Carretto Siciliano

Il carretto siciliano è diventato un po’ il simbolo della Sicilia nel mondo. Forse per i suoi colori, che ricordano quelli del sole, forse perché ricordano quella attitudine, tutta siciliana, di attribuire molta importanza al proprio mezzo di trasporto… Ancora oggi possiamo incontrare delle semplici vetture motorizzate da piccolo trasporto, decorate ed abbellite proprio come dei carretti siciliani! Le motivazioni, che spinsero a creare il “carretto siciliano” sono quindi ancora vive in una parte della popolazione, perché esso fa parte della identità isolana. Il carretto siciliano è quindi associabile nell’immaginario collettivo alla Sicilia perché non ne esprime solamente un elemento di folklore, ma ne esemplifica un carattere.
Il carretto, è ricco di decorazioni …il legno di cui è fatto diventa mezzo espressivo attraverso i dipinti che ne invadono letteralmente la forma e che raccontano, quelle pagine di storia della Sicilia, rimaste più impresse nella memoria popolare e riportano spesso raffigurazioni sacre. Il legno in realtà era di diverse qualità in relazione al pezzo da realizzare: frassino, noce ed abete, na anche faggio ed olmo.

Oggi la costruzione dei carretti e l’esecuzione dei caratteristici dipinti è continuata con passione solo da pochi maestri “carradori” (carrozzieri), che hanno deciso di trasmettere alle future generazioni l’arte di costruire i carretti, insegnando in alcune scuole per far sì che questa forma d’arte non muoia con loro.
I tipi di carretto siciliano sono essenzialmente quattro e differiscono tra loro per alcuni particolari. Il tipo Palermitano; il tipo Trapanese con delle ruote più grandi, quello di Castelvetrano e ed infine quello Catanese, di dimensioni generalmente più piccole. Il carretto si può definire un’opera d’arte collettiva, in quanto diverse figure contribuivano a realizzarlo. La costruzione e la scultura di alcuni pezzi del carro erano prerogativa dei mastri d’ascia – che potevano essere mastri d’ascia di opera grossa e di opera fina, ossia gli intagliatori-. Le parti in ferro, siano esse di carattere strutturale che ornamentale, erano pertinenza dei fabbri ferrai (‘u firraru). Infine la decorazione eseguita con dipinti era eseguita dai pittori di carretto. Da non trascurare l’apporto di coloro i quali erano preposti alla realizzazione di ricche bardature, come i finimenti ed i pennacchi, che conferiscono al carretto un arricchimento notevole sotto il punto di vista scenografico.

Strutturalmente esso è costituito da la “cassa”, dalle “ruote” e dal piano di carico, o fondo della cassa, formato da tavole di legno montate su dei travetti trasversali. Il piano era circondato da portelli, e  collegato alle “stanghe” che permettevano l’attacco con l’animale che lo trainava. Generalmente trainato da un mulo, poteva essere trainato anche da un asino o da un cavallo. Nella prima metà dell’800, fu avviato un programma che prevedeva la costruzione di strade, come quella denominata: Palermo-Messina Montagne, che giungeva fino a Catania. La dipintura del carretto, oltre ad avere una funzione apotropaica, era demandata anche a proteggere il legno di cui esso era costituito. Il pittore eseguiva le decorazioni stendendo dapprima una mano d’olio sul legno grezzo. Successivamente stendeva uno stucco realizzato a base di creta lipotone e olio di lino, sulle superfici piane e intagliate del carretto. In tal modo le parti erano preparate per essere dipinte e venivano colorate dapprima uniformemente di bianco, e poi di giallo. Il disegno poi veniva generalmente effettuato trasferendolo a ricalco dalla velina. La “figurazione del carretto avveniva con alcuni colori fondamentali: il bianco, il giallo il rosso il blu il verde ed infine il nero che veniva usato per definire i contorni, una volta definita la figurazione.