Eredità immateriali

Il concetto di “Eredità immateriali”, come “l’insieme delle pratiche, rappresentazioni, espressioni, conoscenze e tecniche- nella forma di strumenti, artefatti e luoghi ad essi associati- che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui, riconoscono come parte del loro patrimonio culturale”, ha origine dall’iniziativa dell’UNESCO, che ha intuito l’importanza della centralità di tutela di tutti quei beni di natura effimera costituiti da tradizioni tramandate oralmente, sostenute dalla memoria di pochi anziani, che nell’epoca della globalizzazione, rischiano di scomparire. Tale iniziativa ha dato luogo alla Convenzione dell’Ottobre del 2003, che prevede misure di tutela per le “Eredità immateriali”.
Con l’istituzione del REI, Registro eredità immateriali, secondo DA n.77 del Luglio 2005, la Sicilia provvede a catalogare questo patrimonio riferendosi ai beni definiti dall’UNESCO, e quindi proprio a quell’insieme di “pratiche, rappresentazioni, espressioni, conoscenze e tecniche- nella forma di strumenti, artefatti e luoghi ad essi associati- che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui, riconoscono come parte del loro patrimonio culturale”. Questo “riconoscere” è dunque fondante per definire ciò che rappresenta una “eredità immateriale”, dal momento che, se non vi è più memoria di tale bene, esso non può essere considerato come qualcosa di trasmesso in eredità. Da qui l’importanza di trasmettere, salvare la memoria di questi beni, affinché restino alle future generazioni, in termini di patrimonio da valorizzare e riutilizzare all’interno di contesti nuovi, costituendo, perché no, anche una risorsa economica. La valorizzazione della risorsa culturale in termini di rivalutazione economica di luoghi e contesti, aiuta a preservare la cultura stessa, in un processo che vede il mantenimento delle comunità all’interno dei luoghi d’origine e sostiene la motivazione alla permanenza. La salvaguardia, e anche a volte la vera e propria ripresa di determinati saperi e tradizioni, può originare una inversione di tendenza all’abbandono di determinate aree, che non posseggono al loro interno fattori di sviluppo, se non quelli di matrice socio-culturale.
Molti beni immateriali sono stati già individuati, e si trovano all’interno del “Registro”. Il Registro ha una sua struttura che consente di distinguere le tipologie di beni inseriti. Tale strutturazione prevede quattro libri, e cioè: il libro dei saperi, quello delle celebrazioni, quello delle espressioni e infine il libro dei tesori umani viventi. Naturalmente quello che maggiormente incuriosisce è quello dei “tesori umani viventi”, proprio perché, essendo il registro uno strumento atto a tutelare dalla scomparsa saperi e tradizioni di per se stessi effimeri se tramandati oralmente, a causa della natura stessa dell’essere umano, destinato prima o poi a terminare il suo viaggio terreno, iscrivere individui o gruppi detentori di saperi e abilità che rischiano di perdersi è oltremodo utile. Il Registro infatti individua così i soggetti con i quali collaborare per preservare antiche conoscenze, attivando il processo della loro tutela.
È chiaro che il bagaglio di conoscenze o abilità potrà anche comprendere i saperi, intendendo con essi saperi produttivi e antiche tecniche artigianali, o conoscenze relative a feste e celebrazioni di particolari riti o che potrà riguardare modalità di espressioni linguistiche tradizionali e loro sonorità, ripetendo di fatto il contenuto dei libri precedenti, ma è da considerare che potrà trattarsi anche di cose diverse, come il possedere particolari abilità nell’eseguire giochi con antichi strumenti, nell’esercitare mestieri, o praticare determinati modi di dire o di fare racconti, vocalizzi, poesie… Potrà anche trattarsi della capacità di saper perpetuare antiche usanze, ritualità nel cucinare, o semplicemente nella capacità di snocciolare ricordi di vario tipo legati alla vita quotidiana di una comunità, di un paese o anche di un gruppo familiare, di cui si vuole rendere testimonianza. In detti casi, la tutela del tesoro umano vivente si qualificherà veramente come uno strumento di tutela validissimo, capace di integrare due scopi insieme: quello della tutela e quello della motivazione alla tutela, stimolando nella comunità la consapevolezza dell’importanza di tramandare.