Percezione visiva

Breve sintesi delle teorie “storiche”

L’immagine che vedete non è una gif animata! Infatti osservando intensamente uno dei tanti punti all’interno dei cerchi tutto vi apparirà fermo e vi renderete conto che, ciò che vedete “girare”, è in realtà solamente frutto di una illusione ottica. Alcune volte infatti le cose che vediamo non sono esattamente corrispondenti a come ci appaiono…. Questa constatazione è finalizzata ad introdurre un affascinante argomento, quello della percezione visiva. Scopriremo che si tratta di una vera e propria scienza, che è stata utilizzata da artisti, architetti, scienziati e studiosi della comunicazione visiva.


Cosa significa vedere e cosa percepire? La prima definizione del “vedere” è “percepire con l’occhio“. Se invece ricerchiamo il termine “percepire” troveremo: “acquistare coscienza di una realtà esterna per mezzo dei sensi o dell’intuito“. Per cui il significato di percezione visiva potrebbe essere quello di acquistare coscienza di una realtà esterna “visualizzata” attraverso la capacità visiva, ma mediata dalla mente.

Un primo elementare approccio alle tematiche sulla “percezione visiva” è costituito da dei giochetti basati sulle “illusioni percettive”, finalizzate a fare scoprire ad esempio, all’osservatore, che una immagine può essere “vista” in un modo o in un altro, ma mai contemporaneamente nei due modi diversi.
Classico l’esempio delle figure ambigue come “i profili di Rubin” in cui noi vediamo separatamente due profili umani o un vaso. Nota anche l’immagine del Cubo, che osservata, conduce a fare emergere alternativamente una faccia o l’altra del cubo. Altrettanto note le tecniche usate per rappresentare la profondità, che portano alla deduzione che, se si rappresentano due oggetti identici ma con dimensioni diverse, quello più grande sembrerà più vicino rispetto a quello più piccolo.
Utile a fornire l’illusione della profondità anche la tecnica della interposizione, che ci dimostra che se un oggetto viene coperto parzialmente da un altro oggetto, esso apparirà ai nostri occhi come posto dietro l’oggetto che lo copre, e quindi gli oggetti sembreranno posti su due piani diversi. Questi giochi servono ad incuriosire, a divertire e a introdurre nell’argomento percezione visiva. Ma naturalmente la teoria della “percezione visiva” è molto di più.
Varie sono state nella storia i personaggi che hanno indagato l’ambito della percezione visiva e che hanno sostanzialmente ritenuto che le proprietà fisiche attribuite ai dati acquisiti, sono principalmente frutto di un’elaborazione mentale e pertanto risentono di determinati processi cognitivi. Percezione infatti, non è solo un atto di registrazione sensoriale, bensì una complessa interpretazione della realtà compiuta dalla nostra mente. Essa consiste nell’organizzare gli stimoli, provenienti da vari organi sensoriali, – non solo l’occhio, quindi -, fornendovi un significato. La percezione, estendendosi ai vari aspetti del reale, si è indagata nella storia, attraverso vari canali, come quello della filosofia, della psicologia, dell’arte, dell’approccio scientifico ecc… Le teorie hanno proposto strade a volte differenti, a volte simili e sono naturalmente giunte ad esiti che, per alcuni versi, sono accostabili fra loro. Sostanzialmente le teorie si possono suddividere in due grandi aree di metodo: uno è l’approccio costruttivista e l’altro quello ecologista.
Il costruzionismo sosteneva che i contenuti dell’esperienza non fossero separabili dal sistema di riferimento cui appartengono. L’approccio costruttivista pertanto si basava sul fatto che il “vedere” fosse da considerarsi un processo nel quale le nostre conoscenze precedenti, cioè le acquisite esperienze dell’ambiente che ci circonda, potevano contribuire non poco a creare nella nostra mente l’immagine di ciò che si vede. Pertanto, la percezione includeva all’interno del procedimento, l’agire della memoria. Quello che noi vediamo non è mera replica del mondo, come per intenderci in una immagine fotografica, ma un modello del mondo che il nostro sistema visivo costruisce selezionando, e quindi in qualche modo distorcendo, l’informazione di esso acquisita. L’approccio ecologista invece riteneva che la percezione fosse essenzialmente un processo diretto nel quale l’informazione poteva essere scoperta, invece che costruita.
       Risale ai primi decenni del 1900 la “psicologia della forma” proposta dalla Gestalt. che sosterrà che la percezione non è cumulativa e non è influenzata dal passato, ma si compie all’istante in base alla distribuzione degli stimoli, ai loro rapporti e ai “principi di unificazione”. Gli psicologi della “Gestalt” hanno individuato una serie di principi che descrivono il modo in cui la nostra mente “organizza” la percezione degli stimoli.
Tali leggi possono essere ricondotte a dei criteri: quello di prossimità (che sostiene che un insieme di punti appare come un gruppo invece che come un insieme di elementi sparsi); quello di similarità (che dice che elementi di forma o colore simile vengono percepiti come raggruppati insieme); quello di chiusura (l’occhio completa automaticamente una figura a cui manca un pezzo); quello di continuità (per cui l’occhio integra due linee di punti che si intersecano, invece di semplici punti disgiunti) e infine quello di simmetria (che prevede che due figure simmetriche possono essere percepite come un’unica figura).

