Architetture e nuove connettività

Cosa emerge oggi dal panorama mondiale (o globale?) delle varie tendenze architettoniche. Cosa determina questi linguaggi strutturati e destrutturati, articolati e disarticolanti che a volte sembrano attenti alle specifiche realtà locali, a volte in aperta dissonanza con esse. In che modo si è evoluto il rapporto con la committenza. Infine, in che modo oggi l’architettura si relaziona al mondo delle arti, (ivi comprese quelle fotografiche) e ne apprende metodi, stili, occasioni di ispirazione. Cercare di fornire una risposta a questi interrogativi non è facile perché ci riferiamo a una realtà, in continuo evolversi verso nuove forme e nuovi concetti, in perfetta sintonia con i ritmi di vita che oggi la società ci propone di vivere.
Così si parla di dinamica dei flussi, di trasparenze, di apparenze, di disarmonia e nuove connettività, di globalizzazione dell’architettura e di oggetto architettonico come frutto di pura espressione artistica. Io credo piuttosto, che dietro l’architettura vi sia sempre un progetto, che può, come spesso accade, seguire un intento puramente artistico, ma solo all’inizio. Poi l’idea si trasforma in un lavoro, eseguito sul controllo delle forme per un corretto funzionamento. Eseguito in cantiere affinché ogni dettaglio, sia esso fatto di marmo o di incidenza della luce, sia perfettamente calibrato. Affinché si possa pervenire ad un risultato concreto, materialmente dosato e compatibile con le sacrosante leggi di gravità.
Architettura è infatti arte, ma anche e soprattutto mestiere. Indubbiamente alcuni fattori intervengono, rispetto al passato, a determinare il nuovo modo di fare architettura. Fra questi ad esempio le nuove modalità di disegno e di calcolo strutturale che, attraverso l’utilizzo di specifici software, hanno determinato una spinta verso soluzioni tecnologicamente più ardite, ma anche una mutata sensibilità nei confronti dell’ambiente naturale, il cui precario equilibrio in alcuni contesti, spinge verso la ricerca della “soluzione compatibile”.
La esigenza di velocità di percorrenza degli spazi, che porta a nuovi modi di strutturare le linearità e i servizi infrastrutturali. Il continuo confronto con realtà multietniche, che arricchiscono di nuovi richiami le architetture del nostro tempo. Le leggi di mercato, che influenzano anch’esse della committenza, pubblica o privata, orientandole verso selezioni di progetti capaci di poter garantire un ritorno economico delle spese sostenute per la realizzazione dell’opera, e quindi in qualche caso verso progetti anche sensazionalistici; (Nulla di sbagliato in questo se si offre l’occasione ai grandi architetti di esprimersi, tutto di sbagliato invece se si genererà una tendenza a voler partire solo da determinati presupposti, come quelli di attirare pubblico, di fare spettacolo. Perché lo spettacolo passa, si lascia manipolare dalle mode, l’architettura è destinata a restare per lungo tempo, anche se non in eterno, e a confrontarsi con quel luogo anche quando la moda del momento si sarà estinta).

paesaggio
paesaggio

Altro fattore, determinante è senza dubbio quello relativo all’attuale ruolo assunto dal territorio, e nella fattispecie dal sistema di reti che in esso determina nuovi flussi dinamici vibranti. Lo sviluppo delle nuove politiche territoriali ha generato dibattiti circa le problematiche di compatibilità degli interventi di carattere architettonico, che in esso -e per esso-, sono destinati ad essere realizzati. Innanzitutto, si registra una variazione del tradizionale concetto di relazione spazio-oggetto, dal momento che adesso, il singolo intervento deve porsi in un rapporto dialettico con il sistema di reti territoriali presenti, non potendosi esaurire con quello di una diretta configurazione di relazioni con l’intorno immediato. Si deve tendere pertanto ad attuare il coinvolgimento di altre dimensioni, come ad es. quella temporale.
Il progetto deve potere confrontarsi con parametri a-dimensionali, che oggi giocano un ruolo fondamentale, che si è assunto relativamente alle velocità con cui ci si rapporta con gli spazi e i mezzi di comunicazione, (siano essi intesi come le tradizionali infrastrutture dei trasporti o come le nuove strade telematiche). Lo spazio/luogo e l’uomo/architettura sono quindi sempre indissolubilmente legati tra di loro, ma non più nel senso classico del termine. Perché le innovazioni in campo tecnologico hanno determinato nuove interconnessioni che, inevitabilmente, si ripercuotono nel modo con cui oggi l’uomo si relaziona con la dimensione spazio-temporale e quindi anche con il territorio dell’architettura.
A questo punto la geometria e lo studio della storia, offrono all’uomo contemporaneo uno strumento con il quale egli sente di poter dominare lo spazio; ecco perché ritorna prepotente l’esigenza di identità, intesa come recupero delle proprie radici territoriali, e della geometria, come necessario strumento di dominio dello spazio –architettonico e territoriale- della non-determinazione. Anche se i due concetti potrebbero sembrare in antitesi, all’interno di questa nuova logica delle reti, dei flussi dinamici e delle interconnessioni, la geometria, intesa anche come schematizzazione o suddivisione in comparti, ricopre un ruolo di fondamentale importanza, poiché consente al processo mentale di intervenire nella complessità delle dinamiche territoriali e farne oggetto di studio, alterandolo in scomposizioni a volte puramente metafisiche, ma che rendono il territorio una entità suscettibile di progetto. Tutti questi fattori, insieme a quelli direttamente desunti dal clima culturale che investe i linguaggi espressivi nella loro totalità, contribuiscono a determinare gli elementi da cui partono i presupposti dell’arte di costruire del contemporaneo.
Ma a carico di chi, questa nuova progettualità? Sappiamo che la nuova generazione di architetti e pianificatori è quella che fuoriesce dalla cosiddetta “rivoluzione digitale”. Essi hanno posto all’ostracismo concetti come zoning o standardizzazione ed hanno assunto nei confronti della tecnologia atteggiamenti discordanti, di rifiuto o di fiducia, ma mai di palese acriticità. Guardano all’età dell’elettronica come ad una opportunità ma anche come a un elemento che presenta problematiche da affrontare, nella difficile declinazione di nuove complessità.
Comprendere allora cosa esprime l’architettura a noi contemporanea, può significare anche capire da quali fattori e/o attori provengono gli stimoli introdotti nel progetto delle complessità e quali condizionamenti culturali sono stati determinanti per la formazione di chi, a vario titolo, è chiamato a progettare, intervenire, modificare lo spazio dell’uomo contemporaneo.
Un aiuto, a tal proposito, senz’altro può giungere dalla osservazione di quanto si è sempre espresso in termini di rapporto con il settore delle arti figurative.

