Luoghi non-luoghi, e “non-luoghi” luoghi

stazione ferroviaria
stazione ferroviaria

Si assiste oggi ad una tendenza diffusa che spinge a classificare concettualmente alcuni spazi funzionali alla mobilità collettiva, o appartenenti all’esercizio di attività proprie della contemporaneità, come “non-luoghi”. Si definiscono pertanto così indiscriminatamente con tale appellativo i terminal degli aeroporti, le stazioni ferroviarie, le metropolitane, i nuovi centri commerciali, gli edifici per uffici di nuova concezione, gli agglomerati urbani periferici di nuova costruzione, i centri sportivi, le stazioni di servizio, i villaggi turistici e i complessi alberghieri, i parchi di divertimento, ecc… etichettandoli come spazi anonimi dalle caratteristiche omogenee, dove l’individuo, privato dei suoi necessari riferimenti a un preciso contesto, perde la sua identità.
Ma da dove nasce una simile definizione? E soprattutto, l’intenzione originaria di chi ha per primo utilizzato questo termine, voleva davvero condurre ad una generica classificazione di tutti questi spazi con il termine “non -luoghi”? Penso di no. Probabilmente a causa della estensione a macchia d’olio di tale concetto, si è nel tempo pervenuti ad una generalizzazione che falsa in molti casi il significato attribuito in partenza, che voleva essere pertinente solamente a delle specifiche realtà spaziali, che non possedevano determinate caratteristiche.
Ma andiamo con ordine, nel tentativo di fare chiarezza riguardo l’argomento “non-luoghi” per non trasformare in metafore incomprensibili ai non addetti ai lavori, dei concetti interessanti, come quelli espressi dall’autore di un diffusissimo saggio comparso nei primi anni ’90.
Il saggio dal titolo “Non luoghi: introduzione ad una antropologia della surmodernità”, –edito nel 1993- ha come autore Marc Augé, antropologo, presidente dell’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi, studioso delle civiltà antiche, definito poi grazie al suo saggio, antropologo dei mondi contemporanei.
Nel testo egli si chiede se, la società contemporanea, non stia distruggendo il tradizionale concetto di luogo ed enuclea tre caratteristiche principali che un luogo deve possedere. Esso deve essere identitario -tale da contrassegnare l’identità di chi ci abita-; relazionale -che individui cioè i rapporti reciproci tra i soggetti in funzione di una loro comune appartenenza-; ed infine storico -ovvero che possa ricordare all’individuo le proprie radici. 

autostrada
autostrada in Sicilia

Caratteristiche, queste che a suo avviso mancano a molte tra le contemporanee strutture e infrastrutture adibite al transito, al trasporto, al commercio o al tempo libero. I non-luoghi scaturiscono inoltre da tre eccessi dell’età contemporanea: quello di informazione, di immagini e di individualizzazione.
A detta dello stesso autore tuttavia non siamo dinnanzi ad una situazione di omologazione completa, ma anzi viviamo in un mondo dove per fortuna permangono ancora molte differenze (…e purtroppo anche diseguaglianze). Solamente occorre prestare attenzione alle cause che spingono all’omologazione, per non pervenire, senza accorgercene, ad una proliferazione di non-luoghi.
Il libro è soprattutto un invito a riflettere, e certamente non vorrebbe condurre, come invece è in alcuni casi accaduto, alla demonizzazione della maggior parte delle attuali espressioni architettoniche dei servizi e della mobilità, etichettandole come “non-luogo” sol perché appartenenti, o ancora prive, di precisi riferimenti ad un determinato contesto. A volte, infatti, occorre che il tempo con il suo trascorrere di gente e con le migliaia di passi che fa stratificare, generi l’identità di un luogo, e che sia anche il contesto ad appropriarsi di uno spazio, che può – a buon diritto-, anche essere semplicemente luogo di passaggio, e rispondere alle esigenze di tutti coloro che desiderano usarlo (nel modo più funzionale possibile) per un determinato scopo: spostarsi, partire, fare acquisti ecc….
Una occasione per riflettere sulla reale natura dei non-luoghi, la fornisce il film d

