Net Art

La net art, (o new screen art, computer art, web art, Ascii art, Software art, Form art) comprende forme d’arte nate e cresciute sul Web. Riguarda l’utilizzo di Internet non come mezzo di diffusione dell’opera artistica ma di creazione artistica. Da non confondere dunque con l’art on the web, che utilizza invece internet semplicemente come mezzo di distribuzione delle informazioni.
La parola net-art, nata nel 1995 ad opera di Vuk Cosic, nasce proprio per sottolineare la distinzione tra le forme d’arte che fanno parte del web da quelle che se ne servono per la loro diffusione. Alexei Shulgin, uno dei pionieri della net.art, sostiene che l’arte in rete è solo “documentazione di arte che non viene creata in rete, ma al di fuori di essa e, in termini di contenuto, non vi stabilisce alcuna relazione“, la net.art invece “funziona solo in rete e prende la rete o il mito della rete come tema”. Nella Introduzione alla net.art dello stesso Shulgin e di Natalie Bookchin del 1999 si legge: “la Net.art è un termine autoreferenziale creato da un pezzo di software malfunzionante, originariamente utilizzato per descrivere un’attività estetica e comunicativa su Internet“.

La net art è un fenomeno recente, ma si può parlare già della sua storia, delle sue origini ed evoluzioni. Muove dalle avanguardie storiche da cui trae spunto per realizzare opere che contemplano non più solo oggetti, ma l’intero mondo del web che viene ora trattato come un vero e proprio ready-made da manipolare. All’interno si muovono esperienze come quelle di artisti che, come proponeva già Duchamp, non mirano alla creazione di oggetti estetici ma ad attivare operazioni culturali. Esemplificative in tal senso le opere che sollecitano il dibattito su problematiche riguardanti i concetti di privacy o copyright inerenti la comunicazione di massa o le azioni legate a sovvertire in maniera ironica la seriosità della tecnologia mostrando ciò che sta dietro il desktop, cioè il “rovescio” del PC.

Al tema del dibattito sono legate alcune manifestazioni che si pongono all’origine del fenomeno net-art: Nettime, una Mailing-list nata a Venezia per iniziativa di Pit Schultz e Geert Lovink, ospiterà tra il 1995 e il 1998 alcune importantissime discussioni relative agli intenti ed al rapporto istituzioni e arte in Rete. “Attraverso l’uso di mailing list e newsgroup si è formato un vitalissimo micro-sistema completamente svincolato dagli ambienti dell’arte tradizionale: un ambiente con un suo pubblico, una sua attività critica, i suoi luoghi di scambio e discussione” (V. Tanni).   

Sempre alle origini del fenomeno troviamo Joan Heemskerk e Dirk Paesmans che fondano il sito www.jodi.org …“Il nostro lavoro proviene da un computer, non da una nazione. Può sembrare romantico, ma esiste una cittadinanza del cyberspazio” sostengono. Jodi, è l’acronimo che deriva dalle iniziali dei due nomi degli artisti universalmente considerati pionieri dell’arte in rete, ed è senza dubbio una delle prime e più riuscite esperienze di lavori artistici fruibili on line. Gli artisti che dal 1995 gestiscono il progetto Jodi, hanno al loro attivo anche la vincita del Webby Award nel 1988 e la partecipazione a Documenta x. Ed è proprio Documenta X che nel 1997 suggella l’ingresso del fenomeno net-art nel vasto panorama dell’arte contemporanea. Da quel momento la net-art comincerà ad entrare negli interessi dei circuiti museali statunitensi che ne permetteranno alcuni sconfinamenti dalla rete. In poco tempo il fenomeno si espanderà in modo esponenziale e coinvolgerà un numero elevatissimo di soggetti che non saranno solo artisti ma anche scrittori, programmatori, hacker, attivisti ecc…

Ma quali sono i contenuti di un’opera di net-art? Infiniti… se pensiamo che la Net.Art può presentare senza limitazioni ogni cosa che sia legata concettualmente all’opera intellettuale dell’uomo, trasformando in evento l’atto comunicativo stesso.

