artistica personale dell’autore, possiamo ricostruire nella sua storia e in termini di evoluzione.