Dada e New Dada

Nel 1916 a Zurigo nasce più come una forma di provocazione che come corrente artistica, il movimento Dada, la cui stessa denominazione indica già un orientamento: la parola dada infatti non significa niente. Iniziatori furono Arp, Schwitters, Tzara (poeta), che sostengono che l’opera d’arte deve esprimere ribellione e attaccano tutte quelle convenzioni e regole della società che sono accettate passivamente dalla massa. Si propugna un atteggiamento nichilistico dell’arte contro i movimenti più tradizionalisti. Intenzionalmente viene espresso un totale rifiuto verso tutta quella parte di cultura che volva trovare un significato, un contenuto in qualsiasi immagine.
Le opere Dada sono spesso caratterizzate dall’assemblaggio di materiali eterogenei, e vengono proposti, come espressioni d’arte, oggetti qualsiasi o con accostamenti assurdi. Il concetto è che tutto può essere opera d’arte se è firmato ed esposto in una mostra. Anche se si pone in modo assolutamente originale Dada non è scevro da influenze di correnti precedenti -Possiamo formularne dei legami con il linguaggio cubista e futurista-.
Il fenomeno Dada, si diffuse rapidamente in molte città, ma ebbe un particolare rilievo a Barcellona e a New York. Duchamp è uno dei massimi esponenti, che riassume in sé le caratteristiche più intellettuali del fenomeno dada. Egli sosteneva che un’opera d’arte viene considerata tale perché siamo già condizionati nel considerarla tale. Da ciò deriva quindi la sua convinzione che qualsiasi oggetto può diventare opera d’arte. Anche quindi dei banali oggetti d’uso comune se inseriti in un contesto espositivo, possono assumere valore artistico perdendo il loro significato comune. Grande anticipatore della Pop art, sia dell’arte concettuale degli anni 1950/60, già nel 1913 propone i suoi “ready-made”, cioè oggetti di uso comune, decontestualizzati e proposti provocatoriamente come opere d’arte.
Quando a New York incontra Picabia e Man Ray, diede inizio al Dada americano, che venne conosciuto grazie proprio all’esposizione dei ready-made, fra le quali l’opera più nota al grande pubblico di questo artista anticonvenzionale, chiamata “Ruota di bicicletta”, che consisteva in una ruota piantata in uno sgabello di legno. Picabia, nel 1917, a Barcellona inizia a pubblicare la rivista “391”.
Il Dadaismo però avrà ripercussioni in sviluppi successivi ed anche riflessi che durano ancora oggi. Ad esempio, alcuni riflessi sono rilevabili nella corrente artistica definita “arte cinetica”, che si sviluppo’ nel 1950, basandosi soprattutto sulla sperimentazione del movimento – anche meccanico o ad effetti luminosi. Al Dada successivamente si riallaccerà una tendenza che si sviluppò intorno al 1955-60 di pittori americani, che si attennero ai canoni dada, confondendosi all’interno della pop art.
Tale fenomeno, di New York, si definì new-dada. Le opere neo-dada si realizzarono con materiali usati, quasi a voler esprimere il rapporto ancora insito tra l’oggetto e chi lo aveva utilizzato. Oppure mirarono ad esprimere una relazione con il tempo che aveva modificato l’oggetto inserito nelle opere. Rauchenberg e Johns furono tra gli esponenti più rappresentativi del new-dada, che si può dire abbia rappresentato il passaggio dall’action painting alla pop art. In Europa si può parlare di influssi new dada per le ricerche elaborate nel 1960 nell’ambito del Nouveau Realisme.
In Italia si sono mossi in questo contesto artisti come Mimmo Rotella, recentemente scomparso, e atteggiamenti riferibili alla sfera new dada li hanno assunti anche autori come Colla e Manzoni. Mimmo Rotella nato a Catanzaro nel 1918 e morto nel gennaio 2006, famoso per i suoi “collage” e “décollage”, manifesti pubblicitari lacerati, contribuisce al fenomeno del Nouveau realisme. La sua opera più nota è “Marilyn” del 1962, un décollage dove esibisce una nota immagine di Marilyn Monroe, strappata in più punti.