Ultime tendenze dell’architettura contemporanea

Gli elementi che partecipano alla definizione dell’attuale panorama architettonico sono molteplici. Uno di questi, che ha contribuito a rivoluzionare il modo stesso di affrontare oggi la progettazione architettonica, è la scomparsa in termini quasi generali della figura isolata del progettista. Infatti, come nel campo artistico, in cui si regista la tendenza alla creazione di opere d’arte collettive, anche in architettura le produzioni sono adesso prevalentemente espressione di sforzi collettivi, esercitati da gruppi formati da competenze diverse che si affiancano alla figura centrale del professionista cui si deve l’attribuzione dell’idea progettuale complessiva.
L’interconnessione delle competenze si attua a volte già all’inizio del procedimento creativo, e l’opera stessa nasce dunque da un atto di comunicazione. La comunicazione diventa un elemento primario dell’oggetto architettonico sia come atto che lo genera, sia come obbiettivo da raggiungere dall’oggetto stesso quando sarà posto in opera…. Infatti, quello che sempre più spesso i progettisti vogliono raggiungere sono qualità come la trasparenza, che può tradursi in quella “comunicazione con l’esterno” che, se non viene raggiunta in termini materiali (come invece spesso in realtà anche avviene), si vuole esprimere almeno in termini concettuali.
Trasparenza quindi nel senso di comunicazione tra la struttura e l’uomo, tra l’oggetto e il luogo, tra il contenitore e le culture destinate a fruirlo… in poche parole tra l’architettura e la complessità del contesto. La comunicazione infatti altera i confini stessi delle nostre aree, intese come fisiche, ideologiche, sociali o culturali. Ne nasce una sorta di metissage tra culture e tradizioni architettoniche diverse che mescola i linguaggi in termini di contenuti e addirittura di percezione stessa dello spazio. Dall’incontro di questi linguaggi diversi, e dalla rivoluzione attuata dalla società dell’informazione, nasce un nuovo modo di concepire la spazialità architettonica, non più basata da tradizionali concetti di tipo spaziale euclideo.

Una rivoluzione da non sottovalutare nella trasformazione del linguaggio architettonico contemporaneo è stata (dagli anni ’80) l’introdotta possibilità di utilizzare software specializzati per la progettazione, come il Computer Aided Architectural Design – CAD-, che ha contribuito ad un mutamento radicale della fase di progettazione dell’oggetto architettonico. Ciò ha sollevato in passato dibattiti – a volte privi di reale fondamento- sul condizionamento che tali mezzi esercitano sull’odierno modo di fare architettura… si temeva infatti che queste procedure tecniche di disegno, potessero alla lunga condurre ad una diffusa perdita di identità di linguaggio, oltre che della capacità stessa di progettazione.
Naturalmente, se si riflette sul fatto che dipende da noi determinare dall’accoglimento delle culture linguistiche diverse e dei mezzi attuali degli elementi di arricchimento, si comprende come tali paure fossero infondate… In ogni caso, questa contaminazione, riproposizione ed alterazione in qualche caso dei linguaggi, se non ha portato alla perdita delle specificità del linguaggio architettonico, sicuramente ne ha comportato una trasformazione che non è da trascurare nell’ambito della naturale evoluzione del pensiero architettonico. Internet, ad esempio, è un mezzo dalle potenzialità comunicative grandiose. Una finestra sul mondo, se utilizzato come mezzo per ampliare le proprie conoscenze e stimolare nuove riflessioni che si alimentano dal confronto.
Occorre naturalmente tenere però sempre presente il valore della comunicazione interpersonale diretta, di persone che condividono i medesimi spazi fisici e culturali. Analogamente l’architettura ha individuato nelle potenzialità del disegno CAD, nuove possibilità espressive. Oggi, grazie al computer possiamo raggiungere altissimi livelli di manipolazione delle forme e farle funzionare grazie alle perfezionatissime modalità di calcolo strutturale elettroniche. L’architettura si avvale sempre più degli strumenti, di altri settori … Per fare un esempio, il settore automobilistico lavora già da tempo con delle metodologie come ad es. la “subdivision surface”, (a sua volta già ampiamente utilizzata nell’ambito dell’animazione cinematografica), per sviluppare i particolari partendo da una struttura schematica pervenendo alla definizione dei dettagli tramite una maggiore densità dei punti di controllo delle superfici.
