Pasqua in Sicilia

È Pasqua, e ovunque in Sicilia non si può fare a meno di sentirla, in un profumo di fiori appena sbocciati e in quello di un dolce dall’aroma antico, in un tiepido raggio di sole e dal suono di campane a festa. La natura rinasce e con essa si rivive l’evento cristiano più importante: la resurrezione di Gesù Cristo.
Il termine Pasqua significa “passaggio” e si ricollega al termine di origine ebraica Pesah che si riferisce al passaggio del popolo ebraico dallo stato di schiavitù alla liberazione, o anche, al passaggio dell’Angelo sterminatore. La Pasqua Cristiana prende le mosse dalla tradizione dei culti ebraici e la liberazione è esemplificata dalla liberazione dal demonio, che, in Sicilia, viene rappresentato in numerose processioni religiose. Vi è infatti sempre un Angelo che uccide la Morte, o che sconfigge il diavolo, o una Madonna che, liberandosi dalle insegne a lutto svela l’abito azzurro della gioia in un simbolico transito dalla morte alla vita, dallo stato di peccato a quello di Grazia.
Il concetto di passaggio, da cui il temine Pasqua deriva, è tuttavia un concetto anche più antico, che si potrebbe addirittura ricollegare anche ad alcune feste che si celebravano nell’antica Roma, chiamate “Adonie”, che consistevano appunto nella celebrazione del passaggio da una fase di tristezza – espressa da Venere-, ad una fase di gioia – da parte di Venere e dei partecipanti -per il ritrovato Adone, sfuggito alle mani di Proserpina.
Per festeggiare l’evento venivano in tale occasione allestiti i cosiddetti “giardini di Adone” che consistevano in una sorta di piccoli orti simbolici, di cui lontane tracce possiamo ritrovare negli esili germogli di grano, -chiamati dai siciliani i “lavuri” o “lavureddi”- recati dai fedeli ad ornare gli allestimenti dei “Sepolcri” del Giovedì Santo.
Tali piccole pianticelle, rappresentando simbolicamente il ciclo della vita che riprende, segnano il passaggio dall’assopimento dell’inverno alla rinascita della Primavera e quindi ben si collegano al concetto stesso di resurrezione dalla morte. Inoltre i lavureddi, sono spesso omaggi recati dai bimbi, realizzati mettendo insieme, l’uno dopo l’altro i chicchi, ognuno dei quali rappresenta un fioretto fatto per il Signore.
La Pasqua come è noto, non cade sempre lo stesso giorno perché si celebra la prima domenica dopo il primo plenilunio successivo all’equinozio di Primavera, e si svolge sempre tra i limiti temporali del 22 Marzo e 25 Aprile.

palmetta intrecciata

I rituali hanno inizio la “Domenica delle Palme” in cui si celebra l’ingresso di Gesù in Gerusalemme, e durano fino al Lunedì dell’Angelo, in una sequenza a che raggiunge il suo culmine la Domenica di Pasqua, quando si celebrano i riti della Resurrezione. Dalla Domenica delle Palme al Lunedì dell’Angelo, pertanto è tutto un susseguirsi di riti, alcuni dei quali, sono da considerare dei veri e propri eventi culturali ed artistici, oltre che religiosi. Durante la Settimana Santa hanno luogo le varie Processioni che si distinguono l’una dall’altra nelle varie località, poiché tutte posseggono particolarità derivate da antichi retaggi culturali, eredità delle dominazioni prevalenti e dalle conseguenti tradizioni popolari che si sono conservate nei secoli.

Morte e rinascita sono sintetizzati nelle Sacre rappresentazioni, che, nella Settimana Santa quasi ovunque si svolgono. Occorre però saper distinguere le Processioni, che consistono in manifestazioni in cui si fanno sfilare per le vie del paese simulacri generalmente condotti a spalla, dalle Sacre Rappresentazioni, che sono rievocazioni dell’evento svolte da figuranti che “recitano” alcuni episodi salienti come: la lavanda dei piedi, l’ultima cena, il tradimento di Giuda e la cattura di Gesù e, soprattutto, la Passione e Morte di Gesù Cristo. Arte e religiosità, mistero e letizia… Dal mescolarsi di questi elementi nasce la tradizione più vera, più sentita, che partecipa della Passione del Cristo e della totale gioia per la sua Resurrezione.
Ottavio Profeta, noto scrittore della provincia di Enna, in “Sicilia Favola vera” testo edito nel 1952 nel commentare la “Ladata” di Caltanissetta, scriveva: “ Elementi di luce, di suono, di odore (baleni e buio, silenzio cosmico, zagara e agro di zolfo) si intonano in questa gente come realtà fluida compiuta in coscienza umana, che mentre riplasma la natura se ne fa limite e in essa si identifica. Così quando con la primavera torna il mistero e la passione della Croce, ecco il Volto di Cristo tradursi in lancinante coscienza di dolore. (…) quel tradursi in coscienza di dolore che dà respiro tragico all’onda lirico musicale della lauda, non è soltanto di natura religiosa, è analogico; nasce cioè dalla simiglianza tra i termini reali della vita vissuta da questa gente e i motivi del fatto di Cristo”.