       Altro storico movimento teorico è il New Look of Perception, del 1960 che sosteneva che la percezione fosse influenzata dal significato emotivo dello stimolo.

       La teoria ecologica di Gibson, del 1966, portava a dedurre che la percezione fosse un processo diretto nel quale l’informazione può essere scoperta, invece che costruita pertanto la percezione è una diretta conseguenza delle proprietà dell’ambiente e non implica pertanto, processi di elaborazione degli stimoli. L’approccio ecologico si basava sul mettere in relazione gli oggetti attraverso i sensi; Per Gibson non esisteva solo un tipo di visione ma un ecosistema ambientale nel quale noi stessi risultiamo immersi. Nell’esperienza della visione, hanno infatti una fondamentale importanza elementi come aria, acqua, terra e le relazioni che si creano tra questi elementi. La percezione diventa così uno degli aspetti essenziali dell’interazione tra organismo e ambiente per cui, all’interno di questo processo attivo, tutte le percezioni sono da porre in relazione alla posizione del corpo, alle sue attività e alle sue funzioni nell’ambiente stesso.
Il neologismo “affordance“, dall’inglese “afford“, offrire, risale a Gibson. Egli sosteneva che ogni oggetto possedesse specifiche affordance (ad esempio cioè la terra è “percorribile”, l’acqua è “tuffabile”, una maniglia è “afferrabile”). Altro aspetto della teoria ecologica di Gibson è quello della raccolta di informazioni l’Information Pickup Theory, che si poneva in contrasto con i coevi studi sull’elaborazione cognitiva dell’informazione e che affermava invece l’importanza della percezione diretta. Da Gibson alcune teorie successive prenderanno le mosse, e il concetto di stimolo sarà da loro proposto come un flusso di informazione che l’ambiente fornisce all’organismo. Le costanti caratterizzanti la percezione saranno spiegate senza ricorrere a presupposti empiristici, ma realisticamente, come invarianti del flusso stesso.
       La teoria empirista di Helmhotz, è del 1967. Egli riteneva che la percezione fosse la sommatoria delle sensazioni di tipo elementare, integrate dalle informazioni apprese in precedenza. Era quindi un sostenitore della teoria che vedeva gli stimoli interpretati in base alle esperienze passate. Egli sostiene che la sensazione si prova allorché l’eccitazione nervosa giunge al cervello. Ciò corrisponde al divenire cosciente dello stimolo, nella forma determinata dalla conformazione fisiologica del senso, che lo recepisce. La percezione costituisce invece l’operare cognitivo, per cui, il soggetto prende coscienza di ciò che ha avvertito. Ma attenzione, le sensazioni assumono un senso quando, nell’esperienza agiscono elementi inconsci dati dalle abitudini percettive, che rimandano ad un processo di apprendimento nel quale si costituiscono le costanze percettive.