ipermercato
ipermercato a Siracusa

i Spielberg “The Terminal”, che, traendo inspirazione da un avvenimento realmente accaduto, ci propone la storia di un uomo che per motivi politici sopravvenuti improvvisamente nel suo paese, si trova nelle paradossali condizioni di non potere né tornare a casa, né portare a termine il compito per il quale era partito (cioè soddisfare ad una promessa fatta al padre di ottenere un autografo da un musicista jazz a New York). Il protagonista resta imbrigliato dalle maglie burocratiche e cessa di essere considerato una persona essendo visto esclusivamente come un passeggero. A lui, per determinati motivi che derivano dalle regole vigenti nell’aeroporto, vengono negati i diritti più elementari e principalmente quelli ad essere ascoltato, compreso, rispettato.
Il film si svolge tutto all’interno del terminal, che costituisce un non-luogo perché è un luogo di passaggio, all’interno del quale il protagonista non ritrova i suoi riferimenti come il luogo da cui proviene -il suo paese, e che non è una destinazione, -cioè la meta che doveva raggiungere per poter portare a compimento il fine che si era proposto. Nonostante questo, la sua permanenza all’interno del Terminal, gli offre l’occasione di valutare come anche qui si possono trovare segmenti di vita vissuta. Nel film si racconta infatti di una storia d’amore nata tra due impiegati degli uffici che si trovano all’interno del terminal che decidono di sposarsi; delle amicizie che si sono create e della stessa storia vissuta dal protagonista che, oltre ad instaurare dei rapporti d’amicizia con diversi lavoratori dell’aeroporto, riesce a lavorare e ad innamorarsi di una hostess che spesso si trovava a passare, durante le sue soste lavorative, dal Terminal.

Gibellina vecchia
Gibellina vecchia

Alla luce degli spunti citati, si può dire che questi “non-luoghi”, pur non essendo storicizzati come ad esempio, una piazza di una città, costituiscono sovente per vari motivi dei punti di incontro della collettività che esercita la sua quotidiana, necessaria mobilità, e pertanto, lentamente, si vanno riempiendo di alcuni di quei contenuti che prima erano prerogativa di altri spazi. Senza alcun dubbio occorre riporre una sempre maggiore attenzione nel progettare queste strutture e le altre definite non-luoghi, considerandole sempre più non come semplici strutture di transito, ma come spazi dove contemplare anche una relazionalità, fatta di incontri se vogliamo fugaci, ma dove pur sempre si svolge una parte della vita della collettività contemporanea.
Occorre quindi far sì che, laddove possano sussistere situazioni di permanenza anche temporanea, non si debbano subire le possibili conseguenze che possono essere prodotte da spazi mal progettati e troppo distanti dalle umane esigenze. Ma nello stesso tempo non bisogna fare confusione definendo non-luoghi posti come, ad esempio, alcune storiche metropolitane, che una assidua frequentazione, operata spesso da parte delle stesse persone negli stessi orari, ha consentito che acquisissero una familiarità tale da farle considerare una sorta di estensione della pubblica piazza. Inoltre accade che, la recente tendenza ad inserire all’interno dei cosiddetti non-luoghi, fast-food o alberghi appartenenti ad alcune note catene -e presenti ormai in numerosissimi paesi- che garantiscono agli utenti determinati standard di servizio, conferiscono molto spesso ai viaggiatori un senso di sicurezza piuttosto che di smarrimento non-identitario. Anche per questi motivi, l’etichetta di non-luogo potrebbe non apparire confacente se scaturisce da considerazioni che, tutto sommato, sono spesso di carattere personale. Inoltre un’altra considerazione è quella della diversa socialità esprimibile dalla gente in relazione ai vari contesti socio-culturali.

