Arte digitale e trasmissibilità
Le forme d’arte sviluppatesi con il supporto di tecnologie computerizzate hanno iniziato il loro cammino evolutivo circa trenta anni fa; le prime esperienze mostravano una presenza dell’elemento video (videoarte), successivamente con l’introduzione di vari sistemi di interattività, il visitatore prima semplice spettatore, è stato via via maggiormente coinvolto fino a diventare, nelle tendenze più recenti, parte stessa dell’opera (video installazioni interattive).
La new media art, computer art o arte digitale, ci affascina per i contenuti innovativi di cui è portatrice, ma nello stesso tempo ci riempie di domande sull’intrinseco valore delle opere prodotte e sulla attribuzione per esse di uno specifico valore di mercato. Inoltre ci costringe ad interrogarci sulla influenza che questo tipo di forma artistica può esercitare sulle opere d’arte tradizionalmente intese.
Infatti la portata rivoluzionaria di questi fenomeni artistici, che vanno tutti sotto la comune etichetta di arti elettroniche, è enorme come lo sconvolgimento che il computer ed internet hanno già portato all’interno della nostra società.
Oggi, attraverso la tecnologia, siamo in grado di comunicare in tempo reale con persone dovunque esse si trovino, trasmettiamo immagini senza limiti di tempo e di spazio e possiamo modificare un oggetto a migliaia di chilometri di distanza interagendo in un ambiente attraverso il computer; siamo insomma contemporaneamente immersi in diverse realtà e culture, e tutto ciò lo facciamo in maniera estremamente fluida e veloce. Nell’era della riproducibilità, anche genetica, ci chiediamo se ha ancora senso legare il valore di mercato di un opera esclusivamente alla sua caratteristica di unicità e quindi al valore che si può ad essa attribuire relativamente al possesso esclusivo o alla sua limitazione. Molti autori di opere di grafica computerizzata si sono impegnati ad una “tiratura limitata” delle proprie opere con l’intento di stabilirne un valore di mercato in relazione alla limitata duplicazione delle stesse, (evidentemente ciò presuppone la distruzione del file originale contenente l’opera).
E’ opportuno riflettere sul fatto che però le opere di grafica realizzate al computer, e quindi indefinitamente replicabili con una semplice operazione di duplicazione del file, hanno un valore che risiede piuttosto nel loro essere espandibili in tutta la rete telematica che non in quello di essere scarsamente disponibili in numero di copie… Per esse è quindi impossibile utilizzare criteri di valutazione simili a quelli delle opere tradizionali di tipo materico-visivo.
E’ opportuno trovare invece altri criteri di valutazione per queste forme d’arte che proprio in questi ultimi anni si stanno diffondendo ed evolvendo ulteriormente grazie alla maggiore accessibilità in termini economici dei mezzi che ne consentono la produzione e la diffusione. Sempre più numerosi sono infatti gli artisti di strada telematica, che propongono su internet, attraverso i più svariati canali, le loro opere. Il più delle volte esse vengono offerte gratuitamente al pubblico perché “scaricabili” direttamente dal computer.
Sono stati espressi dei giudizi che mirano a stroncare una parte della produzione grafica diffusa su internet, giudicandola priva di valore artistico. Tentare oggi di dare dei giudizi di qualsiasi tipo alle singole opere prodotte all’interno di questo fenomeno è invece un errore.
A chi non è capitato di vedere una di quelle immagini composte da innumerevoli fotografie che, accostate fra loro e usate come punti di colore, concorrono a formare il soggetto rappresentato dall’immagine complessiva? Ecco, adesso è come se nei riguardi del fenomeno dell’arte digitale in rete, noi ci trovassimo in una posizione di osservazione troppo vicina che non ci consente di vedere il disegno complessivo ma soltanto le singole immagini che contribuiscono a comporlo, e tentiamo di dare un giudizio ad ognuna di esse, senza tenere conto che in realtà il loro valore sta nell’insieme e non nel particolare.
Bisogna prendere coscienza che si sta assistendo ad un capovolgimento che interessa gli elementi stessi della questione artistica e cioè: l’opera, il suo autore e il fruitore. Prima un opera artistica veniva realizzata da un individuo, aveva una committenza e veniva esposta ad una fruizione collettiva.
Adesso, come nel caso dell’arte elettronica, le opere vengono realizzate prevalentemente da gruppi, mancano di una ben definita committenza e vengono esposte ad alla fruizione soggettiva dell’uomo davanti al computer; anche nel caso delle video-istallazioni interattive realizzate per un pubblico di un museo, la fruizione dell’opera è esercitata da un singolo individuo che attraverso l’interattività si relaziona con essa in modo soggettivo.
Inoltre, ci si domanda se l’atto creatore è sempre anteriore all’opera e se è così di quanto. Di quel tanto che basta a fare mediare l’atto creativo dalla ragione, oppure la velocità di esecuzione è tale da fare escludere questo passaggio? In questo caso le immagini create risponderebbero di più ad un istintivo moto dell’anima e ciò sposterebbe la comunicazione a livelli diversi, inconsci. Del resto l’applicazione della grafica computerizzata all’ambito di ricerche che studiano i processi mentali degli esseri umani e della psicoterapia non è neanche una novità.
Concludendo, per giungere ad una valutazione delle opere digitali i termini tradizionali di giudizio, bisogna prendere in considerazione come valore la loro espandibilità nella rete e le tante varianti che le opere stesse contengono in sé in termini di potenziale di trasformazione. Se infatti il valore dell’opera priva di fisicità, sta tutto nella forza attrattiva dell’immagine, nel potenziale esprimibile e nel messaggio, esplicito o subliminale che sia, il fatto di essere riproducibile e di raggiungere un numero elevatissimo di soggetti attraverso la sua trasmissibilità, ne amplifica il valore, invece che ridurlo.