       Per approfondire gli argomenti esposti nelle brevi note qui proposte, questi sono alcuni fra i testi più importanti scritti sull’argomento percezione visiva:

James Gibson, The Perception of the Visual World del 1950.

Josef Albers, Interazione del e; “spirito”, “rcolore: lezioni sul colore che riflettono il pensiero dell’autore per il quale l’arte è “spirito”, “rivelazione” ma anche tecnica; l’apprendimento si fonda sulla percezione diretta e sull’esperienza.

Rudolf Arnheim, Il pensiero visivo Per l’autore, che è uno dei maggiori studiosi dei rapporti tra percezione visiva e arte figurativa, il pensiero ha una natura fondamentalmente percettiva. Per questa ragione non dovrebbe esistere una dicotomia tra vedere e pensare, tra percepire e ragionare. Occorre quindi prendere coscienza del giudizio visivo e sapere quali sono i principi psicologici che lo motivano e imparare a riconoscere le componenti del processo visivo che partecipa alla creazione come alla contemplazione dell’opera, per sapere ciò che in realtà, vediamo.
In Arte e percezione visiva, altro testo fondamentale, Arnheim, fonda invece la sua trattazione su principi della psicologia della Gestalt e opponendosi al formalismo, attraverso l’esemplificazione di opere di pittura, scultura e architettura, riporta la forma al significato e al contenuto. In Verso una psicologia dell’arte vi è invece il tentativo di descrivere quale simbolismo vi sia nella forma figurativa e che cosa si deve intendere per “ispirazione”. Una indagine sul rapporto tra psicologia e storia dell’arte.

Gombrich, Hochberg, Black, Arte percezione e realtà. Gombrich, storico dell’arte che si avvale di tecniche di psicologia sperimentale, della percezione visiva e dell’informazione. Hochberg, psicologo e Black, filosofo si esprimono sul problema delle percezioni delle immagini, in pittura come in fotografia. Si indaga sulla capacità stessa d’informazione Sempre Ernst H. Gombrich propone un altro testo: Il senso dell’ordine, primo tentativo della cultura storico-artistica contemporanea di dare risposte ad alcuni interrogativi ad es. sui criteri di similarità e differenza, di ripetizione e simmetria cui s’ispira la disposizione degli elementi dell’arte decorativa di ogni tempo e di ogni parte del mondo, rintracciabili a detta dell’autore in un “bisogno di ordine” innato nella natura umana.

Wassily Kandinsky Tutti gli scritti Si tratta di scritti teorici con i quali Kandinsky interviene nel dibattito sulle arti, analizzando l’opera d’arte attraverso la riduzione alle componenti elementari come il punto, la linea, i colori, ecc… per poi ricomporla attraverso lo studio della composizione. Il n. 2 di Tutti gli scritti raccoglie diversi aspetti dell’opera dell’artista. Scritti che sottolineano la centralità del rapporto arte-natura.

Paul Klee, Teoria della forma e della figurazione I e II vol. – Si tratta di scritti raccolti organicamente dove, poetica e didattica, si fondono. La prima parte del volume comprende undici brevi saggi. Nella seconda parte, un corso di lezioni svolto da Klee tra il ’21 al ’22 al Bauhaus di Weimar. Il II volume è dedicato all’opera teorica: vi troviamo testi delle lezioni tenute negli anni 1923-1924 al Bauhaus di Weimar, sull’assetto di principio dei mezzi figurativi in connessione con lo studio della natura.

Spinicci Paolo, ricercatore nel Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi di Milano; Sensazione, percezione, concetto. Bologna, Il Mulino, 2000.– I pensieri dell’esperienza: interpretazione di Esperienza e giudizio di Edmund Husserl, Firenze, 1985; – Il significato e la forma linguistica. Pensiero, esperienza e linguaggio nella filosofia di Anton Marty, Angeli, 1991

Julian Hochberg, Sensazione e percezione, in Cento anni di psicologia sperimentale, a cura di E. Hearst; – Le origini della psicologia sperimentale. I processi cognitivi, Bologna, Il Mulino, 1989, pp.113-177