La mostra svoltasi alla Galleria sala 1 a Roma nel 2002, dal titolo “netizens”, rappresenta un evento importantissimo in Italia per la conoscenza della net-art. Valentina Tanni, organizzatrice della mostra dichiarava di Netizens:” Non solo una mostra di Net Art, ma una mostra sulla Net Art. Le opere che ho scelto sono molto diverse tra loro, per temi e tecniche utilizzate: animazioni interattive, software generativi, videogame modificati e… quadri ad olio. Non tutte sono collegate alla rete, ma tutte nascono dalla sua culla, parlano delle sue connessioni, delle sue immagini, del suo linguaggio”. La mostra presenterà ad un più vasto pubblico siti come il già citato www.jodi.org. Il primo impatto che si ha entrando nel sito è di disorientamento. Si potranno vedere ammassi di codici incomprensibili, caratteri apparentemente senza senso e parti cliccabili che rimandano a pagine definibili come una serie di binari morti. Si vuole mostrare, attraverso l’incomprensibilità della visualizzazione delle pagine del puro codice sorgente, grezzo, destrutturato, il ruolo fondamentale che esso svolge e la facoltà del tutto innovativa del browser di visualizzare il contenuto remoto alla dimensione della pagina. Ci costringono così a prendere confidenza con il “rovescio” della tecnologia, ed a mettere in discussione il suo codice strutturale oppure modificare Il meccanismo soggiacente alla rete. Ciò per rendere palese alla coscienza dell’utente l’esistenza di vie alternative ad ogni scelta di contenuti, di presentazione, di informazione e di navigazione. Untitled-game, opera proposta, è una collezione di versioni modificate del videogioco Quake.
Sostiene Valentina Tanni a proposito di Jodi.org: “L’obiettivo dei due sembra quello di sovvertire tutti i criteri di compilazione delle pagine Web; la loro home page è infatti quanto di più lontano si possa immaginare da un sito informativo: non è utile e non è user-friendly. Joan e Dirk dichiarano di voler contrastare la seriosità della tecnologia, soprattutto l’edulcorato ottimismo dell’high-tech corporativo ed è per questo che i caratteri e l’impostazione generale del sito ricordano chiaramente i PC di prima generazione (ricordate i caratteri verdi su fondo nero?)”. I due net-artisti sono stati spesso accostati agli hackers e ma il loro progetto non ha attinenze con sabotaggi di tipo telematico… Come sostiene Gianni Romano, in Artscape. Panorama dell’arte in Rete: “Jodi.org annulla l’informazione riproducendo un ammasso di dati senza senso (la burocrazia dell’informazione), che rimandano soltanto ad altri dati ugualmente inutili (autoreferenzialità), facendoci dubitare della presunta utilità pubblica della Rete, delle sue capacità d’interazione. Jodi pone il dubbio sul reale grado di informazione e interazione che la Rete sembra proporre ai propri abitanti, sviscera i bug esistenziali di molti progetti pensati per il web la cui missione fallisce in profondità, laddove non viene sfruttata la risorsa principale dell’ambiente e cioè la fluidità del codice e si finisce per ripiegare su forme che di originale hanno poco e anzi sembrano ricalcare in tutto e per tutto le dinamiche di presentazione della cultura tipografica. Tuttavia, dopo aver posto in essere questa fase di decostruzione, vengono poste le premesse anche di una successiva fase costruttiva: Jodi riduce a zero l’informazione e nel contempo massimizza la comunicazione. Il messaggio che l’opera lancia nella Rete è dirompente e rivela, quasi scostando un velo d’abitudine presente da lungo tempo“come il momento di maggiore comunicazione e interazione risieda nel codice e nelle sue potenzialità creative”.
 Altri autori presenti alla mostra Netizens, gli italiani Limiteazero che usano in Active Metaphore il flusso di dati che scorre su una rete come materia prima grezza per le loro riflessioni sul tema dell’interfaccia, Carlo Zanni che aggiunge alla sperimentazione net-art l’attività di pittore o Elout De Kok che visualizza la metafora della città telematica servendosi di un’animazione interattiva; Un’altra importante esperienza italiana è offerta dal sito www.thething.it. The Thing è una rete condivisa,…un “nodo” che sfrutta la potenza dell’open publishing e dove ogni fruitore può pubblicare un’articolo filtrato dalla redazione. Marco Deseriis e Giuseppe Marano, autori del libro “Net. art. L’arte della connessione” ne sono i co-fondatori. Conosciuti al mondo dei Netizens con gli pseudonimi di Snafu e Subjesus sostengono:” La net.art per noi è soprattutto un connettore, un neurone, un sintagma tra i miliardi di oggetti inerti di cui è fatta la Rete. È la possibilità di trasformare la banale esperienza della navigazione in una narrazione in cui i personaggi e gli autori ridisegnano continuamente i sentieri su cui camminano”. Il libro, che individua nella manipolazione dei flussi informativi nell’estetica del macchinico e nel gioco identitario i filoni principali della net.art, presenta alcuni esempi di net.art intesa come artivism (art+activism), hacktivism (hacking+activism) e comunicazione-guerrilla.

Altri artisti di respiro internazionale sono gli 01001011101010.org (dalla sigla che fa esplicito riferimento al codice binario); negli eventi artistici a volte compaiono combinazioni di loro sempre diverse. Si mostrano infatti in coppia oppure in tre; a volte una donna e un uomo a volte due uomini e tutti apparentemente molto giovani e vestiti completamente di nero. Amano mantenere l’anonimato. Il loro progetto, che si configura come uno dei più originali, si basa sulla messa in discussione del concetto di interattività tra autore e spettatore e sulla battaglia per la libera circolazione dell’informazione e delle idee contro i copyright. Emblematica l’azione da loro compiuta nel 1999, anno in cui si dedicarono al plagio del sito Hell.com, famosa galleria di net.art inaccessibile al pubblico. Gli 0100101110101101.org scaricarono l’intera struttura del sito e la pubblicarono nel proprio, rendendola accessibile a tutti. Il plagio suscitò l’immediata reazione del proprietario che tentò una causa contro di loro senza però ottenere esito favorevole. In una intervista del 2001 per la rivista Tema Celeste che tratta temi d’arte contemporanea, gli 0100101110101101.org affermano che considerano l’arte uno strumento di conflitto sociale che permette di propagare idee politiche camuffandole da intrattenimento e che il loro intento è di utilizzare la propria visibilità per diffondere le loro idee, adoperando una strategia simile a quella del terrorismo ma applicata al sistema culturale.