Queste metodologie sono già all’attenzione degli esperti di realizzazione dei software di progettazione architettonica e si apprestano a diventare ulteriori strumento di supporto alla progettazione architettonica 3D.
In relazione al tipo di progettazione CAD che generalmente si utilizza, c’è da dire che quello maggiormente usato dai progettisti è ancora il modello “orizzontale”, cioè quello riferibile al disegno bidimensionale, che elabora e gestisce i dati progettuali separando gli elaborati grafici da quelli afferenti all’area economico-amministrativa. Al disegno bidimensionale vengono affidati tutta una serie di elaborati come quelli relativi ad i dettagli costruttivi. Tale modello si differenzia dal modello denominato “verticale”, più innovativo, che propone un sistema di progettazione che permetta di gestire i vari dati (cioè sia la documentazione relativa ad i grafici che quella relativa alla completa gestione, anche economico-amministrativa del progetto) all’interno di un unico modello tridimensionale interattivo di tipo complesso.
Denominati genericamente Building Information Modeling, i vari software realizzati a tale scopo sono stati sia ampiamente criticati che decisamente sopravvalutati nelle loro possibilità, nel seguito di numerosi dibattiti. A tal proposito è interessante riferire l’esperienza di una delle figure chiave nel campo dell’utilizzo in architettura dei software di modellazione progettuale avanzata. Si tratta di G. Lynn, autore di alcune pubblicazioni in tema di rapporti tra progettazione e strumenti digitali e titolare dello studio newyorchese Greg Lynn Form, poi trasferitosi a Los Angeles. Nell’attività di Lynn, (il suo studio si avvale di circa 10 collaboratori esperti di progettazione CAD), dove addirittura è il primo schizzo del progetto a nascere al computer, ci si è accostati con fiducia all’approccio integrato della modellazione parametrica.
A ciò si è giunti non avendo completamente abbandonato le precedenti procedure di progettazione, che prevedono la predisposizione di un modello, tramite specifico software in una prima fase, e il ricorso al disegno bidimensionale con l’ausilio di Microstation in una seconda, per finire con la realizzazione di un plastico, sempre tramite l’uso di adeguato software.
Lynn è convinto che l’uso di identici software possono condurre a dei risultati completamente diversi, se alla base vi è un impiego da esperto, pertanto si augura che gli architetti giungano ad un uso consapevole delle potenzialità del mezzo ed ad una padronanza delle procedure di utilizzo che non escluda la conoscenza dei bagagli matematici che ogni “pacchetto” porta con sé. L’approccio metodologico di Lynn, rappresenta un modo esemplificativo di quelli che, presumibilmente, saranno gli approcci metodologici delle future generazioni di architetti, pur con le ovvie varianti concettuali. il mondo della produzione software, essendone consapevole si sta rapidamente adeguando alle richieste del mercato. Quello che si chiede oggi sempre più ai software di progettazione architettonica, sembra essere una maggiore propensione al passaggio dal 2D al 3D oltre alla possibilità di ottenere dei modelli 3D che si prestino, a seconda delle occasioni, ad utilizzo mirato. Infatti se si deve raggiungere un livello che serva alla simulazione costruttiva ai fini di esposizione al pubblico del progetto stesso non occorrerà spingersi troppo oltre, nei dettagli essendo ciò richiesto esclusivamente nell’ambito di conferimento di incarichi. Per questo motivo, in genere, si cerca una maggiore flessibilità ed adattamento del software ai vari scopi.