Gibellina nuova - architettura contemporanea
Gibellina nuova – architettura contemporanea

Ad esempio è difficile parlare di non-luoghi in alcuni quartieri di Palermo, dove, gli abitanti tendono a conferire significato a qualsiasi tipo di spazio, indipendentemente dalla loro qualità estetica e funzionalità. A Palermo infatti, esistono anche spazi di risulta abbandonati che diventano improvvisati campi di calcio e supermercati dove la gente si incontra e si mette a chiacchierare tra gli scaffali dei prodotti; esistono spazi antistanti gli uffici postali – di recente costruzione- che sono i luoghi di ritrovo preferiti dagli anziani in pensione. Esistono aree che sono destinate ad anonimi parcheggi che, una volta la settimana, accolgono mercatini rionali che, essendo carichi di elementi di identità conferiscono a tali spazi la dignità di luoghi attraverso la collocazione di effimere strutture – le bancarelle- che espongono tutti quei colori, quei suoni e quei sapori tipici della Sicilia.
Quindi se il non-luogo è il luogo dove si sente la mancanza di comunicazione ciò non deriva necessariamente da fattori come la qualità degli spazi, o dal possedere una specifica funzione di transito. Anche un bellissimo appartamento privo di contatti fra i frequentatori può essere un non luogo…Anche un edificio per uffici storicizzato e collocato al centro storico può essere vissuto come un non-luogo se chi vi lavora è precario e vive questa condizione con un certo disagio. Per questo occorre riabilitare dei luoghi etichettati come “non-luoghi” al rango di luoghi e viceversa capire che ci sono anche dei contesti, o delle strutture, che in realtà sono non-luoghi pur non essendo “in elenco”.

Alla base resta di fondamentale importanza intuire quali possono essere le esigenze degli abitanti e la vocazione delle aree, prima di pianificare i futuri sviluppi, di una zona urbana o di un contesto territoriale. Ancora una volta penso al territorio. Le dinamiche di trasformazioni veloci che lo stanno investendo portano con sé il pericolo di creare non luoghi. Penso ad alcuni contesti urbani generati asetticamente a causa della ricostruzione post-terremoto, e all’abbandono in cui versano alcune zone colpite a suo tempo dai devastanti eventi tellurici. Il non-luogo dunque non dipende dalla qualità degli spazi, non dipende da come è utilizzato in senso stretto e a quale categoria tipologica appartiene; a volte anche una stazione ferroviaria può essere un luogo denso di scambi emotivi. Esso non è circoscrivibile in senso dimensionale, può infatti ricoprire l’intera area di un paese se esso è stato costruito senza minimamente tener conto dei criteri abitativi tradizionali propri degli abitanti. Per questo è fuorviante definire i non-luoghi all’interno di una determinata di categoria di luoghi purché deputati al solo transito della gente, senza ulteriormente approfondire le cause o le differenze di un esito progettuale rispetto ad un altro.

cava in disuso
cava in disuso

Concludendo, il requisito principale di un non-luogo non è attribuibile ad un generico elenco di luoghi progettati, ma dipende dalla percezione collettiva, che gli utenti hanno di quel determinato contesto spaziale. Le semplicistiche valutazioni che spesso mirano ad includere in categorie i non-luoghi, oltre a creare confusione, generano anche una sorta di ingiustizia nei confronti di tutta quell’architettura e di quella attività pianificatoria di qualità che si è fin ora portata avanti, con successo, in molti contesti ambientali. Purtroppo i non-luoghi esistono… ma vanno riconosciuti caso per caso e, proprio per non banalizzare il concetto stesso di non-luogo non si deve generalizzare e si deve anzi fare tesoro di un monito che deve servire per comprendere, ancora di più, la necessità di una preventiva difesa di tutti quei riferimenti storici, culturali, simbolici e in genere distintivi di un luogo rispetto ad un altro, evitando i rischi di un appiattimento delle varie espressioni culturali, compresa quella architettonica, che spesso ha anche l’onere di rivestire un ruolo sociale ed educativo.