 Da questi pochi esempi trattati, è possibile capire come questa innovativa pratica artistica accolga in sé numerose esperienze diverse, provenienti da diversi soggetti, impossibili da codificare entro specifici contesti ed ambiti…. La contaminazione dei linguaggi, la sperimentazione che ci porta a considerare gli effetti di un virus informatico ricombinante di Epidemic, o il Digital hijack (dirottamento digitale) come atti creativi, ci spinge verso quella totale rottura degli schemi mentali che mai indurrebbero a incasellare in un ambito specifico il fenomeno net-art.

Elencare alcune costanti del fenomeno è comunque possibile, salvo poi ritornare indietro per dire che sono mutevoli come mutevole è il campo all’interno del quale tali esperienze muovono le loro infinite variabili. Le strade che spesso generano i net-artisti sono continuamente ridefinite e ripercorrere le loro strade virtuali significa a volte perdersi all’interno di una narrazione spezzata che diventa essa stessa esperienza artistica. I progetti in continuo movimento sono vasti ed estensibili e presentano percorsi sempre nuovi.; Ciò perché la net art, si muove in un ambiente velocissimo in cui può essere già storia quello che, parlando tradizionalmente di arte, considereremmo ancora pura attualità. Inoltre la continua evoluzione dei mezzi che sottendono alla creazione di opere net conferiscono a queste forme d’arte uno straordinario carattere di dinamicità per cui è difficile anche se non impossibile delinearne alcune costanti.

Una costante di questo tipo di arte è che l’opera net trova nell’ambiente della rete, la sua collocazione fisico-virtuale. L’esperienza artistica è in continua evoluzione, e dunque perde spesso anche una sua connotazione temporale. L’artista ha bisogno per concretizzare l’esperienza artistica, dello spettatore che, ponendosi come variabile attiva del sistema, determina esso stesso il contenuto dell’opera. Queste forme d’arte anteponendo l’atto comunicativo a quello rappresentativo includono quindi il fruitore dell’opera dentro l’opera stessa….

Un’altra costante è che un individuo o più spesso, un gruppo progetta un sistema che può espandersi nella rete ed essere coinvolgente al punto da determinare un evento artistico. L’artista diventa regista del prodotto digitale, spesso non si tratta infatti del diretto esecutore dell’opera che è realizzata da interventi collettivi in cui gli autori si aggregano, costituiscono dei gruppi, eleggono a loro sede i siti internet da loro direttamente gestiti.. L’identità del singolo autore è così spesso annullata in favore di una identità collettiva che si allarga fino a comprendere la catena dei fruitori del progetto, così l’atto creativo si svincola dall’autore, che a volte è un mero assemblatore, e dal messaggio di cui non si fa più nemmeno interprete, di cui a volte non è neanche portatore, essendo a volte tali operazioni volutamente prive di senso. L’opera mira ad estendere i propri confini non solo oltre le dimensioni di un supporto, ma anche oltre i confini della percezione umana stessa, offrendo allo spettatore immagini svicolate dai tradizionali campi percettivi e travolgendolo attraverso nuove esperienze sensoriali. Il contenuto dell’esperienza net-art risiede nell’atto comunicativo stesso ed il protagonista è il fruitore, senza il quale l’espressione artistica rimane lettera morta indipendentemente dall’esistenza del messaggio.

Con l’arte della connessione ci troviamo per la prima volta dinnanzi ad un fenomeno di identificazione dell’opera con il luogo in cui si forma e con l’atto stesso della sua fruizione. Se la Net-art è una espressione artistica che alla rappresentazione antepone l’elemento comunicativo, è net-art qualsiasi cosa riesca a configurarsi come evento all’interno della rete.

Il ragazzo che mette in rete attraverso la webcam un video di se stesso che si muove al ritmo di “Dragostea din tei” e che con questo gesto sfonda la rete per approdare nei più comuni sistemi di comunicazione di massa (la sua immagine è stata recentemente trasmessa da quasi tutti i più famosi networks del mondo) è un esempio della potenza comunicativa di queste nuove modalità espressive, che, indipendentemente dal loro contenuto o dal messaggio che viaggia insieme a loro, possono essere identificate con il loro fine ultimo: l’atto del comunicare.

Queste riflessioni sul tema net-art, sono state presentate dal sito FotoArteArchitettura per meglio comprendere i linguaggi offerti dal panorama artistico contemporaneo, fatto di continue reciproche contaminazioni, sperimentazioni, decostruzioni e fantastic-azioni operate dai net-artisti.