Queste innovazioni, quelle in atto e quelle dell’immediato futuro fin ora prospettate, sono indice di una evoluzione tecnologica che conduce necessariamente anche ad un diverso approccio metodologico nel progettare. Anche se tutto questo non deve confondersi con il prodotto di una evoluzione della progettualità in senso assoluto. La vera evoluzione, il vero progresso, si ottiene soltanto utilizzando le possibilità offerte dalle nuove tecnologie per venire incontro alle esigenze abitative dell’uomo, e quindi non allontanandosi mai radicalmente dal modo con cui l’uomo è abituato a relazionarsi con il suo intorno. Ciò al fine di non eliminare quei preziosi elementi di riconoscibilità che l’essere umano deve poter mantenere nel suo ambiente, per sentirsi armoniosamente parte di esso.

Altro elemento da considerare nell’attuale panorama architettonico, è quello fornito dalla evoluzione tecnico-strutturale dei rivestimenti. Si adoperano materiali che non si pensava di potere usare in architettura e si scoprono nuovi modi di “trattare” i materiali tradizionali, che si pongono ora con una veste inedita, confacente alle nuove esigenze estetiche e ambientali. Le innovazioni fornite, dialogano con le nuove forme cui si perviene grazie alle aumentate possibilità di calcolo strutturale tramite software, e assecondano le più ardite ipotesi di progetto. Molte aziende, specializzate in produzione di sistemi modulari consentono la realizzazione di lastre e pannelli utili nell’ambito dei rivestimenti delle facciate esterne, sempre più concepite come una pellicola.
Non di rado, nel gergo architettonico, ci si riferisce al termine “pelle” dell’edificio, ed è proprio l’alto contenuto tecnologico dei materiali che costituiscono tale “pelle”, a consentire di separare efficacemente le condizioni ambientali esterne da quelle interne. Si tratta di involucri complessi che a volte utilizzano, a strati, materiali come marmo, rame, zinco-titanio, alluminio, ciascuno preposto ad una specifica funzione che va dalla tenuta, all’isolamento termico e acustico. Nell’ambito dei rivestimenti, adesso orientati a garantire la massima “sostenibilità ambientale”, grande diffusione stanno avendo i materiali porcellanati, non più relegati al ruolo di pavimentazione ma estesi anche alla facciata. La ricerca tecnologica ha anche migliorato la qualità del vetro per l’architettura, aumentando il livello di trasmissione luminosa unitamente alla più efficiente protezione dall’irradiazione solare: esistono oggi vetri a isolamento termico rinforzato, a controllo solare. Spazio anche alle soluzioni che garantiscono vari livelli di creatività come quelle che propongono vetri stratificati dotati di intercalari colorati.

Lo svolgimento dei grandi eventi sportivi o culturali come le Olimpiadi o le Esposizioni Internazionali, a volte è diventato il pretesto per la creazione di opere architettoniche di altissimo livello. Da uno sguardo complessivo dato alle grandi realizzazioni, come a quelle di minore risonanza, appare che la caratteristica preponderante di questo periodo, a cavallo tra il 1900 ed il 2000, sia una immensa varietà architettonica, di stili, linguaggi, orientamenti. La scena attuale è contraddittoria, ricca, sconvolgente. Chiama l’architettura ad un costante confronto con gli altri modi di espressione e di comunicazione, mescola i linguaggi. Le tecnologie moderne vengono orientate ad un sempre maggiore rispetto verso l’ambiente, -si ipotizzano i miglioramenti in chiave ecologica degli impianti di isolamento termico e lo sfruttamento di fonti di energia alternativa, si pone sempre più attenzione ai materiali.
L’architettura si apre a una concezione dinamica del tempo e la vita pubblica e assume caratteri più attenti al contesto circostante. Raccoglie personalità diverse e linguaggi eterogenei e lontanissimi, a volte, in un unica logica architettonica, ma con lo sguardo rivolto anche alle tradizioni culturali di appartenenza. A volte sembra invece che i linguaggi cerchino una loro totale autonomia pur partendo da comuni premesse, e vogliano volutamente esprimere un contrasto. Le infinite possibilità aperte dalla moderna tecnologia offrono scenari che ancora non si è cessato di sperimentare, questo impedisce anche di farne un punto.