madonie
madonie

La storia ci insegna che l’arte nei secoli si è molte volte posta in stretto rapporto con la committenza, pubblica o privata. Indubbiamente, le varie personalità che si sono imposte in campo hanno veicolato con il loro genio creativo, in molti casi, la produzione dell’opera in un senso o in un altro, raggiungendo lo scopo da loro voluto e da altri atteso. Fino ad un certo periodo, l’arte è stata spesso posta “a servizio” di una classe politica emergente, di un pensiero collettivo o individuale, derivando o armonizzando i suoi contenuti dal e al periodo storico. L’architettura ha seguito lo stesso percorso.
Ad un certo punto, a partire dalla II metà dell’Ottocento circa, si impone maggiormente la volontà artistica isolata, o anche di alcuni gruppi di artisti che, seguendo analoghe tendenze si svincolano sempre più dai condizionamenti della committenza e vogliono un’arte in cui potere dare liberamente sfogo alle proprie idee. L’esigenza di libertà espressiva diviene tale da giungere a rifiutare anche il vincolo dei tradizionali supporti e strumenti. Si cercano nuove tecniche, si mescolano quelle tradizionali in una costante ricerca di nuovi mezzi e linguaggi. Poi l’artista rifiuta anche la mediazione ragionata del suo stesso pensiero, e con il “gesto” raggiunge il modo di esprimersi fulmineamente, oppure vuole lasciare che il suo inconscio prevalga e realizza opere che stanno a metà tra i sogni e la realtà.
E’ sempre in qualche modo condizionato dal succedersi degli eventi storici, anche se in qualche caso tenterà una fuga, ideale o materiale, anche da essi. Il rapporto con la committenza, in molti casi, non esiste più. L’architettura vuole in un certo momento seguire un percorso analogo. L’architetto propone così opere esemplificative del suo personale linguaggio, (sia che tendano o no, ad inserirsi nel contesto) e si svincola a volte, quanto più può dai rigidi dettami di una committenza. Tuttavia, è sbagliato pensare che, anche in questi casi, l’architettura abbia potuto agire in un campo del tutto avulso dalle specifiche esigenze umane. Questo perché, anche in assenza di ingerenze da parte di una committenza specifica, a vincolare l’architetto, se non è il contesto nel quale pone l’opera, è il fatto che tale opera nasce per essere utilizzata dall’uomo.
Inoltre il luogo, non è mai assimilabile ad una tela bianca e, mentre l’opera di un pittore può essere apprezzata in sé, l’opera architettonica è sempre inesorabilmente valutata rispetto al contesto nel quale è inserita e dalle persone che saranno chiamate a utilizzarla. Ecco perché entra i gioco il concetto di funzione. Perché chi usa una architettura deve essere messo in condizione di poterla usare in un modo perlopiù rispondente al compito che quella architettura è chiamata ad assolvere.
Per questa ragione è importante rispettare quanto più possibile la tipologia architettonica, la rispondenza con il contesto e le odierne esigenze di tipo ecologico-ambientale. In questo sta la necessaria differenza tra l’architettura e le altre modalità di espressione artistica. L’architettura è un’arte, e deve poter dare emozioni, ma è un’arte che non può essere del tutto svincolata da certi punti di riferimento, che sono il contesto (inteso come socio-culturale e ambientale) e la sua funzione. All’interno di queste due parentesi, (che non chiudono alla libera espressione ma si inseriscono in un discorso, semplicemente staccando quel tanto che consente di definire specifici elementi), l’architettura può continuare ad esprimersi nelle forme che si ritiene possano essere le più aderenti alla consistenza del nostro tempo, sia essa quella della mutevolezza veloce o della sosta, dell’armonia o del contrasto, della trasparenza o della esigenza di forte materialità.