Nouveau realisme

Sono passati 50 anni, da quando il Nouveau Realisme si è imposto nel variegato panorama artistico francese degli anni ’60 del ‘900. Sono passati 50 anni, ma il suo messaggio sembra ancora prepotentemente attuale e straordinario. Corrispettivo in Europa del NewDada, il Nouveau Realisme ha utilizzato materiali desunti dall’uso comune, rifiutati, riciclati in composizioni scultoree che si sono tradotte in accostamenti (spesso compressi, inscatolati), denominati assemblage. Un modo di riprendere la precedente tecnica del “collage”, ma tridimensionale.
Partita da un rifiuto delle arti pittoriche tradizionali, questa rivoluzionaria corrente artistica ha avuto per protagonisti artisti come Klein, Tinguely, Christo, Cesar, Spoerri e Rotella.
In vario modo l’arte nel tempo, ha generato linguaggi riferiti alla realtà, rivendicando il suo diritto di riallacciarsi ad essa, ma mai con la portata rivoluzionaria del Nouveau Realisme. È il critico P. Restany a determinare negli anni sessanta la nascita del gruppo, attraverso la sigla che ne contraddistinguerà lo stile.
L’accostamento con la Pop-art è d’obbligo, ma sarebbe riduttivo esaminarne la portata solo alla luce di un riflesso del fenomeno americano… il messaggio del nuovo realismo voleva infatti giungere alla considerazione dell’importanza del procedimento dell’artista, al suo agire per giungere poi.. In ciò il Nouveau Realisme si pone in una dimensione raffinata, di complessa interpretazione, per non dire intellettualistica. L’oggetto comune, indistruttibile e inquinante, è riassemblato e viene spesso accostato già distrutto, e reinterpretato come frutto di una società che distrugge i vecchi e consunti valori per generarne nuovi.
Quale sia l’esito della ricomposizione (buona o cattiva) è al giudizio dell’osservatore. Quello che però è importante rivelare è che la società si riappropria di una libertà di agire e la reinventa rielaborandone i processi, riproponendola nel recupero e nella rimanipolazione. Il valore quindi non è insito nell’opera, o come avveniva nel DADA dalla scelta da parte dell’artista che conferisce valore all’opera, ma dall’azione dell’artista che una volta svolta, si esaurisce.
Ecco che l’oggetto perde valore, diviene solo un momento (quello finale) dell’azione sviluppata e terminata. All’osservatore è data la possibilità di ricostruire mentalmente i processi messi in campo, l’opera d’arte si ricompone nella sua mente.