La sintesi è possibile soltanto attraverso una osservazione a distanza che permette di coglierne gli esiti…Una cosa però sembra emergere: i nuovi linguaggi, non possono essere più definiti nel senso tradizionale del termine perché appaiono più legati alle contemporanee dinamiche dei flussi, ora economici, ora ideologici, ora rispondenti alle individuali volontà di trasgredire o conformarsi a nostalgici rifugi nel passato. Questo è ulteriormente complicato dal mutare di corrente di alcuni architetti contemporanei il cui linguaggio a volte si concretizza in una costante tensione dinamica verso la ricerca di elementi sempre nuovi. Alcuni nomi, spiccano, – o continuano a spiccare-, comunque all’interno dell’attuale scena architettonica.
Si tratta di Frank O. GehryZaha HadidCoop Himmelb(l)au, Renzo Piano, Mario Botta, I. Gardella, L. Snozzi, M. Fuksas, J. Nouvel, B. Tschumi, Norman Foster, Santiago Calatrava, Alvaro Siza, R. Bofill, R. Meier, R.Koolhaas, Rafael Moneo, R. Rogers, G. Pechl, EisenmanLibeskind, per dirne solo alcuni. E si tratta dei protagonisti dell’architettura Giapponese, che trovano dopo la lezione del maestro Kenzo Tange, recentemente scomparso, e di Arata Isozaki, nomi come quelli di Toyo Ito e Tadao Ando, nuove leve delle espressioni più attuali. Si tratta anche degli emergenti architetti cinesi, come Yung Ho Chang, che costituiscono oggi a pieno titolo una realtà nel variegato panorama delle “ultime tendenze” dell’architettura

Nel panorama attuale, vario e complesso, alcuni fenomeni con un denominatore comune possono essere tuttavia rintracciabili, come quello del Decostruttivismo, che nato nel 1980 ha dato luogo ad opere di notevolissimo spessore architettonico. Nel 1983 è Zaha Hadid a realizzare il primo progetto dichiaratamente decostruttivista. Architetto iraniana, cui oggi si dedica al MoMA un’ampia retrospettiva, partecipa al concorso per il club The Peak a Hong Kong.
I volumi da lei ideati, appaiono sospesi o schizzati come schegge esplose e sembrano contraddire le leggi della gravità. Sempre nel 1983, i Coop Himmelblau realizzano una innovativa addizione strutturata in vetro sul tetto di un edificio dell’800 per uno studio di avvocati nel centro storico di Vienna. L’ossatura ad arco della struttura riunifica la composizione spezzata e sporge in basso verso la strada. Questo intervento sull’edificio antico, non cerca un rapporto, anzi mira ad evidenziare la diversità tra le diverse epoche storiche.
Ma a determinare la vera e propria nascita del fenomeno è stata una mostra organizzata a N.Y. da P. Johnson, chiamata “Deconstructivist Architecture” nella quale si sancisce per la prima volta il nome di questa tendenza architettonica rivoluzionaria. Questa mostra del 1988 dove vennero presentati i progetti di Gehry, Libeskind, Koolhaas, Eisenman, Hadid, Tschumi e del gruppo Coop Himmelblau insieme, faceva vedere una architettura che rifiutava schemi geometrici ed assi ordinatori e che si muoveva in una costante ricerca di un uso espressivo della struttura.
Uno dei maggiori esponenti è Frank O. Gehry, noto per il Guggenheim museum di Bilbao. Zevi, a proposito di Gehry afferma: “nell’ultima decade del XX secolo l’attenzione del mondo si concentra su F. O. Gehry, la figura più originale e provocatoria nel panorama internazionale, la più ricca e problematica sotto il profilo sperimentale, la più coraggiosa… è il prodotto inventivo di un cinquantennio di ricerche che ha visto, dalla fine della II guerra mondiale in poi, l’emergere di una serie di spiriti creativi -Scharoun, Pietila, Utzon- e di capolavori…“. 
Il fenomeno decostruttivismo è strettamente collegato alle teorie filosofiche del filosofo francese Jacques Derrida che affermò che la decostruzione “non è semplicemente la tecnica di un architetto che sa de-costruire ciò che è costruito, ma una interrogazione che tocca la tecnica stessa, l’autorità della metafora architettonica e di lì costituisce la sua personale retorica architettonica. La de-costruzione non è solo, come il suo nome sembra significare, la tecnica della costruzione alla rovescia, se essa sa pensare l’idea stessa della costruzione. Si potrebbe dire che non c’è nulla di più architettonico della decostruzione, ma anche nulla di meno architettonico. Un pensiero architettonico può essere decostruttivo solo in questo senso: come tentativo di pensare ciò che stabilisce l’autorità della concatenazione architettonica nella filosofia”.
Secondo Derrida vi è una compresenza di significato e di impossibilità di significare, in quanto tutti elementi costitutivi del linguaggio. Eisenman traduce in chiave architettonica le posizioni del filosofo, e introduce il concetto della dissoluzione delle tradizionali opposizioni tra struttura e decorazione, astrazione e figurazione, figura e suolo, forma e funzione. Il progetto non deve procedere verso la sintesi ma deve andare per successive stratificazioni ed esibire la contraddizione, in un procedimento che tende a conservare all’interno del progetto stesso le successive fasi di elaborazione. L’unità dell’edificio ne viene sconvolta e con essa il suo significato apparente. Il decostruttivismo non mira solo a smembrare l’oggetto e di disconnetterne le parti, ma anche di ricostruirlo secondo una alternativa alle regole convenzionali.
Non si tratta di una operazione di smontaggio strutturale ma di un inserimento in architettura del senso della contraddizione e della complessità strutturale. Opponendosi alla purezza ed alla univocità e intima coerenza del movimento moderno, contrapponendovi le sue incertezze, inserisce in architettura un pluralismo di possibilità.
Zevi afferma: “i decostruttivisti mettono sotto processo gli architetti intenti a produrre forme pure basate sulla inviolabilità di figure geometriche elementari incontaminate, emblemi di stabilità, armonia sicurezza ordine unità. nelle loro opere, da Eisenman e Gehry a Koolhaas e Libeskind, l’architettura è dichiaratamente un agente di instabilità, disarmonia, insicurezza, sconforto, disordine e conflitto“.
Il Museo di Bilbao ha costituito una sfida, sotto molti punti di vista: socio-politici, architettonici e di linguaggio espressivo oltre che tecnico. Ha avuto un enorme successo di pubblico che ha avvicinato la gente verso le odierne forme dell’architettura e le possibilità offerte dalla tecnologia oltre che verso le opere d’arte in esso contenute. Il decostruttivismo sembra avere perso la sua carica propulsiva e si tende oggi piuttosto ad un ritorno del razionalismo, ma sottoposto alla revisione del tempo e che tenga conto di contaminazioni derivate dalle tendenze precedenti. Un ritorno alla severità nelle forme e nel materiale, ad elementi estetici del moderno con finalità educative si pongono oggi in antitesi alle fughe dalla realtà di molte altre tendenze contemporanee. Un uso sempre più astratto dei materiali inoltre e l’uso degli spazi in relazione al loro rapportarsi con gli elementi naturali riguardano adesso molte correnti architettoniche contemporanee. Alcuni critici affermano che le attuali tendenze possono essere raccolte sotto la comune denominazione di “pluralismo moderno“.
Il carattere che oggi si chiede all’architettura è la sua capacità di attrarre, e sembra che nell’era dell’immagine anche l’opera architettonica debba adeguarsi alla competizione visiva.